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Se si trattasse di una nuova lucrosa indicazione di un qualunque vecchio farmaco, l’ultracentenaria diacetilmorfina (diamorfina, eroina: classe 1898, un anno prima dell’aspirina) da quel dì sarebbe stata registrata nel mondo intero per il trattamento dei soggetti a forte rischio per cronica dipendenza dall’eroina di strada – ovviamente col dovuto corteo di garanzie e limitazioni del caso, come ormai avviene per molti farmaci e/o particolari indicazioni dei medesimi. Infatti i dati sinora prodotti a favore di detto trattamento sono a tal punto probanti che non solo le mancate autorizzazioni rappresentano uno scandalo su scala planetaria; ma addirittura esse appaiono contrarie a quelle regole etiche internazionalmente accettate le quali consentono ulteriori sperimentazioni su di un trattamento di provata efficacia solo se esso è reso disponibile a tutti i soggetti che possono trarne vantaggio, indipendentemente dall’arruolamento o meno come partecipanti a una ricerca.
Sono noti i risultati delle sperimentazioni condotte negli ultimi quindici anni, da quella svizzera a quella olandese. Nel secondo caso, ai risultati uniformemente positivi riguardanti lo stato di salute e la condizione sociale dei soggetti, si sono aggiunti più di recente quelli di minuziose analisi economiche, che hanno dimostrato una forte riduzione dei costi diretti e indiretti per la comunità: compresi sia quelli derivanti dal bisogno di cura e dalla disoccupazione, sia quelli per danni e per azioni penali a seguito di reati commessi dai tossici per sopravvivere e per procurarsi la droga.
I tedeschi sono partiti più tardi, nel 2002: ma sfruttando le informazioni raccolte nelle ricerche precedenti (e quindi identificandone le inevitabili incompletezze) e poi mettendo in moto una macchina organizzativa di formidabile sistematicità e potenza – se non fosse per i precedenti storici, diremmo: una vera e propria macchina da guerra totale – hanno fatto un vero e proprio en plein. Per questa ricerca si sono consorziati: il Ministero della salute del governo federale; tre Stati (Bassa Sassonia, Renania settentrionale-Westfalia e Assia); sette città per lo più di grandi dimensioni (Amburgo, Hannover, Colonia, Francoforte, Bonn, Karlsruhe, Monaco). In base a una selezione iniziale a partire da moltissimi soggetti, e dopo la esclusione di quelli che non rispondevano ai criteri per i trattamenti previsti, sono state arruolate oltre 1.000 persone dipendenti da eroina di strada da almeno cinque anni, quasi tutte in pessime condizioni di salute fisica e mentale, disoccupate, senza fissa dimora, socialmente isolate, spesso dedite ad attività illecite per sopravvivere e per procurarsi la droga e quindi bersaglio di condanne penali. La metà circa erano soggetti con contatti scarsi o nulli coi servizi (“Non raggiunti”). Gli altri invece erano già da tempo arruolati in programmi di trattamento con metadone combinato con varie misure di sostegno, e ciò nonostante seguitavano a far regolarmente ricorso all’eroina di strada (“Fallimenti del trattamento metadonico”). La metà circa dei soggetti non raggiunti e dei soggetti con fallimento del trattamento metadonico venne assegnata a caso al trattamento con metadone per via orale ai dosaggi consueti, l’altra metà al trattamento con eroina per via endovenosa tre volte al giorno (dose quotidiana media circa 0,5 g, dose quotidiana massima 1 g, singola dose massima 0,4 g), più una piccola dose serale di metadone, qualora richiesta per evitare crisi notturne di astinenza durante il più lungo intervallo tra una iniezione e l’altra. Infine ciascuno dei quattro sottogruppi venne suddiviso, sempre a caso, in due ulteriori sotto-sotto gruppi riceventi rispettivamente o una combinazione di case management (cioè contatti con un operatore costantemente disponibile) e di counseling farmacologico, ovvero un più specifico trattamento psicoeducativo. Di quest’ultima suddivisione non dovremo più occuparci, poiché non ha avuto influenza alcuna sui risultati.
Il primo risultato interessante riguarda la frequenza di abbandoni, assai più elevata nei soggetti facenti parte del gruppo trattato con metadone (circa il 60 %) che nei soggetti trattati con eroina (circa il 30%): ma questo, solo per una forte differenza iniziale, dovuta al ritiro di parecchi soggetti che una volta assegnati dalla ruota della fortuna al trattamento metadonico, anziché a quello eroinico, hanno preferito tagliare immediatamente la corda (ma molti dei ritirati sono andati o tornati a curarsi in programmi di ordinaria amministrazione comprendenti per lo più un trattamento metadonico). Riguardo agli obiettivi principali della ricerca – stato di salute fisica e mentale, e frequenza di ricorso a droga di strada prima e dopo i 12 mesi della prima fase della ricerca (v. oltre) – le differenze a favore del trattamento con eroina sono state costantemente assai significative secondo i più sofisticati metodi statistici: più consistenti per il ricorso a droga di strada (oltre 20% di maggior riduzione, tra l’altro non accompagnata da un aumento del ricorso ad altra droga “dura” come la coca), meno consistenti per lo stato di salute fisica o mentale, peraltro fortemente migliorato con ambedue i trattamenti. E inoltre: malgrado le gravi difficoltà nel mercato del lavoro e in quello delle abitazioni, si sono riscontrati consistenti miglioramenti sia della situazione lavorativa e di quella abitativa, sia della socializzazione, mentre si riducevano le attività illecite e le relative azioni penali.
Dopo la conclusione della prima fase nel 2004 – il relativo rapporto del Centro per la ricerca sulle tossicodipendenze dell’Università di Amburgo, di oltre 150 minuziose pagine, è del gennaio 2006 –, si è svolta una seconda fase nella quale hanno seguitato a ricevere eroina i soggetti già facenti parte del gruppo trattato con eroina, e sono stati inseriti in tale gruppo, sino a coprire i posti lasciati liberi dagli abbandoni, un certo numero di soggetti precedentemente inseriti nel gruppo trattato con metadone, che lo richiedevano. Anche in questa seconda fase i risultati sono stati altrettanto positivi: in particolare, i soggetti precedentemente trattati con metadone hanno rapidamente raggiunto i livelli di salute fisica e mentale e di astinenza dalla droga di strada ai quali erano già pervenuti i soggetti trattati con eroina sin dall’inizio. L’unico dato moderatamente negativo: nei soggetti trattati con eroina, la frequenza degli effetti collaterali (soprattutto depressione respiratoria) è stata maggiore che nei soggetti facenti parte del gruppo trattato con metadone; questo, tuttavia, in una misura che non intacca se non marginalmente la notevole differenza di rapporto beneficio/rischio tra i due trattamenti. E inoltre un dato che non si riesce a spiegare e che richiede ulteriori specifiche ricerche: nelle donne le differenze tra chi riceveva metadone e chi riceveva eroina sono state minime rispetto a quelle assai più consistenti riscontrate negli uomini.
E allora? Un’antica favola narra che a un certo re venivano ripetutamente avanzate proposte mirate a migliorare le condizioni del suo regno e dei suoi sudditi, proposte però spesso scarsamente compatibili con gli interessi della sua regale famiglia. Il furbacchione non opponeva mai un esplicito rifiuto, ma ascoltava i “miglioristi” sempre e soltanto con l’orecchio colpito da sordità. Perciò nella favola si ripete all’infinito l’ameno ritornello “Ma il Re da quell’orecchio non ci sentiva…”. Scherzi e favole a parte, alla luce dei risultati svizzeri, olandesi e tedeschi, la mancata ottimizzazione dell’assistenza e cura dei soggetti dipendenti da droga di strada non è più soltanto una mancata riduzione del danno. Ormai si tratta di lesioni dolose e di strage premeditata, con tanto di associazione trasversale a delinquere.