Titolo cambiato in corsa «Più famiglia», troppo esotico «Family day», sottotitolo «Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese». Data cambiata, sempre in corsa, meglio il 12 maggio, forte di un antenato illustre, il referendum sul divorzio, una delle sconfitte più devastanti per la gerarchia ecclesiastica romana e per i suoi sostenitori, simbolo storico di uno stupefacente capovolgimento di costume e cultura, come ebbe a scrivere anche l’Avvenire; e ricorrenza, ancora carica di tensione, di una delle tante nostre tragedie irrisolte, l’assassinio di Giorgiana Masi.
Ansia di rivincita? Nonostante gli organizzatori giurino per una manifestazione di laicato praticante, a puntellare i diktat del Vaticano contro ogni possibilità di riconoscimento di stili di vita altri, dopo la mitraglia ratzingeriana contro gli «amori deviati» e la glaciale chiusura di Bagnasco all’autodeterminazione, ci sarà la mega-manifestazione pro-famiglia-anti-dico, canonizzata, facile previsione, da un milione e passa di presenze in piazza S. Giovanni, con tanto di concerto, feste, attrazioni varie.
Ci può essere una possibile continuità con il glorioso 12 maggio del ’74? Non pare, quale, infatti, delle straordinarie conquiste legislative e referendarie del tempo sarebbe possibile oggi con l’attuale schieramento parlamentare e l’attuale livello culturale del Paese?
E all’orizzonte, a raffica, si manifesta un altro happening domestico-familista: fuori dal cilindro la Conferenza sulla famiglia, programmata con la legge finanziaria per il 2007 da un governo di centro-sinistra: dove, manco a dirlo, si parlerà di una famiglia «normale», rigorosamente al singolare, come «soggetto titolare di diritti» e all’inferno le norme antidiscriminatorie, la pluralità delle forme di convivenza che in tutto il mondo si fanno strada, la parità di accesso ai diritti.
Una considerazione amara; logo della conferenza è la famigliola modello, padre con bambino in braccio (si superino i ruoli), madre in attesa con bimba che prende per mano entrambi i genitori, il tutto rigorosamente eterosessuale e legalmente riconosciuto. Date le risultanze delle più aggiornate ricerche, come quella del Censis, in tema di comportamenti familiari e violenza, ci auguriamo vivamente che ai bambini in questione non accada, dietro le sacre mura domestiche, niente di grave.
Tornando a piazza S. Giovanni, vista la mole dell’evento, dal costo di oltre un milione di euro: se ci fosse stata più dignità politica a riflettere su quei fiumi di denaro che partendo, non sempre a ragion veduta, dalle tasche degli italiani vanno verso la Santa Sede, avremmo sicuramente meno tracotanza da contenere… E poi, chissà, a 15 giorni da una scadenza elettorale amministrativa per 12 milioni di italiani, è così difficile sospettare anche un fine di mera, squallida propaganda?