In Belgio la politica sulle droghe ha raggiunto il suo pieno sviluppo a partire dalla metà degli anni ’90. Nel 1997 il gruppo di lavoro parlamentare sulle droghe (1996-1997) formulava alcune raccomandazioni per combattere i problemi legati alle droghe. La prevenzione doveva venire prima del trattamento, e il trattamento prima della repressione. Sulla base di quelle raccomandazioni, il governo belga ha adottato nel gennaio 2001 la “Nota del governo federale sul problema droga”, in cui si indica l’importanza dell’interazione tra il sistema penale e il sistema trattamentale. Nel documento è sottolineata l’importanza del trattamento per i consumatori problematici (rispetto alla loro integrazione), al fine di giungere a una presa in carico individualizzata e continuata per chi ha commesso reati di droga. Seguendo questo approccio, è stata introdotta la figura del case manager giudiziario, con il compito di mettere in relazione il sistema giudiziario e il sistema trattamentale. Il case manager informa e assiste l’autorità giudiziaria sulle possibilità di trattamento per le persone che hanno commesso reati per droga e consiglia i clienti sulla opportunità e necessità di un trattamento. Nonostante queste intenzioni promettenti e la necessità di questa figura, il case manager non ha ancora trovato attuazione.
Le misure alternative e le sanzioni: cornice legale
Sono previste più alternative a tutti i livelli del procedimento penale per avviare al trattamento gli autori di reati correlati alle droghe. Ogni livello del sistema penale ha le sue sanzioni e misure che sono studiate per distoglierli dal crimine e dalle droghe.
A livello del procedimento penale, una delle alternative giudiziarie è la libertà condizionale. Il magistrato inquirente ritira le accuse se l’imputato accetta determinate condizioni. Se è stato commesso un reato di droga con una vittima identificabile, il magistrato inquirente può comunque suggerire una mediazione. Inoltre può proporre un accordo per cui la persona inquisita paga una multa. Questa però non è una alternativa appropriata per i consumatori problematici: in primo luogo può rafforzare il circolo vizioso negativo e, in secondo luogo, manca l’invio a una struttura terapeutica. Rispetto alla carcerazione preventiva, è possibile il rilascio condizionale: il magistrato inquirente può rilasciare una persona in attesa di giudizio, se ricorrono talune condizioni.
A livello di sentenza, possono essere applicati due tipi di libertà vigilata. O la condanna è posposta sulla base di un programma individuale (non c’è condanna, anche se i fatti risultano dimostrati), oppure la punizione è differita. In questo secondo caso c’è la condanna, ma la sentenza è sospesa finché il condannato non abbia ultimato il suo programma (in entrambi i casi, per un periodo massimo di cinque anni).
Con riferimento alla esecuzione della pena, i detenuti possono essere rilasciati temporaneamente (per motivi di salute) o con la condizionale; in questo modo possono abbreviare la pena se rispettano un certo programma. Questa gamma di alternative giudiziarie può essere applicata alle persone che hanno commesso reati di droga con profili diversi rispetto all’età, ai tipi di consumo, al genere di reato commesso. Si cerca di proporre il tipo di programma adatto alla situazione particolare del singolo (ad esempio, sottoporsi al trattamento, ai test delle urine). La caratteristica di queste misure è che il reo può scegliere tra trattamento e detenzione.
L’invio al trattamento delle persone che hanno commesso reati di droga ha determinato un rapporto di “collaborazione” tra i servizi trattamentali e il sistema giudiziario. Il punto fermo nel rapporto fra giustizia penale e agenzie trattamentali è il riconoscimento della diversità degli ambiti in cui operano (con obiettivi e pratiche contrastanti), ma della pari dignità degli uni e degli altri. Nella pratica, la collaborazione tra i servizi trattamentali e il sistema giudiziario presenta delle difficoltà. Molti di questi problemi concreti sono stati descritti e analizzati nella letteratura (inter)nazionale.
Un ostacolo che viene citato spesso è la mancanza di rispetto e di comprensione reciproca per la diversità degli approcci, per i differenti principi cui si ispira il lavoro e le diverse filosofie della giustizia penale da una parte, e dei sistemi trattamentali dall’altra. Ad esempio, esiste il rischio che l’autorità giudiziaria usi i servizi come uno strumento per i suoi obiettivi (strumentalizzazione) e che veda le agenzie di trattamento come appendici del sistema giudiziario.
Un secondo ostacolo attiene alla legislazione concernente la privacy professionale, che generalmente è complessa e ambigua. I servizi trattamentali spesso trovano difficile rispettare allo stesso tempo le esigenze legate alla privacy professionale e quelle legate allo scambio di informazioni nell’interesse del cliente. Dopo tutto, i servizi attribuiscono grande importanza alla relazione fiduciaria con gli utenti. Questa situazione può portare problemi di comunicazione.
Il terzo ostacolo che vorrei segnalare è la scarsa conoscenza che sembra esistere in entrambi i settori. Anche se i giudici e gli operatori dei servizi lavorano insieme ormai da diversi anni, spesso manca la conoscenza di aspetti importanti del lavoro dell’altro settore.
Partendo dagli ostacoli citati, possiamo individuare alcune opportunità e/o principi fondamentali per una relazione ottimale. Per costruire ponti tra questi soggetti è necessario che tra di loro si stabilisca una partnership. Ciò implica la capacità di collaborare, comunicare e “fare sistema” con attori diversi. È cruciale che i giudici si confrontino costantemente con le istanze terapeutiche.
C’è bisogno di chiarezza anche in relazione alle misure alternative. Tutti i soggetti coinvolti devono rispettare la filosofia e i principi su cui si basa il lavoro degli altri soggetti interessati. Inoltre servono accordi chiari riguardo allo scambio di informazioni. Infine, tutti coloro che partecipano al progetto dovrebbero avere una conoscenza chiara delle possibilità che esso può offrire.
Un elemento importante è l’esistenza di una definizione appropriata dei ruoli. I giudici e gli operatori dei servizi trattamentali devono lavorare indipendentemente gli uni dagli altri: una netta separazione tra loro è auspicabile. Data la scarsa conoscenza di cui ho parlato prima, entrambi potrebbero trarre beneficio dalla creazione di un punto di contatto fra il sistema giudiziario e il sistema trattamentale. Inoltre, dovrebbe essere effettuato un addestramento comune ai due sistemi; in questo modo i diversi soggetti potrebbero conoscersi meglio. Infine, deve essere fornito l’accesso ai servizi di trattamento. Dovrebbe essere messa a disposizione degli autori dei reati di droga un’ampia gamma di opzioni terapeutiche che siano in grado di rispondere ai loro bisogni specifici.
Un nuovo progetto: il “Proefzorg”
Nonostante esistano questi diversi tipi di misure alternative per indirizzare al trattamento le persone che hanno commesso reati per droga, si è ritenuto che le alternative a disposizione del magistrato inquirente non fossero sufficienti. Perciò a Gent, nel 2005, è stato avviato un progetto pilota chiamato Proefzorg. L’autorità giudiziaria di Gent ha deciso di inviare ai servizi coloro che avevano confessato di aver commesso reati per problemi di dipendenza. Dal punto di vista legale, questa alternativa si basa sul principio dei poteri discrezionali del magistrato inquirente.
Il progetto ha tre obiettivi principali: l’invio degli autori dei reati di droga (nel caso di reati senza vittime) al trattamento in modo rapido (intervento precoce), efficiente (con minimi ostacoli pratici e massima cooperazione tra le autorità giudiziarie e i servizi di trattamento) ed efficace (con risultati positivi).
Sono stati creati due nuovi soggetti: in primo luogo, il Proefzorgmanager, che gestisce la parte giudiziaria dell’invio. Il Proefzorgmanager rappresenta un ponte tra il sistema penale e i servizi trattamentali. Di fatto, egli assume il ruolo del case manager giudiziario. In secondo luogo, sono stati creati due “centri di coordinamento” per le procedure di invio. I centri indirizzano l’utente ai centri sociosanitari (dalla bassa soglia ai centri e alle comunità residenziali) che siano in grado di fornire trattamento e assistenza.
Il Proefzorg può avere due versioni diverse. La versione breve prevede un colloquio presso il centro di coordinamento. Si rivolge soprattutto ai consumatori non problematici, che non hanno problemi in altre sfere della propria vita. La versione lunga dura sei mesi e prevede tre colloqui nel centro di coordinamento. Durante questo periodo deve essere messa a punto una proposta completa di trattamento. Si rivolge soprattutto ai consumatori problematici, che hanno problemi in altre sfere della vita e hanno già commesso reati per droga. Se l’esito è positivo, il caso è chiuso. Se l’esito è negativo, l’interessato sarà sottoposto ad azione penale.
Il progetto pilota è stato valutato nel 2005-2007, con un procedimento quantitativo e qualitativo. I risultati della parte quantitativa sono stati positivi. Dei 388 casi analizzati, solo il 3% ha fallito nella versione breve, a fronte del 36% nella versione lunga. I risultati della valutazione d’impatto hanno dimostrato che il Proefzorg è una risposta sufficiente per superare il problema del mancato ricorso alle misure alternative da parte del magistrato inquirente. In questo modo, c’è una risposta appropriata per tutti gli interessati. Sono state riscontrate prove evidenti di una collaborazione fruttuosa tra il sistema giudiziario e i servizi trattamentali. La maggior parte degli intervistati si sono detti soddisfatti del loro ruolo e hanno assunto un atteggiamento positivo verso il progetto. Gli elementi di criticità (la forma standard del feedback, il ruolo del Proefzorgmanager…) individuati servono come una guida per mettere a punto o ottimizzare alternative diverse.