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Il nuovo segretario generale dell’Onu, il sud coreano Ban Ki Moon, secondo la prassi ha invitato i vice segretari e gli Assistenti a rassegnare le dimissioni. Antonio Costa, lo zar antidroga delle Nazioni Unite, misteriosamente confermato nel suo incarico fino al 2010 da Kofi Annan in scadenza, non ha perso l’occasione per tessere il proprio elogio. Ha ricordato che nel 2002 prese la responsabilità di un Ufficio in piena crisi, il cui staff era demoralizzato a causa di una missione incerta. Sfidando il ridicolo, l’ineffabile Costa passato dalla competenza in tartufi (l’uomo proviene dalla provincia di Cuneo) a quella della droga, rivendica il miracolo di avere dato un ruolo all’Unodc, esaltando le convenzioni contro la corruzione e il crimine organizzato. Il controllo delle droghe e la prevenzione del crimine sono in buone mani!
Per questo Costa offre, bontà sua!, i suoi servigi all’Organizzazione e al Segretario Generale. Sarà nostra cura ricordare a Ban Ki Moon le squallide operazioni che hanno caratterizzato la sua gestione. Dagli insulti rivolti al parlamento europeo in occasione dell’approvazione della Raccomandazione Catania per una revisione delle politiche proibizioniste sulle droghe; alle riassicurazioni di fedeltà agli Stati Uniti nell’impegno a combattere la riduzione del danno. Dall’insabbiamento del parere dell’Oms per la declassificazione del principio attivo della canapa, al sostegno della svolta proibizionista attuata dal governo Berlusconi; dalla proposta di test antidroga indiscriminati contro gli studenti italiani, al sostegno dato alle politiche repressive della Svezia, presentando rapporti di dubbia scientificità.
Intanto, cerca di rinviare il momento della verità circa il fallimento del Piano Onu, lanciato nel 1998, per «eliminare la produzione di droghe in dieci anni» (sic!): da Vienna 2008 a Shangai 2009. Noi siamo qui, sulla riva del fiume. f.c.