Nel Giugno ’99 la Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo ha preso una prima decisione sul ricorso di Arsec contro la Spagna. Arsec è un’associazione di Barcellona con tremila iscritti, attivisti sulla canapa. Ecco in breve la storia della controversia giudiziaria che ha coinvolto l’associazione. Per evitare i danni del mercato illegale , l’associazione lancia nel 1993 una campagna con lo slogan “Io pianto…contro la proibizione”. Così nell’Aprile del ’97 un centinaio di membri di Arsec impiantano due pianticelle di canapa a testa in un terreno affittato allo scopo. La legge è, almeno sulla carta, dalla loro parte: in Spagna il consumo e la coltivazione di questa sostanza non è punibile, a patto che sia ad uso personale e non per terzi. Ma la polizia sanitaria catalana e la Guardia Civil cominciano ad indagare, fanno irruzione nella piantagione senza un mandato di perquisizione e sradicano le piante: all’analisi la percentuale di Thc, il principio attivo della canapa, risulta molto bassa, lo 0,5%. Arsec è rinviata a giudizio e assolta in prima istanza. Ma al processo di appello la situazione si rovescia: gli attivisti sono condannati a 4 mesi di carcere e 500.000 pesetas di multa. I giudici sentenziano che la coltivazione di canapa, anche se ad uso personale, comporta però la produzione di una sostanza, che può essere utilizzata per spaccio. A detta loro si configura un pericolo “astratto”(che nel caso non si è concretizzato), ma che comunque la legge intende prevenire. Il successivo ricorso di Arsec alla Corte Costituzionale viene respinto. All’associazione non resta dunque che rivolgersi alla Corte di Strasburgo, accusando le autorità spagnole di violazione dei diritti fondamentali protetti dalla Convenzione Europea. Ora, con la sua sentenza, il tribunale europeo si è dimostrato uno strenuo difensore dei principi proibizionisti e del potere sovrano degli Stati ad applicarli, apponendovi il proprio “marchio” locale. La Corte infatti ritiene che solo le autorità locali possano decidere se un comportamento sia da considerarsi o meno un reato, sulla base di leggi locali. I giudici si ritengono incompetenti, a meno che non si riscontri un’evidente arbitrarietà che penalizzi i diritti umani: ma naturalmente questo non è il caso quando si discute di canapa. Anche se certi diritti di Arsec sono stati violati, ciò sarebbe tuttavia giustificato per “proteggere la salute e la sicurezza dei cittadini”. I dirigenti di Arsec hanno ancora la possibilità di evitare il carcere grazie ad alcuni vizi procedurali delle autorità spagnole, e su questo la Corte europea si è riservata di pronunciarsi. Ma la coltivazione di canapa è stata decisamente dichiarata al di fuori dei diritti umani degni di protezione. La decisione di Strasburgo è una presa in giro della legge, poiché il punto non è la pericolosità o meno della canapa per giustificare la proibizione: visto che questa soluzione non è mai stata presa in considerazione per altre droghe realmente dannose come il tabacco o l’alcol. Ma queste sono temi che i giudici europei non sono ancora in grado di affrontare: se in futuro lo saranno, dipenderà dai consumatori stessi. In Spagna altre trenta associazioni di consumatori hanno deciso di seguire l’esempio di Arsec. Il problema da legale è diventato politico: le semine annuali saranno d’ora in poi un atto di disobbedienza civile. Ma la questione interessa tutta l’Europa. Il Drugs peace Institute ha chiesto a giuristi di commentare la sentenza e in Novembre aprirà un forum pubblico fra gli antiproibizionisti europei. I consumatori non possono accettare di esser trattati come criminali dalla più alta autorità giudiziaria europea. La parola è a loro.
*Drugs Peace Institute
Per il forum di discussione: www.drugspeace.org