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A fronte del livello record raggiunto dal raccolto di oppio in Afghanistan nel 2006, sta aumentando la pressione politica per ridurre la produzione a breve termine. Combinata con il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, un’ondata di panico sta attraversando la comunità internazionale e in particolare i paesi con una presenza militare nel sud dell’Afghanistan. L’aumento vertiginoso della coltivazione di papavero da oppio e, contemporaneamente, l’offensiva di inattesa virulenza dei talebani sono visti come sviluppi in qualche modo collegati. In particolare, la scelta di coinvolgere forze armate straniere in attività antidroga sta guadagnando terreno a Washington e Londra. Lo scorso settembre l’Unodc (Un Office on Drugs and Crime) ha assecondato tali aspettative presentando i nuovi dati annuali sulla coltivazione di oppio. Il capo dell’Unodc, Antonio Costa, ha chiesto «una energica azione militare da parte delle forze Nato per distruggere l’industria dell’oppio nel sud dell’Afghanistan».

Gli eserciti in campo
La presenza delle forze internazionali in Afghanistan è gradualmente aumentata da quando esse entrarono per la prima volta nel paese per spodestare il regime talebano in risposta agli attacchi terroristici sul suolo americano. La loro composizione e i loro obiettivi si sono anch’essi evoluti nel corso degli ultimi cinque anni. È stata creata una prima coalizione guidata da Usa e Regno Unito, operante sotto il Comando delle forze coordinate in Afghanistan (Cfc-A), che riferisce al comando centrale Usa (CentCom): col nome di operazione enduring freedom, questa ebbe inizio il 7 ottobre 2001 con una massiccia campagna di bombardamenti e lanci di missili cruise dalle navi americane e britanniche. Sebbene gli Usa siano i maggiori finanziatori di queste forze, altre nazioni (tra cui il Canada, la Francia, il Regno Unito, l’Olanda e l’Australia) contribuiscono in modo sostanziale con lo schieramento di forze speciali, tutte coinvolte direttamente in operazioni offensive.
Una seconda forza internazionale è l’Isaf (International Security Assistance Force), la forza multinazionale con un mandato dell’Onu per assistere il governo centrale nel garantire e mantenere le condizioni di sicurezza necessarie a ricostruzione il paese.
Inizialmente l’Isaf fu schierata a Kabul e nei dintorni della città; il governo Usa si opponeva alla sua estensione in altre aree del paese, poiché temeva che ciò avrebbe interferito con l’operazione enduring freedom, ma successive risoluzioni Onu hanno esteso il mandato dell’Isaf fuori Kabul e hanno prolungato la sua missione. La forza multinazionale dall’agosto 2003 è sotto il comando unificato della Nato. Da allora ha cominciato ad essere gradualmente schierata nel resto del paese, cominciando con il nord e l’ovest. Il 31 luglio 2006, l’operazione enduring freedom ha formalmente trasferito il comando delle travagliate province meridionali all’Isaf. Il Regno Unito, il Canada, l’Olanda e gli Usa hanno fornito il grosso delle forze presenti nell’area.
I paesi membri della Nato hanno resistito a lungo alle ambizioni britanniche e americane di utilizzare le truppe Isaf nelle operazioni di anti-insurrezione, di antiterrorismo e in quelle antidroga. L’Isaf avrebbe dovuto avere un ruolo di peace-keeping, favorendo la governabilità, la sicurezza e la ricostruzione. Dopo la sua espansione a sud, l’Isaf ha nondimeno ricevuto regole di ingaggio più pesanti, e le sue truppe sono attualmente impegnate in grandi operazioni offensive nel sud, dove stanno incontrando livelli inattesi di resistenza.
Le strutture principali dell’Isaf sul campo sono le Squadre provinciali per la ricostruzione (Prt – Provincial Reconstruction Teams). Pur essendo sotto un comando unificato, queste strutture sia civili che militari hanno composizioni diverse ed agiscono diversamente a seconda del paese d’origine delle truppe.
Infine, una descrizione completa delle forze internazionali non può tacere la presenza di numerose compagnie private occidentali di “security”. Compagnie come Dyncorp, Uspi e Blackwaters sono assoldate dal governo Usa per svolgere diverse attività, tra cui l’addestramento della Polizia afghana anti-narcotici, l’addestramento e il sostegno alle squadre addette alle eradicazioni.
Il ruolo della coalizione guidata dagli Usa nelle attività antidroga si è evoluto nel corso del tempo. Nel 2001 gli Usa decisero di puntare sulle milizie locali per sconfiggere i talebani e avere il controllo del paese. Ciò poteva apparire conveniente per una reazione rapida e a basso costo agli attacchi dell’11 settembre, ma insediò al potere individui che non solo avevano un curriculum che lasciava molto a desiderare per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, ma che divennero anche, ben presto, complici del narcotraffico e della corruzione. Poiché la priorità dell’operazione enduring freedom era combattere la «guerra al terrore», furono date istruzioni alle truppe americane di chiudere un occhio sulla questione droghe e di continuare a collaborare con questi individui finché essi fossero stati utili per gli obiettivi dell’anti-terrorismo. Nel 2004 però le dimensioni del problema costrinsero l’amministrazione Bush a intervenire, coinvolgendo le forze angloamericane in missioni di interdizione. Non appena furono autorizzate a condurre operazioni militari contro obiettivi legati al narcotraffico, le truppe Usa iniziarono a distruggere – o a trasferire alle autorità afghane – le droghe trovate nel corso delle operazioni militari. Inoltre presero parte attivamente a svariate operazioni miranti a distruggere i laboratori e ad arrestare i trafficanti.

700 milioni di dollari
contro il “narcoterrorismo”
Il budget del comando centrale Usa (CentCom) per la lotta alla droga è cresciuto da un solo milione di dollari nel 2002 a 73 milioni di dollari nel 2004; ciò riflette la maggiore importanza assegnata all’esercito. Per l’anno fiscale 2007, il Dipartimento di Stato da solo ha richiesto circa 420 milioni di dollari in finanziamenti per la lotta alla droga in Afghanistan, il che include tutti i costi operativi delle squadre del Programma di eliminazione del papavero (Pep – Poppy Elimination Programme), e quattro squadre mobili della Forza di eradicazione dell’Afghanistan (Aef – Afghan Eradication Force). In risposta alle nuove cifre sui raccolti per il 2006, il Senato Usa nel settembre 2006 ha approvato un emendamento per aumentare i finanziamenti del Dipartimento della difesa sull’“anti-narcoterrorismo” di non meno di 700 milioni di dollari «per combattere la coltivazione di papavero in Afghanistan ed eliminare la produzione e il commercio di oppio ed eroina, e per impedire che i terroristi usino i proventi per attività terroristiche in Afghanistan, Iraq, ed altri paesi».
Il piano Usa per aumentare il coinvolgimento militare nelle attività antidroga sembra essere stato accolto con freddezza dagli altri paesi che fanno parte dell’Isaf. Innanzitutto, l’esercito stesso vede queste operazioni come un compito di repressione per cui non è preparato, e che non serve ai suoi obiettivi militari di contro-insurrezione, pacificazione e stabilizzazione.
I ministri Nato sembravano aver raggiunto un compromesso: qualsiasi operazione di eradicazione e interdizione dovrebbe essere condotta su iniziativa afghana, almeno in apparenza. Ma per dare spazio ai paesi che volevano avere un ruolo in tali operazioni, alla fine i ministri Nato hanno stabilito che l’Isaf avrebbe «sostenuto lo sforzo del governo Afghano nella lotta alla droga».
Senza dubbio, la «strategia afghana» – come vorrebbero presentarla i suoi sostenitori occidentali – non può essere implementata senza le risorse e l’attivo coinvolgimento delle forze straniere presenti sul campo. Ciò è stato recentemente ripetuto dal generale Eikenberry, comandante del Cfc-A in Afghanistan, descrivendo il sostegno delle sue truppe alle attività antidroga: «Noi forniamo un enorme sostegno a queste operazioni di interdizione e law enforcement. Forniamo sostegno a livello di intelligence. Forniamo sostegno per la pianificazione. Forniamo sostegno per i trasporti. Vale a dire, se una forza di interdizione deve muoversi in elicottero in una certa area, dalla quale condurrà le sue operazioni di interdizione, le nostre forze forniranno quegli elicotteri».
Le forze di coalizione al sud hanno arrestato svariate persone ed eseguito sequestri di narcotici. Secondo una portavoce dell’esercito Usa, le forze di coalizione hanno anche l’autorità di detenere i sospetti o confiscare materiali se sospettano attività illegali.
Infine, i contractors militari privati ingaggiati dal governo Usa svolgono un ruolo di supporto considerevole. Dynacorp – una compagnia privata utilizzata anche per le fumigazioni aeree e il supporto logistico al Plan Colombia sponsorizzato dagli Usa – ha ottenuto un contratto multimilionario per addestrare la nuova Polizia nazionale afghana. Tra le sue reclute, DynaCorp vanta la Forza di eradicazione afghana (Afghan Eradication Force), inviata a distruggere i campi di papavero.
Resta la questione fondamentale della idoneità di certi aspetti della strategia antidroga. In particolare, la pressione degli Usa e del Regno Unito per una rapida eradicazione del papavero, in un ambiente di estrema povertà e oppressione feudale da parte dei proprietari terrieri, ha il potenziale di esacerbare ulteriormente le tensioni e la povertà. Questo va contro l’obiettivo di raggiungere una pace duratura con una riduzione sostenibile nella coltivazione di droghe. Ciò è riconosciuto in parte dalle potenze occidentali che sostengono questa strategia. Non a caso esse preferiscono nascondersi dietro una “facciata afghana”. Tutte le strade, le scuole e gli ospedali costruiti nel paese hanno un cartello con la bandiera del paese che li ha finanziati. Al contrario, nessuna bandiera sventola sui campi distrutti ad indicare il paese che finanzia le eradicazioni.
L’attuale livello di insicurezza e instabilità nel paese richiede una missione che sia decisamente di pace, ma questo obiettivo sarebbe meglio perseguito se le forze internazionali evitassero di partecipare a una controproducente nuova “guerra alla droga”.