Già nel 1994, l’ILGA (International Lesbian and Gay Association) durante il Congresso di New York aveva chiesto un confronto internazionale su omosessualità, transessualismo e lavoro. Questo evento di straordinario rilievo si propone oggi, ad Amsterdam, in apertura dei Gay Games: tre giorni di conoscenza, di dibattito, di speranza a dispetto di un non progredire comune e di un doloroso, inaspettato involversi di tante vicende… un luogo di denuncia e di lavoro per mettere a punto strategie di civiltà, un crocevia tra Paesi in cui si discute su norme antidiscriminatorie e pari opportunità e altri dove la stessa legge criminalizza omosessuali, lesbiche e transessuali sino alle torture fisiche e alla pena di morte. Gli organizzatori della Conferenza, assieme all’ILGA, sono FNV e CNV (sindacati olandesi), UNISON (inglese), OTV (tedesco), CGIL per l’Italia, CLC per il Canada. Assieme ai sindacati europei, americani, australiani, sono state garantite borse di studio a partecipanti provenienti da Paesi “difficili” come Brasile, Ecuador, India, Kenia, Lituania, Malesia, Messico, Nicaragua, Filippine, Sud Africa, Vanatu e Uganda… compaiono inoltre sigle di prestigio umanitario internazionale come Amnesty International, HIVOS, Quilt Tour, Xmin, Aidsfonds e il patrocinio dell’Università e del Comune di Amsterdam. I tempi di uscita di “Fuoriluogo” non consentono un reportage dell’evento, vale la pena tuttavia di parlare delle sue tante premesse, anche a denuncia del non fatto e delle ipocrisie che continuano: nel febbraio del 1994, infatti, il Parlamento Europeo approvò una storica raccomandazione sulla “Parificazione dei diritti di gay e lesbiche nella Comunità Europea”, che ancora oggi non è stata recepita in alcun modo dal nostro stato e chissà se miglior sorte può toccare al nuovo Trattato per l’Europa, che include oggi per la prima volta a livello giuridico internazionale l’orientamento sessuale tra le cause di possibile discriminazione da cui difendersi con l’intervento del Consiglio superiore dell’Unione Europea. In Italia, più che altrove, lesbiche, gay e transessuali sono penalizzati dall’ingerenza particolarmente forte del potere confessionale, dalla volontà di conservazione che storicamente ha stigmatizzato come deviante, immorale e pericolosa per i valori della comunità ogni relazione affettiva, sentimentale e sessuale non a fini procreativi e guardato con inquietudine, sospetto e condanna al transessualismo e alle politiche transgender, incoraggiando stereotipi funzionali alla bastarda utopia dell’ordine sociale. Che fare e che dire contro i fulmini pontifici e formigoniani a protezione della famiglia etero-maschia? Quel che finalmente molti cattolici in dissenso dovrebbero fare è rivendicare risposte alla volontà espressa da tanti membri autorevoli della chiesa, e la chiesa è popolo, non arrogante e opulenta gerarchia, sulla ridiscussione di numerose e delicate questioni. Quel che lo stato e i politici dovrebbero saper fare, per contro, è costruire una nazione laica, emancipata dalla pseudo religione di stato e sostenitrice delle libertà. Le ragioni della discriminazione di omosessuali e transessuali non vanno quindi ricercate dentro una condizione umana, non stiamo parlando di minus habens, ma nel persistere di insopportabili integralismi, nella resistenza a maturare e nell’inadeguatezza culturale e storica da parte della società a recepire stili di vita non corrispondenti a standard rassicuranti “socialmente accettabili”, icone in cui il potere affonda saldamente i suoi artigli di sopravvivenza. Già, perché come conseguenza di un balzo culturale in avanti, del riconoscimento per esempio di diversi tipi di convivenza, chissà, magari le donne potrebbero alzare veramente la testa, smettendo di fare finalmente le serve, il mondo civile potrebbe rivendicare servizi adeguati per bambini, anziani e disabili, anziché massacrarsi nel litigioso squallore domestico… e, ma non c’è più religione, magari qualcuno potrebbe persino pensare per tutti in termini di scelte e autodeterminazione, non di asservimento e assistenza. Politicamente, per mantenere saldo il timone, a destra viene da sempre praticato un forte ostracismo nei confronti di omosessuali e transessuali: portatori significativi di disordine, di inquietudine e di interrogativi scomodi e anche neo-partiti privi di dottrina e tradizione culturale pescano pro-voto in acquitrini populisti e demagogici a tutela di vecchie cariatidi familiste. A sinistra il clima potrebbe essere assai diverso, ma non c’è coraggio e invece c’è ambiguità, reticenza e latitanza nei provvedimenti legislativi e contrattuali, come in genere in tutte le questioni che in qualche modo attengono a sesso e identità ed è così perfettamente evidente che, nel loro formidabile accanimento, soltanto i “grandi nemici” della causa riconoscono il vero, formidabile potenziale rivoluzionario delle istanze omosessuali, lesbiche e transgender. Sul lavoro, la forte crisi del mercato rende difficile la vita a tutti, e per primi a coloro che non sono votati ai vecchi idoli Dio-Patria-Famiglia. La così detta classe imprenditoriale a volte è realmente legata al pregiudizio, ma più spesso è pronta a strumentalizzare qualunque cosa al fine di disfarsi magari a calci di qualche lavoratore e di qualche lavoratrice in più, e ciò per gay, lesbiche e transessuali si traduce quasi sempre anche in una disperante condanna a dipendere da gente che li rifiuta. La normativa italiana prevede consistenti tutele in merito all’orientamento sessuale e al cambiamento di genere di lavoratori e di lavoratrici: nessun provvedimento sanzionatorio e nessun licenziamento può essere infatti imposto per questi motivi e tuttavia pesantissime discriminazioni restano, perché indirette e sempre rigorosamente mascherate da pretesti legali o con altra scusa. Una parte consistente dei casi denunciati da gay, lesbiche e transessuali non deriva, tra l’altro, da condotta vessatoria del datore di lavoro, ma da una difficile convivenza con i colleghi, molestie sessuali comprese. In Italia, un aspetto indicativo e problematico della situazione di omosessuali, lesbiche e transessuali è dato dallo scarso interesse alla visibilità e dalla debole volontà di rivendicazione dei propri diritti da parte delle persone interessate: ciò porta a una progressiva interiorizzazione della marginalizzazione, a un adattarsi al sopruso per quieto vivere immediato con ripercussioni sull’autostima e rinuncia a rivendicare rispetto e vivibilità, a una sostanziale sottovalutazione del fenomeno generale della discriminazione in primo luogo da parte di chi si autolimita, non si difende e finisce per non riconoscere nemmeno il sindacato come interlocutore nelle situazioni vertenziali, tanto che spesso si ricevono richieste di intervento solo dopo mesi dall’aver subito ingiustizie, violenze o addirittura perso il posto di lavoro, quando ormai è troppo tardi. Con l’Ufficio Nazionale Nuovi Diritti, i centri di consulenza nella Camere del Lavoro di Torino, Bologna, Milano e Genova, i gruppi di lavoro e i rapporti con le associazioni nazionali e internazionali, l’impegno della CGIL ha ormai una storia consolidata, ma tutt’altro che esente da problemi. Il movimento sindacale ha ancora oggi difficoltà, infatti, a liberarsi da oscuri imbarazzi, a tranciare latitanze, a occuparsi della condizione gay, lesbica e transessuale sul lavoro come di ogni altra questione sindacale e vi è quindi urgenza di un supporto di formazione, di norme specifiche, di iniziative mirate, ma soprattutto il problema vero è che finalmente sindacati e partiti dovrebbero decidersi a crescere culturalmente e a rinnovarsi. Invece tutto pare vissuto come se non si trattasse mai di una responsabilità diretta dell’organizzazione, ma di fatti un po’ curiosi, da trattare sì, a chi si negherebbe, ma in modo marginale o peggio con tolleranza, come testimoniano i pochi addetti, la scarsità delle risorse e dei permessi sindacali, le rare iniziative politiche e gli ancor più rari sportelli di consulenza su territorio nazionale, magari in terre difficili come il Sud dell’Italia. Gli impegni derivanti dalla World Conference di Amsterdam dovranno essere sostenuti a livello internazionale nei confronti dei vari stati, in modo da uscire da equivoci, pilateschi buonismi e drammatiche situazioni di vita, per far sì che in tutto il mondo, siano pari opportunità, siano diritti civili, siano diritti umani, si riconoscano finalmente anche omosessualità e transessualismo come caratteristiche della personalità, elementi naturali del comportamento umano.