Da almeno un decennio l’uso di sostanze eccitanti, e in particolare di cocaina, ha progressivamente invaso la scena del consumo di sostanze psicoattive, soprattutto giovanili, dove ormai anche il consumo e l’abuso di alcol si connotano in modo originale rispetto al bere tradizionale.
Si stima che in Italia circa il 5% della popolazione adulta abbia sperimentato la cocaina almeno una volta nella vita. Parliamo quindi di circa un milione e mezzo di consumatori di cui solo una piccola fascia, circa trentamila (il 2% dei consumatori), si è rivolta per un trattamento ai servizi pubblici e privati delle dipendenze. La fascia in cui il consumo è più elevato è compresa tra i 15 ed i 24 anni con un abbassamento dell’età progressivo, in questi ultimi anni, della data di primo consumo. Questo legittima giornali e media vari a parlare di emergenza cocaina e a descrivere scenari apocalittici di innumerevoli nuove tossicodipendenze da cocaina. Dalle esperienze degli operatori ed educatori, che incontrano molti di questi giovani lavorando nei contesti ricreativi e nei servizi educativi, si ricavano dati molto diversi. Cambiano le modalità di assunzione, le motivazioni, i contesti, il senso stesso della ricerca sotteso a queste sostanze e conseguentemente le tipologie di consumatori e le problematiche a questi connesse.
Nella maggior parte dei casi, incontrando un consumatore di cocaina, oggi ci troviamo di fronte, più che ad una situazione di disagio, ad una situazione di consumo che può assumere forme diverse (dalla sperimentazione, spesso insieme ad altre sostanze, a episodici abusi fino a vere e proprie dipendenze psicologiche). La patologia, la tossicodipendenza, ove esiste, è un effetto “collaterale e indesiderato” dell’assunzione della sostanza “dopante ”. Spesso l’utilizzo sperimentale diventa progressivamente abitudinario ed accompagna per lunghi periodi la vita dei consumatori: una media di almeno cinque/dieci anni soprattutto in alcuni contesti specifici e con una preoccupante tendenza all’abbassamento dell’età di inizio del consumo e al prolungamento nella età adulta. Tuttavia, sono consumi che possono essere gestiti dai consumatori anche per lungo tempo, senza portare a situazioni di dipendenza (la distanza fra l’inizio delle esperienze con cocaina e l’accesso ai servizi per le dipendenze dei cocainomani è stimata ammontare a sei/ nove anni).
Perfino gli assuntori più coinvolti colgono con difficoltà eventuali disturbi collegati al consumo poiché spesso alcuni di questi disturbi sono molto vicini agli effetti della sostanza voluti e ricercati (quali eccitabilità ed irritabilità estrema, flash ed allucinazioni, difficoltà alla concentrazione, stati di veglia prolungati). Anche quando il ricorso ai servizi sarebbe auspicabile, le difficoltà esistono: gli operatori percepiscono la sostanziale diffidenza dei consumatori verso i servizi sanitari e sociali esistenti, vuoi perché temono di vedersi imposta l’astinenza, vuoi perché temono di incorrere in problemi legali.
Significativa per la comprensione di questi fenomeni ci sembra una ricerca condotta in Inghilterra tra un migliaio di consumatori problematici di alcol e cocaina per indagare le motivazioni e le resistenze a farsi curare e a rinunciare al consumo diventato così problematico.
Le resistenze sono principalmente dovute al legame fra il consumo e lo stile di vita. In particolare i consumatori:
• si dichiaravano preoccupati al pensiero di una vita priva delle abitudini e dei piaceri connessi al consumo di sostanze su cui la loro stessa identità sociale si era strutturata;
• l’altra preoccupazione era la possibile perdita di alcune delle relazioni personali su cui facevano più affidamento, che erano fortemente interconnesse al contesto dei consumi;
• il contatto coi servizi era guidato dal desiderio di riuscire a ridurre solo le conseguenze sanitarie, legali e relazionali del consumo pesante, per ritrovare quella compatibilità tra vita “normale” e consumo che per tanti anni avevano sperimentato. In genere invece i servizi offrivano risposte per “guarire” e “redimersi”, poco adatte alle loro esigenze.
Queste considerazioni ci propongono un diverso paradigma di approccio ai consumi ed abusi di alcol e cocaina: trattando cioè l’abitudine al consumo, per quanto problematica, semplicemente come tale e non prioritariamente come una malattia cronica o esclusivamente come un allarme sociale o sanitario da combattere.
La Consulta delle dipendenze dell’ultimo Governo Prodi aveva elaborato una proposta per un nuovo sistema di interventi articolato su più livelli:
• l’area della prossimità a questi consumi e del primo intervento nei contesti di uso problematico e abuso, con operatori preparati, unità mobili specifiche, strumenti quali i narcotest e gli etilometri per rendere consapevoli le persone sui rischi e ridurre immediatamente i danni di tali consumi;
• l’area del pronto soccorso nelle situazioni di crisi, con una maggiore capacità diagnostica e di riconoscimento dei sintomi (si pensi a sintomi come disturbi cardiaci, vascolari, ipertensivi, psichici);
• l’area della presa in carico precoce/intermedia per gli interventi legati all’uso problematico di sostanze, e infine:
• l’area del trattamento e della cura con una rimessa in discussione della rigidità di molti approcci rispetto a finalità, percorsi, tempi e obiettivi stessi del trattamento e della cura.
Nuovi consumi, più abitudini che patologie
Articolo di Redazione
GIOVANI ALCOL E COCA, UNA PROPOSTA OLTRE L’ALLARME SOCIALE