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La Regione Marche ha approvato una delibera (la 470 del 1° aprile 2008) sulla prescrivibilità dei farmaci cannabinoidi da parte del Servizio sanitario regionale.
In realtà questi farmaci sono sempre stati prescrivibili da parte dei medici italiani. Ricordiamo infatti che la cannabis fa parte e ha sempre fatto parte della farmacopea ufficiale della Repubblica Italiana. Inoltre il decreto ministeriale 18.04.2007 inserisce nella Tabella delle sostanze dotate di attività terapeutica i derivati naturali e di sintesi dei cannabinoidi, correggendo un grossolano errore della legge 49/2006 (cosiddetta Fini-Giovanardi) che aveva posto tali sostanze fra quelle prive di questa attività, il che cozzava con l’evidenza che farmaci a base di cannabinoidi sono presenti da anni sul mercato di vari paesi esteri.
Il problema è che queste sostanze non sono ancora disponibili in Italia, e ad ogni prescrizione deve seguire una procedura di importazione abbastanza complessa.
Apprezziamo dunque la volontà da parte del Consiglio regionale delle Marche di dare una risposta a tanti pazienti che non trovano, o non trovano più, una risposta alle loro sofferenze con l’uso di farmaci presenti sul mercato nazionale. I cannabinoidi possono in alcuni casi essere considerati perlomeno un tentativo terapeutico palliativo basato comunque su una ricca bibliografia di ricerche sperimentali e una ormai abbondante mole di studi clinici.
Purtroppo la delibera presenta alcune stridenti contraddizioni. Essa infatti prevede che i farmaci in oggetto siano prescrivibili esclusivamente da parte di dipendenti del Servizio sanitario regionale e da parte di soli specialisti in neurologia e oncologia.
La limitazione della prescrivibilità ai soli dipendenti da strutture pubbliche e ai soli specialisti in neurologia ed oncologia è un atto gravissimo di restrizione della libertà di prescrizione e cura. Non esiste alcuna legge o regolamento che limiti la libertà dei medici di curare secondo scienza e coscienza (a parte le regolamentazioni riguardanti gli specialisti in anestesia e rianimazione e gli specialisti in radiologia, viste le particolarità e le gravi responsabilità di queste discipline).
Ci chiediamo per quale motivo un medico di medicina generale possa (giustamente) prescrivere morfina o altri farmaci potenti e potenzialmente pericolosi e gli venga negata la possibilità di prescrivere cannabinoidi. Ancora più assurdo che tale possibilità sia negata ad altre figure, quali ad esempio gli anestesisti rianimatori, gli antalgologi e i palliativisti (a meno che non siano oncologi o neurologi).
Non si comprende inoltre perché la fase di inizio del trattamento possa essere effettuata «in ambito ospedaliero poiché gli effetti terapeutici attesi sono condizionati dalla risposta individuale». Tale affermazione è lapalissiana e valida per qualsiasi altro farmaco, e ricordiamo che i cannabinoidi sono di per sé farmaci dotati di scarsissima pericolosità. La loro “dose letale” è solo teorica, essendo circa 40.000 volte la dose terapeutica. L’ospedalizzazione forzata ci appare arbitraria, e la dispensazione di questi farmaci può essere facilmente compiuta in regime di day hospital, come peraltro sta già avvenendo in varie realtà sanitarie italiane.
Inoltre la delibera non elenca fra i farmaci reperibili all’estero le specialità Bedrocan, Bedrobinol e Bediol. Si tratta di specialità farmaceutiche a tutti gli effetti, costituite da infiorescenze a concentrazione standardizzata in principi attivi, prodotte sotto il controllo del ministero della Sanità olandese, dal quale dipende un apposito servizio (Office of medicinal cannabis, www.cannabisbureau.nl). Vari pazienti italiani utilizzano già questi preparati, e non vorremmo che un’interpretazione letterale e ristretta della delibera in oggetto portasse al blocco di terapie già iniziate e alla mancata possibilità futura di intraprendere percorsi terapeutici basati su questi farmaci.
Si chiede dunque che, a norma di legge, a norma del buon senso e del principio di realtà non si limiti la prescrizione dei farmaci cannabinoidi ai soli medici dipendenti da strutture pubbliche e ai soli specialisti in neurologia e oncologia; che si eviti il ricovero coatto per i pazienti all’inizio della terapia; infine che si aggiungano all’elenco dei farmaci disponibili all’estero il Bedrocan, il Bediol e il Bedrobinol.

*Presidente dell’Associazione cannabis terapeutica