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La questione è semplice nelle sue dinamiche: nei primi giorni di aprile è stato adottato dal ministro Padoa Schioppa un decreto che impone alle pubbliche amministrazioni che devono pagare un loro fornitore di beni o servizi, di sincerarsi presso la società Equitalia Spa (società statale) se quel fornitore ha pendenze debitorie nei confronti della pubblica amministrazione stessa. Se la risposta è positiva la pubblica amministrazione blocca il pagamento od opera una sorta di compensazione. Una eticità di comportamenti che viene richiesta ai cittadini ma, come vedremo in seguito, non appartiene allo Stato.
La cosa in sé, forse, ha un senso: recuperare parte della elusione o dei mancati pagamenti tributari e all’erario da parte di molte aziende che vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione. Tra queste aziende vanno annoverate anche le organizzazioni non-profit che non solo sono state sempre equiparate alle aziende profit, ma a differenza di queste ultime non traggono un ricavo o un profitto da detti rapporti di convenzione.
Le organizzazioni non profit, inoltre, occupandosi prevalentemente di fasce deboli e marginali raramente hanno entrate diverse da quelle assicurate dalla pubblica amministrazione, rappresentando, quest’ultima il vero e unico committente.

È fatto risaputo che i governi locali o centrali (soprattutto al Sud) pagano questa tipologia di fornitori di servizi ad anni di distanza: Lazio o Sicilia, Puglia o Campania, giusto per fare alcuni esempi, devono saldare ancora le rette del 2005 e del 2006. Il Ministero della Giustizia deve ancora pagare rette per detenuti agli arresti domiciliari del 2006. Rette, inoltre, che per esiguità sono talvolta insufficienti a coprire i costi degli interventi.

È fatto altrettanto risaputo che i gravi ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni incidono pesantemente sulla regolarità con cui vengono pagati gli stipendi e soprattutto sulla regolarità con cui si pagano i contributi e i vari obblighi fiscali. È insomma fatto notorio, che le realtà non
profit vivono sempre più una situazione di grande difficoltà, non tanto economica ma finanziaria, e che riescono a offrire servizi indebitandosi sempre di più e non tenendo il passo nel pagamento dei contributi o degli altri oneri a cui sono soggette: insomma il cane che si morde la coda, o la situazione paradossale del romanzo Comma 22.
Ed è legittimo anche chiedersi se le pubbliche amministrazioni non facciano un uso strumentale di questo potere: proviamo a immaginare una amministrazione di un determinato colore politico che voglia frapporre una ulteriore difficoltà ad una organizzazione non allineata e supina alle scelte politiche della pubblica amministrazione stessa. Può bloccare i pagamenti solo a quella organizzazione tralasciando le altre. Un potere poco democratico per ridurre a più miti consigli l’associazionismo meno malleabile. Un potenziale ricatto in piena regola, che delinea una nuova forma di esercizio politico delle norme e che investe di un potere enorme i tecno burocrati pubblici; che, cosa notoria, coprono i loro posti solo per fedeltà politica.