“Ormai siamo una realtà inconfutabile. Come gruppi di consumatori di sostanze stupefacenti considerate illegali, più o meno organizzati, siamo presenti in tutto il mondo, con la sola eccezione dell’Africa”. Con questa premessa Matthew Southwell, rappresentante dell’Unione dei consumatori di droghe in Inghilterra (Respect Users Union) ha aperto la prima delle tre sessioni centrate sulle esperienze dei gruppi di consumatori tenutesi a Ginevra nell’ambito della decima Conferenza Internazionale sulla Riduzione dei Danni correlati all’uso di droghe. La voce di chi subisce in prima persona gli effetti devastanti di scellerate politiche proibizioniste ha trovato, per una volta, una sede autorevole dove poter esporre le proprie riflessioni. “La politica statunitense definita war on drugs (guerra alle droghe) è di fatto una politica di guerra contro le minoranze etniche più povere, emarginate, escluse, ed è per questo che il movimento dei consumatori di droghe deve e sta cercando di allearsi con gli altri movimenti antagonisti e lavorare insieme per un radicale cambiamento sociale”: così, Paul Cherashore, portavoce dell’Unione Nordamericana Consumatori di droghe (New York) ha offerto uno spunto di riflessione più generale in una prospettiva di lotta comune, che vuole trascendere alcune logiche neo – corporative e settoriali. Un’altra constatazione, fatta propria dalla maggioranza dei consumatori intervenuti, evidenzia come molti gruppi di consumatori organizzati abbiano acquistato legittimità e visibilità sull’onda della diffusione dell’infezione da HIV, in quanto l’emergenza di contenimento dell’epidemia, soprattutto tra chi consuma sostanze, ha indotto le autorità sanitarie e le istituzioni a scoprire l’importanza dell’azione diretta, del “supporto tra pari” per guadagnare maggiore efficacia nelle campagne informative e preventive. Detto ciò, è emersa anche in diversi gruppi auto-organizzati la consapevolezza di “essere spesso solamente “usati” – e in molti casi finanziati – dai governi per contribuire alla campagna di tutela della salute pubblica” e che quindi è necessario riuscire a sviscerare il nodo centrale ovvero quello dei diritti” (ASUD, Francia), intendendo sia quelli umani e di cittadinanza, che quelli specifici dei consumatori: diritto ad essere riconosciuti come persone e non come problemi, diritto alla dignità e al rispetto, diritto di scelta terapeutica, diritto di usare sostanze. Per Raffy Balian (Canada) “l’obiettivo di cambiare l’immagine sociale dei consumatori (vissuti come malati e/o devianti) non è stato raggiunto dai gruppi di auto-aiuto, in quanto molto chiusi in se stessi e incapaci di darsi una visibilità esterna: possibile soltanto se c’è una scelta di organizzazione dei consumatori che sappia unirsi e interloquire con altri gruppi e/o movimenti che si battono per il rispetto delle minoranze”. E sempre dal movimento dei consumatori del Canada, è partito un importante stimolo alla discussione , che può interessare anche la situazione italiana. Il concetto cardine è che “c’è ancora molto da fare per “educare” la sinistra all’approccio pragmatico e libertario sulla questione dell’uso di droghe, e prevale ancora troppo spesso un certo “moralismo di sinistra” condito da logiche di tutela e persino ambizioni a parlare in nome dei consumatori”. Infine, una “non notizia”: a Ginevra, ad ascoltare i punti di vista dei consumatori ma anche quelli dei 700 delegati intervenuti non si è vista l’ombra di un rappresentante del governo italiano.
Persone, non problemi
Articolo di Redazione
Esperienze di autorganizzazione dei consumatori