Tempo di lettura: 4 minuti

“Avanti di questo passo dovremo pianificare le ferie in un mese diverso da quello d’agosto”. Questo il sarcastico commento che ci siamo scambiati al termine della faticosa iniziativa organizzata per contrastare l’ennesima crociata estiva – questa volta contro la prostituzione – della Giunta milanese. Dunque, un commento amaro, carico d’inquietudine e rabbia ma di certo non permeato di stupore, anzi. Da alcuni anni a questa parte, il mese d’agosto è diventato il periodo dedicato alla “pulizia” della città da tutto ciò che è considerato alla stregua di vero e proprio rifiuto umano: sia esso un viados, un tossico, un autonomo, un leoncavallino, un sieropositivo, un gay, un vu cumprà, un barbone, uno zingaro. Sembrano essere tornati i tempi della grandeur craxiana con in copertina la cosiddetta “Milano da bere”. Questa la cultura, questo il linguaggio, questa l’idea di città che accomuna passato e presente e che congiunge anche la passata Giunta a guida leghista all’attuale governo del Polo. L’imperativo è la periferizzazione dei problemi, dei disagi sociali prodotti dalla cancellazione di ogni diritto di cittadinanza e dai processi economici che producono esclusione. Niente di nuovo, dunque, sotto il cielo grigio dell’ex capitale morale del Paese. Ma tant’è. Appare inverosimile pensare che questa tendenza non accenni a invertirsi. Triste è la constatazione che la maggioranza degli elettori di questa città contribuisca a perpetuare e rinsaldare questa politica inefficace e suicida. La cultura delle ordinanze antilucciole è la stessa delle cancellate nei parchi, degli sgomberi e dei processi a danno degli occupanti di case e centri sociali, della schedatura delle persone con HIV e AIDS, delle proposte di espulsione del carcere di San Vittore fuori dalla cintura cittadina, della ghettizzazione dei nomadi in un’acquitrinosa palude fuori città, della selvaggia privatizzazione dei servizi alla persona e via dicendo. Le destre mostrano il loro vero volto autoritario, bacchettone, moralista, proibizionista facendosi forti del consenso accecato di cittadini disturbati dall'”indecoroso spettacolo” del mercato del sesso. Ma una metropoli alle soglie del nuovo millennio, coacervo dei prodotti del modello neoliberista potrebbe forse essere diversa? Verrebbe da argomentare, anche se forse non è – come si dice – politically correct che ognuno dovrebbe mettere in conto i costi che il vivere in una città come Milano comporta, e quindi tarare le proprie aspettative al contesto specifico senza esigere un clima sociale da piccolo paese di provincia. E ancora. Quanto riduzionismo nelle analisi di questi amministratori locali che si preoccupano principalmente di seguire l’onda per non perdere consensi e adottano strumenti che producono una vera e propria “moltiplicazione dei danni”! Proprio loro, così avvezzi a ogni compromesso e ogni ripulitura di facciata di un impresentabile edificio istituzionale; così esperti a percorrere vie tortuose per nascondere l’inganno della loro inadeguatezza; proprio loro non muovono un dito per cercare una qualche via d’uscita ragionevole. Meglio prorogare il lungo sonno della ragione e buttarsi a capofitto nel pantano della resa dei conti repressiva e proibizionista. Impera la logica del tenersi a distanza di sicurezza da personaggi immondi (o come ha definito i transessuali il consigliere di AN, De Nicola, “quella specie di mostri”) temendone oltre misura ogni contatto e dissimulando la repulsione per quei loro movimenti che riempiono l’immaginario di chi ha problemi di identità sessuale o più semplicemente la noia da scacciare. Nulla, ma proprio nulla c’è da salvare nelle ordinanze antilucciole assunte dai diversi sindaci d’Italia. Senza distinzioni di sorta, a Milano come a Rimini, a Padova come a Sesto San Giovanni e così proseguendo nella dolente lunga lista. Indifferente è il colore politico: giunte del Polo, dell’Ulivo, della Lega tutti accomunati dagli stessi errori. Chi è contrario a questa logica non può cadere nella trappola e attestarsi su posizioni ambigue. Chiedere che i proventi delle multe a clienti e sex workers vengano riconvertiti in progetti di prevenzione o reinserimento sociale provoca il risultato contrario di ciò che si vorrebbe. Diventa cioè una forma indiretta di legittimazione di questi metodi e offre su di un piatto d’argento all’avversario la possibilità di rinforzarsi anche con l’argomento dell’investimento in politiche sociali e sanitarie. Chiariti più volte motivi e ragioni che dimostrano tutta la dannosità, la pericolosità, l’inutilità e l’ipocrisia degli interventi repressivi su sex workers e clienti va assunta con forza la posizione espressa da tempo dal Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute e contrastato in ogni modo, sul nascere, ogni tentativo di far regredire la situazione ai tempi bui precedenti la Legge Merlin. Occorre cioè superare il corto respiro di posizioni improntate alla difesa dei purtroppo miseri spazi di intervento sul campo, che ci vengono concessi per tappare i buchi (meglio dire le voragini) lasciati dalla mancanza di serie politiche di programmazione, e rilanciare in avanti. Come? Un primo segnale crediamo di averlo dato scegliendo un’impostazione precisa per l’iniziativa milanese del “Lucciola Party”, con in campo una parte significativa della galassia di realtà che hanno scelto la strada della Limitazione del Danno, delle politiche sociali, della liberazione dei territori. Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, singoli sex workers, associazioni per la lotta contro l’AIDS (LILA, ASA, ALA) e per i diritti degli immigrati (NAGA), centri sociali autogestiti (Leoncavallo, Breda Occupata, Torkiera) Ambulatorio Medico Popolare, Sindacati di Base, consiglieri comunali di Rifondazione Comunista e dei Verdi hanno voluto e saputo mettere in campo una manifestazione di piazza che attraverso anche il suo carattere “festaiolo” ha evidenziato senza timori, alcuni fondamentali punti dai quali partire per rilanciare l’offensiva: dignità pubblica, autorganizzazione e diritti per le persone che si prostituiscono.

* Responsabile area Riduzione del Danno, LILA Milano