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Sulla stampa delle ultime settimane si è fatto riferimento all’utilizzo degli “esami” per verificare l’assunzione di stupefacenti in persone responsabili della conduzione di autoveicoli o altre attività che richiedono lucidità di coscienza e prontezza di riflessi. Poiché mi pare si sia riposta una fiducia eccessiva nella relazione fra positività dell’analisi e gravità dell’alterazione psichico-fisica indotta, vorrei fornire alcuni chiarimenti.

Le sostanze d’abuso possono essere ricercate in diversi materiali biologici: urine, sangue, sudore, saliva, aria espirata, capelli. L’utilizzo dei diversi materiali comporta vantaggi e svantaggi, che dovrebbero essere soppesati in relazione alle finalità dell’accertamento.
Se si è interessati alla verifica di una assunzione pregressa, risalente ad esempio a diversi mesi prima, l’esame più appropriato è quello del capello. L’esame delle urine, che è anche quello più frequentemente utilizzato, con i metodi abituali di indagine consente di collocare l’assunzione in un arco di tempo variabile di 2-3 giorni per la cocaina, 5-7 per l’eroina, un mese ed oltre per la cannabis.

Sia l’esame delle urine che quello del capello si limitano ad indicare l’uso delle sostanze e non aggiungono ulteriori elementi sulla correlazione fra l’assunzione delle stesse e gli effetti prodotti nell’organismo. Informazioni su quest’ultimo aspetto si possono ottenere con l’esame del sangue. Di solito l’andamento degli effetti fisici e psichici prodotti dalla sostanza segue infatti l’andamento delle concentrazioni ematiche: maggiore sarà la concentrazione nel sangue e maggiore sarà l’effetto prodotto. Approssimazioni della concentrazione ematica possono essere ottenute con l’esame della saliva e soprattutto, nel caso dell’alcol, dell’aria espirata: il famoso “palloncino”. Nel caso dell’alcol sono state stabilite e raccomandate, anche per gli accertamenti di carattere legale, delle soglie di concentrazione indicative dei diversi effetti psichici e psicomotori. La stessa cosa non è avvenuta per le altre sostanze, nonostante il razionale scientifico sia il medesimo.

Bisogna precisare in ogni caso che la concentrazione ematica della sostanza correla con gli effetti psico-fisici presenti al momento dell’esame e non al momento dell’assunzione o del comportamento per il quale si indaga. Si consideri inoltre che nel consumatore regolare l’intervento dei meccanismi della tolleranza riduce la predittività delle concentrazioni ematiche. In questo caso a concentrazioni ematiche elevate non necessariamente corrispondono effetti psico-fisici consistenti.
Gli esami di laboratorio di base indicano la presenza della sostanza nell’organismo ed eventualmente la sua concentrazione, ma non accertano la presenza e l’entità delle alterazioni psico-fisiche da essa indotte. Il contesto appropriato per il loro utilizzo è quello tecnico, nell’ambito di valutazioni clinico-tossicologiche articolate sulla base dei quesiti specifici che si pongono.

L’uso degli stupefacenti riguarda oggi fasce di popolazione piuttosto estese (nel caso della cannabis il 12% della popolazione nel 2005). Si suggerisce di evitare considerazioni a cuor leggero su casi di responsabilità e colpe a partire da una generica “positività degli esami”.