Tempo di lettura: 3 minuti

Il testo governativo di modifica della legge sulle droghe è stato depositato in Senato in maggio e quasi in contemporanea è stato presentato il disegno di legge del centro sinistra, che ripercorre le linee del progetto già presentato alla Camera, primo firmatario Marco Boato, e firmato da 83 deputati. Questa proposta vuole offrire una sorta di progetto alternativo alla vera e propria controriforma governativa, che s’impernia sulla riproposizione della dose media giornaliera (ribattezzata “dose massima consentita”), sull’inasprimento del trattamento penale per le droghe leggere, in nome della loro “equiparazione” alle droghe pesanti. Si vuole in sostanza, con piglio ideologico, dare l’impressione di portare avanti una campagna del “pugno duro” contro le droghe.In realtà poco o niente si fa di nuovo contro i grandi traffici, anzi le gelosie nazionali del governo in materia penale e processuale rallentano tutte le iniziative di contrasto internazionale diretto ed indiretto al traffico di stupefacenti, e soprattutto si aggredisce il facile bersaglio dei semplici consumatori. Inoltre è evidente l’attacco al principio della riduzione del danno e ad un sistema dei servizi con offerte terapeutiche differenziate. Ovviamente, ad una maggiore penalizzazione del consumo si accompagnerebbe, come più volte affermato anche da esponenti governativi, il dilatarsi del sistema penitenziario e la sua prevalenza su quello terapeutico e preventivo. È obbiettivamente fallimentare, ed in contrasto con ogni progetto ed interesse riabilitativo e rieducativo, l’applicazione anche di misure amministrative, come il ritiro della patente di guida, che rendono soltanto ancora più difficile un reinserimento sociale del consumatore di stupefacenti. Quanto alle tendenze internazionali, nella gran parte dei paesi europei queste vanno in direzione della depenalizzazione del consumo personale e della distinzione fra droghe leggere e pesanti. Infine, non si può sottovalutare e sottacere il tremendo effetto che un ritorno indietro legislativo (ante 1993) produrrebbe inevitabilmente sulle carceri con un appesantimento della situazione già gravissima della sanità penitenziaria: è facile prevedere un’ulteriore difficoltà nell’accesso al circuito delle misure alternative, già da tempo rallentato, quando non inceppato, a causa delle carenze di organici relativamente a psicologi, educatori, assistenti sociali, magistrati di sorveglianza e personale penitenziario. Si tratta, in poche parole, di una controriforma non solo autoritaria, ma anche priva di ogni serio fondamento. Al contrario, il disegno di legge alternativo si riallaccia al trend europeo verso la decriminalizzazione del consumo, in Italia già sancita dal referendum del ‘93. Il disegno di legge alternativo sposta l’attenzione dalla sfera penale a quella sociosanitaria, per promuovere politiche di prevenzione e di educazione, unite ad iniziative terapeutiche basate possibilmente sulla volontarietà e sulla integrazione multidisciplinare con l’intervento psicologico e sociale. Anche le cosiddette strategie di riduzione del danno, sempre più diffuse in tutta Europa, costituiscono un punto di riferimento, sia per la centralità della tutela della vita umana che esse consentono, sia come presupposto, e non come alternativa, a più incisivi interventi terapeutici. Quanto al carcere, visto l’alto numero di detenuti tossicodipendenti, si cerca di favorire le misure alternative, per permettere interventi di riabilitazione e di reinserimento sociale e lavorativo. Dal referendum del 1993 a oggi, la diversificazione dei servizi, la crescita professionale e la maturazione degli operatori (sia del pubblico che del privato sociale), l’adeguamento delle stesse comunità ai mutati bisogni degli utenti, la sperimentazione di iniziative di prevenzione mirata, le pratiche di riduzione del danno e l’implementazione di nuove strategie più articolate hanno permesso di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali, come l’emersione del sommerso e il nuovo coinvolgimento di persone non raggiunte o abbandonate dai servizi, la diminuzione significativa del numero delle overdose, la forte diminuzione della trasmissione delle patologie correlate tra gli assuntori di sostanze per via endovenosa (significativo il calo dei pazienti sieropositivi e in controtendenza rispetto al resto della popolazione), l’aumento del numero delle persone trattate dai servizi pubblici e seguite dagli operatori con interventi personalizzati, una maggiore collaborazione tra servizi pubblici e privati con la realizzazione di strategie condivise e il rilancio della centralità del territorio e delle sue reti, una maggiore consapevolezza sui rischi e una più diffusa conoscenza degli effetti delle sostanze soprattutto tra la popolazione giovanile. Il legislatore ha il dovere di incoraggiare questi obbiettivi: minori pene, ma certe, meno repressione e più incisivi e mirati interventi riabilitativi. E sopratutto poca ideologia e poca retorica. Non si tratta solo di bloccare la controriforma del governo sulle droghe, ma di far avanzare la nostra riforma: una piattaforma ragionevole e umanitaria, che guarda all’Europa.
* Senatore della Margherita e membro Commissione Giustizia