Accade in Parlamento. Per un parere, arriva in Commissione un disegno di legge del Governo. Alle 20 di sera, senza preannunci e a pochi giorni dalla presentazione. Il relatore fa l’elogio del provvedimento sollecitando un parere favorevole.
E così, distrattamente, si fanno passare leggi di stampo proibizionista, senza neppure una adeguata consapevolezza. La motivazione ufficiale è nella fretta: dal 23 al 29 aprile c’è la settimana mondiale della sicurezza stradale, occasione per incardinare un dibattito nell’aula della Camera dei deputati. In altre parole si potrebbe dire «mettere una bandierina»: noi siamo per la sicurezza stradale. Come? Semplice: moltiplicare le sanzioni amministrative e quelle penali, prevedere multe fino a 24 mila euro e carcere fino a tre mesi per presunta guida sotto effetto di stupefacenti.
Nel disegno di legge del ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, non c’è scritto «presunta», ma purtroppo questa è la realtà. Con gli attuali test in circolazione, la polizia stradale non può identificare se una persona alla guida di un autoveicolo è sotto effetto di stupefacenti; a differenza dell’etilometro, non esiste un test immediato. Secondo la riformulazione dell’art. 187 del codice della strada si prevede che «qualora ricorrano fondati motivi per ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psico-fisica dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope» venga disposto il ritiro della patente per 10 giorni entro i quali il conducente dovrà sottoporsi ad accertamenti. In caso risulti positivo, il conducente rischia l’arresto fino a tre mesi, la multa fino a 12 mila euro, la sospensione della patente da sei mesi a due anni, il sequestro del veicolo e, in caso questo sia di proprietà diversa da quella del conducente, il fermo amministrativo di 180 giorni. La prossima volta, prima di prestare l’auto a qualcuno si chiederà di andare dal notaio per sottoscrivere un atto e premunirsi da eventuali danni. Ma, ancor più grave è la logica e il principio che si insinua nella norma. Di fatto, per la prima volta, si introducono sanzioni penali per il mero consumo di stupefacenti, visto che non sarà possibile dimostrare dai test se, ad esempio, il conducente fermato il sabato sera, quello spinello che lascia traccia per 30 giorni nelle urine, se l’era fumato immediatamente prima di mettersi alla guida o un paio di settimane prima. In maniera completamente illegale, per quanto riguarda il codice della strada, si interviene penalmente dietro accertamento dell’assunzione di una sostanza e non dello stato del conducente.
Cosa c’entra questo con la sicurezza stradale? Assolutamente nulla, a meno che non si creda che grazie all’inasprimento delle pene ci sarebbero meno comportamenti delittuosi: proprio in questi giorni sono comparse le statistiche che fanno sapere come, dall’introduzione della patente a punti, le infrazioni al codice della strada non sono diminuite, ma aumentate, e questo accade non solo in Italia. La logica del «punisco, reprimo, mostro la mascella dura e induco un sano comportamento», si è mostrata – per l’ennesima volta – non solo non appagante, ma foriera di maggiori infrazioni. Eppure sarebbe molto semplice, senza neanche dover coinvolgere il legislatore, con semplici atti di governo e di amministrazione: ma informare, prevenire, mettere in sicurezza le strade, predisporre maggiori controlli e più pattuglie, per il momento non sono una priorità. La dimostrazione sta nella mancanza della nota tecnica allegata, cioè di copertura finanziaria: aumentare le multe non ha costi. Fare provvedimenti dannosi, sì.