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«Il controllo sulla droga funziona»: Antonio Maria Costa, il direttore dell’agenzia Onu sulle droghe (Unodc), in apertura dell’edizione 2007 del rapporto mondiale, ripete il perentorio giudizio già espresso nel rapporto precedente. Giustificato dal trend di “stabilizzazione”, nella produzione e nei consumi, che le cifre (sempre a detta di Costa) mostrerebbero in maniera inequivocabile.

È evidente che il direttore dell’Unodc sta scaldando i muscoli in vista di Vienna 2008, il meeting mondiale sulle droghe che si terrà alla scadenza dei dieci anni dall’assemblea generale di New York del 1998: quella che aveva come slogan «un mondo senza droga, possiamo farcela». La stessa che aveva stabilito di «eliminare, o almeno significativamente ridurre, le coltivazioni di coca, papavero e canapa e la produzione di droghe sintetiche in dieci anni». Tra “la significativa riduzione” (per non dire la “eliminazione”) e la “stabilizzazione” c’è una bella differenza, materiale, simbolica e politica: davanti alla quale Costa gira la testa dall’altra parte. Non è problema dappoco, ciononostante seguiamo l’analisi dei dati.
Coltivazione. Il rapporto suona la grancassa. Per l’eroina si enfatizza la concentrazione dei campi coltivati in Afghanistan e la repentina diminuzione delle piantagioni nel “Triangolo d’oro”. Per la cocaina c’è una caduta del 29% delle aree coltivate, nel periodo dal 2000 al 2006, solo per la canapa si riconosce la difficoltà nelle stime, poiché sono ben 172 (sic!) i paesi in cui si coltiva la pianta. Solo che – qui sta l’artificio per non dire l’equivoco in cui rischia di cadere l’ingenuo lettore – alla riduzione delle aree coltivate non corrisponde affatto una riduzione della produzione, e neppure una stabilizzazione. Si scopre così che, grazie alla maggior resa delle piantagioni, la produzione di oppio nel 2006 si è attestata sulle 6610 tonnellate (battendo così il record del 1999 di poco al di sotto delle 6000 tonnellate), con un aumento del 43% rispetto al 2005 (p.11). Quanto alla cocaina, il documento riconosce «che le tecnologie più sofisticate» hanno addirittura permesso una lievitazione della produzione, nonostante la contrazione delle aree coltivate. Se infatti le coltivazioni di coca si sono stabilizzate dal 2002 intorno ai 160.000 ettari (dopo il picco del 1999), la produzione di cocaina ha avuto un brusco rialzo dal 2004, attestandosi a quasi mille tonnellate (i valori più alti mai registrati dal 1990 in poi). La canapa è una “stecca” ancora più clamorosa nella marcia trionfale di Costa. La produzione è cresciuta dalle 21.700 tonnellate del 1992 alle 42.000 del 2005. Il preteso “contenimento” si baserebbe sull’evoluzione dal 2004 al 2005. Nel 2004 si è toccato il record assoluto di 45.000 tonnellate, mentre le 42.000 tonnellate del 2005 riportano la produzione ai livelli del 2003.
Sequestri. In forte aumento, grazie al miglioramento della cooperazione fra agenzie di repressione: le polizie intercettano il 42% della produzione di cocaina e il 26% di quella di eroina. In aumento anche quelle di droghe sintetiche stimolanti (amfetamine e metamfetamine). Fa eccezione la canapa, con un calo di sequestri nel 2005, in ragione – si dice – della domanda stabile e della crescente coltivazione domestica.
Dunque un successo senza riserve, che dovrebbe tradursi in minore disponibilità di droga per i consumatori, nonostante la lievitazione della produzione. Peccato che i conti (alla lettera) non tornino, secondo la ricerca di Sandro Donati che, per conto dell’associazione Libera, ha esaminato le cifre sulla cocaina. Dai dati Unodc, la produzione a livello mondiale sarebbe di 937 tonnellate: cifra che non è sufficiente nemmeno a coprire l’ammontare di cocaina consumata nel nord e nel sud America (450 tonnellate, secondo la Dea), una volta sottratte le 490 tonnellate di sequestri effettuati nelle stesse due Americhe! Che ne è allora delle 300 tonnellate di cocaina date per consumate nel resto del mondo? E che ne è dell’“allarme cocaina” in Europa e in Italia, se i consumi americani rastrellano tutta la droga disponibile e anche qualche tonnellata in più?
Dunque anche l’aritmetica va sacrificata pur di nascondere il fatto che il “contenimento del problema droga” è una pura invenzione visto che la disponibilità di droghe illegali è aumentata. Un indizio inequivocabile in questa direzione è l’abbassamento costante del prezzo delle principali sostanze sul mercato illegale. Un dato reperibile nello stesso World Drug Report, a spulciare con attenzione: ad esempio, il prezzo medio europeo al dettaglio per grammo di cocaina era di 90 euro nel 2001, di 67 nel 2006; per l’eroina: 71 euro (per grammo) nel 2001, 58 nel 2006.
Come sostenere allora che «il controllo sulla droga funziona»? Col classico coniglio fuori dal cappello:
il 5% della popolazione mondiale usa droghe, «un livello assai più basso dell’uso di tabacco» (al 28%)

– si dice. Notazione che sottintende l’assunto, non dimostrato, che le leggi determinino il livello dei consumi, in contrasto coi numerosi studi che illuminano il ruolo preponderante delle variabili socioculturali rispetto a quelle legali. E che da sola getta un’ombra sulla serietà, per non dire sul rigore scientifico, del documento. Morale della favola: la scienza agli scienziati, la propaganda ai prestigiatori delle Nazioni Unite.