Sono passati meno di due anni da quando si poteva leggere nel programma dell’Unione che avrebbe poi vinto le elezioni: «Alla tolleranza zero bisogna opporre una strategia dell’accoglienza sociale per la persona e le famiglie che vivono il dramma della droga, a partire dalla decriminalizzazione delle condotte legate al consumo (anche per fini terapeutici) e quindi dal superamento della normativa in vigore dal 1990. (…) Il decreto legge del governo (di centrodestra, ndr) sulle tossicodipendenze deve essere abrogato».
Allora era forte la convinzione che si sarebbe voltato pagina e fu straordinaria l’assemblea di Bologna del febbraio 2006, con l’adesione delle regioni che erano e sono ancora a netta maggioranza di centrosinistra, così come lo sono le amministrazioni locali. Le realtà professionali, i servizi pubblici e privati, i consumatori, pur con posizioni diverse, assaporavano un vento di cambiamento che avrebbe fatto uscire il paese dal clima d’oscurantismo culturale, di moralismo prezzolato, di scienza mercificata, di esperti senza esperienza che la destra aveva imposto con un miscuglio di arrogante paternalismo e di allarmismo mediatico. Il fulgore del fasto decadente fu ottenuto con la fallimentare conferenza nazionale di Palermo, largamente disertata da istituzioni ed associazioni, e con la grottesca approvazione di una legge la cui oscenità ha dovuto essere coperta dalle trasparenti vesti di un decreto sulle olimpiadi invernali imposto con voto di fiducia (visto che nessuno si fidava e molti un po’si vergognavano).
Dopo la vittoria dell’Unione, la speranza era che gli integerrimi parlamentari di quello schieramento avrebbero applicato quanto sottoscritto: nessuno poteva immaginare che i timorati di Dio dell’Unione, ed in particolare alcuni cattolici ulivisti e vagamente di centro, dicessero le bugie. L’inganno era certo a fin di bene, una sorta di infiltrazione nelle file nemiche, laiche ed immorali, per vincere la grande battaglia finalizzata all’esportazione armata della verità e dei valori universali della curia romana: così, teodem, teopop e atei devoti, ebbri delle proprie convinzioni e benedetti da prelati tutt’altro che sobri e con un quadro inequivocabile di sindrome di dipendenza dal potere e dai suoi privilegi, si sono lanciati allo snaturamento del programma dell’Unione su temi fondamentali, tra i quali l’abrogazione della Fini Giovanardi. Non si è trattato pertanto di mancanza di una maggioranza per modificare una legge, ma di presenza di una maggioranza dopata dall’inganno per produrre la suggestione della vittoria elettorale.
Dopo la caduta del governo Prodi al Senato, non sappiamo ancora se la prospettiva del voto sia a breve o brevissimo termine. L’auspicio è di non passare dall’ oscurantismo implicito di questi mesi al ritorno di quello esplicito della destra; e sarebbe triste pensare a questo come ad un antidoto all’attuale immobilismo, come se la sinistra sapesse essere vitale solo se all’opposizione. Ma nella palude odierna rimane in ogni modo uno spazio politico da praticare, anche in vista delle elezioni, per una solida azione culturale che ricompatti il mondo di coloro che non amano la semplificazione di un consumo condannato alla galera. Per fare questo si deve però uscire dal tatticismo legato alla ricerca di piccoli o grandi interessi di bottega, dagli allarmismi e dalle falsità scientifiche seminate ad uso e consumo della intangibilità della Fini Giovanardi, per raccogliere il plauso degli umori più torpidi (a destra e a sinistra) quanto a intolleranza e disprezzo dello stato di diritto.