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La tortura non è ancora reato. E chissà ancora per quanto non lo sarà. Il 2006 si era concluso con la rapida approvazione alla Camera di una proposta di legge che, pur non contenendo la migliore formulazione possibile, comunque consentiva l’incriminazione del torturatore. Dopo lunghi mesi di stallo parlamentare, in estate, la Commissione giustizia del Senato ha licenziato il disegno di legge, che presentava miglioramenti rispetto a quello approvato a Montecitorio. La tortura tornava così ad essere un reato proprio, punito in modo severo, definito più o meno allo stesso modo di quanto previsto dalla Convenzione dell’Onu del 1984. A settembre, però, ricomincia la melina. Alleanza Nazionale smentisce il proprio senatore Buccico, relatore del provvedimento in Commissione, e insieme a Lega e Forza Italia riempie l’Aula di una valanga di emendamenti fortemente peggiorativi dei contenuti del testo allo scopo evidente di interrompere il corso del disegno di legge.

Ora voci parlamentari dicono che tutto è bloccato, che settori dell’Unione non amano più il provvedimento, che si andrà a discuterlo subito dopo la Finanziaria. Tutto ciò è sconcertante. La tortura è un crimine contro l’umanità. Non lo dicono Antigone o Amnesty International. Lo dicono le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa. Eppure da vent’anni l’inadempienza italiana si perpetua. Nel frattempo il centrosinistra ha trovato il tempo e le energie per scagliarsi contro lavavetri, prostitute, accattoni, ambulanti, rumeni. Non ha trovato il tempo per criminalizzare quei pubblici ufficiali che infliggono sofferenze fisiche o psichiche al fine di estorcere confessioni o di umiliare le persone custodite.
L’introduzione del delitto di tortura nel codice penale dovrebbe essere una tipica azione legislativa bipartisan. È un tema che attiene ai diritti umani, che caratterizza la buona salute di un sistema democratico. Vorremmo che la destra nostrana – e alcuni settori del centrosinistra – fossero meno furbescamente interessati ai diritti umani nel quarto e quinto mondo e fossero più onestamente coinvolti da ciò che riguarda il nostro Paese. Ci appelliamo al Presidente del Senato Franco Marini affinché faccia uscire il provvedimento dalle sabbie mobili dove è stato colpevolmente lasciato. Basterebbe un guizzo di buona volontà per approvarlo a novembre tra un passaggio e l’altro della Finanziaria tra Senato e Camera. Successivamente alla Camera potrebbe essere definitivamente approvato in sede legislativa dalla Commissione giustizia. Non è troppo chiedere a un Senato sempre in bilico di concentrarsi su un provvedimento di respiro universale. Non è troppo chiedere alle destre di dimostrare la loro lontananza da antiche radici illiberali. Non è troppo chiedere all’Unione di ritrovare la propria unità su una questione che concerne direttamente i diritti fondamentali della persona. La speranza è che qualcuno a destra e a sinistra legga questo articolo e che si ricordi che l’Italia siede da poco nel Consiglio sui diritti umani dell’Onu. Un posto che bisogna pur saper meritare.