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Dall’8 al 10 giugno 1998 si terrà a New York la speciale sessione sulle droghe dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: è un evento politicamente rilevante che richiamerà molti capi di governo da tutto il mondo e delegazioni ufficiali ad alto livello per predisporre l’agenda politica mondiale sul controllo delle droghe per i prossimi dieci anni. Era stato il governo messicano a proporre, nel 1993, di convocare un summit delle Nazioni Unite sulla droga, sull’esempio della Conferenza mondiale sul futuro del Pianeta di Rio, o di quella delle donne svoltasi a Pechino nel 1995. L’idea era di avviare una riflessione a livello mondiale sulla reale efficacia delle strategie antidroga perseguite nell’ultimo decennio: questo bilancio avrebbe permesso di individuare eventualmente nuove politiche.

DIECI ANNI DOPO
Dopo un lungo dibattito, il proposito iniziale è uscito molto ridimensionato, con la convocazione di un’assemblea generale, e stravolto negli obbiettivi. È stato scelto, non a caso, il 1998, anniversario decennale della Convenzione di Vienna sul controllo del narcotraffico. La risoluzione del 23 luglio 1996, che formalmente convocava la speciale sessione sulla droga del prossimo giugno, stabilisce che questa "dovrà valutare la situazione attuale nell’ambito di un approccio globale a tutti gli aspetti del problema, con particolare riguardo al rafforzamento della cooperazione internazionale nel contrasto alle droghe illegali, e facendo riferimento alle linee portanti della convenzione di Vienna e di altre rilevanti Convenzioni e strumenti internazionali". Seguono gli obbiettivi prestabiliti, tra cui "l’estensione dell’adesione alla convenzione del 1988 a tutti gli stati che finora non l’abbiano sottoscritta, il rafforzamento della cooperazione internazionale nell’applicazione della convenzione stessa, l’adozione di programmi, anche a livello internazionale, per ridurre la domanda di droghe illecite", e, dulcis in fundo, lo sviluppo dei programmi di distruzione delle coltivazioni illecite e il rafforzamento del coordinamento fra gli stati sotto l’egida dell’ONU per combattere il crimine organizzato e il terrorismo internazionale coinvolto nel narcotraffico e nel commercio illegale di armi.

SOVRANITÀ LIMITATA
Fra gli obiettivi delineati non c’è alcuna menzione della diversità di strategie fra i diversi Paesi (fra gli Stati Uniti per esempio, e i Paesi europei che hanno adottato politiche di riduzione del danno) e di un confronto sull’efficacia delle diverse politiche. Né potrebbe essere diversamente, visto che tutti attengono al campo della repressione, secondo la classica riproposizione dei pilastri della "war on drugs", senza alcuna menzione agli aspetti sanitari e sociali del problema delle droghe e della tossicodipendenza. Anche il riferimento al coordinamento internazionale per "programmi di riduzione della domanda" va inteso come una pressione sugli stati che hanno sinora adottato legislazioni meno punitive, per estendere la repressione anche ai semplici consumatori. Non abbiamo dimenticato che la relazione al Parlamento italiano sull’attuazione della legge antidroga per il 1994, presentata dall’allora ministro Ossicini, si faceva scudo proprio della Convenzione di Vienna per sferrare un attacco frontale alle norme di (parziale) depenalizzazione del consumo uscite dal referendum, che sarebbero state in contrasto con quel trattato internazionale. L’interpretazione era forzata e "di parte", senza contare che vi è comunque un ambito di sovranità nazionale, pienamente esercitata dal popolo nell’espressione della volontà referendaria. Ma è pur vero che essa rifletteva le pressioni politiche degli organismi ONU sull’Italia, che strumentalmente possono esser sempre agitate da chi vagheggia inasprimenti penali e si oppone a riforme più ragionevoli.

IL DOGMA DELLA PROIBIZIONE
È chiaro dunque che questa sessione speciale sulla droga rischia di trasformarsi in qualcosa di assai diverso da quello che si pensava potesse essere: non un momento di confronto aperto e obbiettivo sui risultati delle politiche finora perseguite sul terreno del (fallimentare) contrasto al traffico illegale, e sui costi sociali del proibizionismo, bensì un palcoscenico mondiale su cui esibire all’applauso le vecchie strategie, con una claque ben orchestrata. I lavori preparatori dell’assemblea sono stati con ogni evidenza egemonizzati dalla burocrazia ONU sulle droghe, seguendo l’impostazione del rapporto 1997 dell’INCB (International Narcotic Control Board): come sottolineava Giancarlo Arnao (Fuoriluogo, aprile 1998), la finalità di questo organismo internazionale non è tanto di analizzare e riflettere sulle politiche, quanto di richiamare "all’ordine" gli stati che si allontanino dal dogma delle convenzioni ONU. Non è però un evento che può esser sottovalutato. La sessione speciale delle Nazioni Unite approverà una dichiarazione politica che sarà la base per il "Piano decennale di azione mondiale contro le droghe" del Duemila, e un documento di indirizzo per "linee guida sulla riduzione della domanda"; oltre a una serie di misure per controllare il riciclaggio di denaro sporco, per coordinare l’azione giudiziaria a livello internazionale, e altre ancora, come si è già accennato. L’agenda è, come si può capire, rigidamente prefissata. Tuttavia, in sede di dibattito generale non è previsto alcun ordine del giorno specifico e le delegazioni dei vari Paesi possono svolgere interventi politici complessivi, sollevando questioni in precedenza censurate nel calendario dei lavori della sessione speciale. Non è un obbiettivo facile. I capi di stato e di governo che parteciperanno all’assemblea saranno con ogni probabilità condizionati dalla preoccupazione di non "uscire dal coro" su un argomento dove è così forte la pressione politica. E non è detto che anche i politici europei, che pure seguono in patria indirizzi più innovativi, vogliano far sentire la loro voce. L’atteggiamento di questi Paesi si è finora limitato a cercare di difendere spazi di autonomia, per sperimentare localmente nuove strategie. Così è per la Svizzera, che ha sinora risposto puntigliosamente alle obiezioni dell’ONU circa la sperimentazione di eroina terapeutica, senza però contestarne alla radice l’indebita ingerenza e le storture ideologiche, per un’ovvia valutazione dei rapporti di forza. Così è per l’Olanda, che ha sinora resistito alle critiche alla strategia di separazione dei mercati delle droghe e ha varato un progetto per la somministrazione controllata di eroina: Freek Polak, su queste stesse pagine di Fuoriluogo, bene illustra l’atteggiamento degli ispettori dell’INCB, ufficialmente recatisi in visita nei Paesi Bassi per raccogliere informazioni sul disegno scientifico della sperimentazione, in realtà inviati speciali per istruire un processo politico degno della Santa Inquisizione in sede ONU. Per non dire di Paesi come l’Inghilterra. Le dichiarazioni di Blair a sostegno, o meglio si potrebbe dire in ossequio, agli orientamenti statunitensi sulle droghe, dimostra che questo tema è utilizzato come al solito quale "merce di scambio" per giochi politici di schieramento internazionale.

ARLACCHI IL TALEBANO
I rischi sono dunque assai gravi. Le linee guida sulla riduzione della domanda, che come si è detto saranno varate dall’assemblea di giugno, costituiranno la falsariga degli interventi per tutti quei Paesi che sinora non hanno adottato strategie in questa direzione. Non solo non ci sarà alcuno spazio per le politiche di riduzione del danno, che pure sarebbero assolutamente necessarie anche nei Paesi del Terzo mondo, che assistono ad un’enorme diffusione dell’infezione HIV. Ma è probabile che saranno messi sul banco degli accusati i governi europei che più si sono impegnati in questa direzione. Senza contare il danno che può derivare dalla riconferma, in una sede internazionale così solenne, delle azioni di repressione sui Paesi produttori. Come se non bastassero la violenza, la corruzione e la diffusione del crimine generati dal traffico illegale di droga, alcuni interventi di contrasto, invece di limitare questi fenomeni, possono al contrario impedire lo sviluppo economico e sociale di questi Paesi, destabilizzare le nascenti democrazie, incoraggiare la violazione dei diritti umani e civili, danneggiare l’ambiente. L’assegnazione di sostanziosi contributi economici al regime dei Taleban dell’Afghanistan, difesa a oltranza da Arlacchi, è un valido esempio. Chi avrà il coraggio di criticare questo intervento nella "tana del lupo" dell’ONU, come è stato invece possibile in sede europea col coraggioso intervento di Emma Bonino? È, d’altro lato, difficile criticare questa politica sulla base dei risultati sin qui raggiunti. L’approccio pragmatico è di per sé estraneo alla filosofia totalitaria della "war on drugs". È illuminante a questo proposito un passo del già citato rapporto 1997 dell’INCB: "Le strategie di riduzione dell’offerta dovrebbero raggiungere lo scopo di rendere più difficile la reperibilità delle sostanze per chi ne fa uso, tramite l’aumento dei prezzi al consumo e l’effetto deterrente della legge penale. Sotto questo aspetto il risultato è indubbiamente insoddisfacente. Tuttavia dobbiamo chiederci: che cosa sarebbe successo se queste strategie non fossero state adottate?" (sic!).

UNA RAGIONEVOLE MOBILITAZIONE
In conclusione. Non c’è da aspettarsi che questa speciale sessione dell’ONU possa rappresentare un momento di bilancio critico delle attuali politiche, come era negli intendimenti originari. Ma noi che siamo impegnati sul versante antiproibizionista e quanti altri si battono perché la questione droghe sia trattata come problema sociale e non penale, dobbiamo batterci per "ridurre i danni" che possono scaturire da questo appuntamento mondiale. È in atto una vasta mobilitazione di movimenti, associazioni, organizzazioni non governative perché voci differenti dagli orientamenti ufficiali e contributi di analisi e ricerca più innovativi possano avere spazio a lato e in concomitanza dell’appuntamento ufficiale. Forum Droghe ha aderito all’appello per una Lega mondiale contro la "guerra alla droga", che è già stato firmato da una cinquantina di associazioni di diversi Paesi, qui pubblicato nella pagina precedente. L’intento è di riproporre l’evento politico che segnò la IV Conferenza mondiale delle donne di Pechino, quando il Forum parallelo delle organizzazioni non governative di Huariou richiamò un interesse pari, se non superiore, alla tribuna ufficiale dell’ONU. Forse i tempi per un movimento internazionale a favore di politiche "ragionevoli" sulle droghe non sono ancora così maturi. Vale però la pena di provarci.