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La presentazione della Relazione 2006 sullo stato delle tossicodipendenze è stata sfruttata dai giornali e dalle televisioni per lanciare ancora una volta l’“allarme droga”. Se passa il messaggio terrorizzante dell’emergenza droga, se il titolo più usato dai maggiori quotidiani è “Un italiano su tre fuma spinelli”, vuol dire che la Relazione non ha centrato la sua mission, informativa e formativa.
L’articolo 131 del Testo Unico prevede che ogni anno vengano presentati al Parlamento i dati sullo stato della tossicodipendenza, sulle strategie adottate, sugli obiettivi raggiunti, nonché sugli indirizzi che saranno seguiti, con anche un’analisi sull’utilizzo dei fondi erogati. Se non ricordo male questa previsione fu adottata sulla base di un mio emendamento durante la discussione in Commissione al Senato del disegno Jervolino Vassalli; in ogni caso nella Relazione di minoranza nel 1989 scrivevo che questa era l’unica norma positiva perché ogni anno si sarebbe presentata l’occasione di discutere i risultati e riproporre, di fronte al fallimento inevitabile, una inversione di rotta.
Quali dati dovrebbero essere raccolti e presentati? Nella legge sono indicati chiaramente e soprattutto è previsto l’organismo deputato a questo compito. Si tratta dell’Osservatorio permanente che dovrebbe essere disciplinato da un decreto del ministro per la solidarietà sociale. In realtà, nonostante l’invito della Conferenza di Napoli di dieci anni fa, l’Osservatorio è rimasto sulla carta e il ministro Ferrero, pur avendo chiuso l’esperienza del Dipartimento nazionale antidroga e riportato le competenze all’interno del suo ministero, nulla ha fatto per far vivere l’Osservatorio (e ha continuato come i suoi predecessori a delegare le analisi al Cnr).
Quest’anno sarebbe stato necessario un segno di discontinuità profonda. Eppure, dalla tematizzazione stessa del rapporto, dalla (scarsa) quantità e qualità dei dati offerti, non emergono elementi validi per valutare l’impatto della nuova legge, specie sotto l’aspetto penale.
Invece di offrire una bussola di interpretazione politica e culturale del fenomeno, si susseguono capitoli sui consumi, sui consumatori problematici, sulla prevenzione e sui trattamenti, senza però centrare il nodo discriminante.
Da questo punto di vista assolutamente stravagante appare l’inserimento nel capitolo dei trattamenti delle segnalazioni alle prefetture ex articolo 75 del dpr 309/90 e le conseguenti sanzioni amministrative assai aggravate dalla Fini-Giovanardi. Nonostante le carenze suddette, colpiscono alcuni dati. Ad esempio, sono in aumento gli arresti e le segnalazioni. Il 76% dei soggetti risulta segnalato per la prima volta e nel 75% dei casi la segnalazione è per possesso di canapa. Le sanzioni adottate dai prefetti sono state ben 7.146 e 5.816 giovani sono stati inviati al Sert per il trattamento terapeutico.
Per piccolo spaccio (articolo 73 del dpr 309/90) sono state 29.593 le denunce e risultano entrate in carcere 25.399 persone di cui il 60% censito come tossicodipendente. Nella Relazione non risulta la sostanza oggetto del reato, d’altronde l’unificazione delle tabelle porta alla indifferenziazione delle sostanze e alla medesima pena, da sei a venti anni di carcere. Ma andando a consultare le Tavole del dischetto allegato si trova la conferma che la sostanza più perseguita (o perseguitata?) è la canapa. Infatti le operazioni antidroga riguardanti la cannabis sono state 9.407, pari alla somma di quelle riguardanti eroina e cocaina. I sequestri vedono sempre un netto primato dell’erba. Le persone di nazionalità italiana deferite all’autorità giudiziaria per piccolo spaccio di cannabis sono state 8.717, nettamente superiori a quelle relative alle altre sostanze. Va ricordato che in base alla nuova legge le pene inflitte saranno molto più gravi che con la legge precedente. Un dato di enorme gravità e che avrebbe dovuto essere al centro delle valutazioni della relazione è il numero dei procedimenti penali pendenti al 31.12. 2006, che vedono coinvolti 99.825 adulti e 2.888 minorenni (queste cifre si scoprono solo consultando gli allegati)!
Un capitolo che meriterebbe un maggiore approfondimento è quello relativo ai “costi sociali” legati all’uso di droghe. Al vertice il costo dell’applicazione della legge penale, che ammonta a 2.798.000.000 euro (sic!). L’elenco indiscriminato dei più svariati “costi sociali” (dalla repressione, alle spese sociosanitarie, al costo delle sostanze sul mercato illegale, alla “perdita di produttività”) suggerisce che alla radice del problema sia l’uso di droga e non le scelte politiche e legislative. Ad esempio, la criminalizzazione di massa e la incarcerazione di centinaia di migliaia di persone dal ‘90 in poi (per un totale di 250.000 anni di galera!) originano dalla legge più che dal consumo, ma l’impianto teorico scelto dalla Relazione preclude questa riflessione critica. Il ministro Ferrero ha dichiarato che il tempo della pazienza è finito e che è necessario arrivare a una normativa che abolisca l’assurda legge Fini-Giovanardi. La Relazione, purtroppo è stata un’altra occasione mancata per ragionare sui guasti della sua applicazione.