«Una battaglia che si può vincere», scrive in epifrasi alla Relazione sulle tossicodipendenze per il 2007 il Sottosegretario Giovanardi. E poi, trascinato dall’euforia del presidente netturbino, «la droga è come la spazzatura: va rimossa. È giusto non inquinare l’ambiente fuori, ma soprattutto, non inquinare le persone dentro». Meglio, decisamente meglio, l’inno alla vita di Madre Teresa di Calcutta, riprodotto in calce all’introduzione del delegato alla war on drugs.
Ricca la Relazione annuale sulle tossicodipendenze predisposta dall’Istituto del Cnr su incarico dell’ex Ministro Ferrero: circa trecento pagine al netto della documentazione allegata in un apposito cd. Finanche eccessivamente ricca di informazioni; povera però di indicazioni politiche. Se l’invenzione della Relazione al Parlamento voleva essere quella di offrire l’occasione per un confronto di merito sugli indirizzi politici in materia di droghe, come ricordato ancora lo scorso anno da Franco Corleone, va detto che, così come è congegnata, non risponde alle necessità. Pesa, certo, anche lo scollamento tra analisi scientifica e indirizzi politici, sì che Giovanardi possa ringraziare i ricercatori per il lavoro svolto sulla base delle indicazioni del suo predecessore, come se fosse possibile una neutralità dell’indagine scientifica agli indirizzi politici del (e dunque alla selezione dei temi proposti dal) committente.
Ma torniamo a Giovanardi e al suo tocco politico introduttivo. Innanzitutto, va detto, «la battaglia si può vincere» perché il nostro è finalmente tornato nella stanza dei bottoni. Di fronte a una diffusione dei consumi registrata dalla Relazione come relativamente stabile, e a risposte istituzionali sostanzialmente immutate, il Sottosegretario che tre mesi fa avrebbe annunciato l’Apocalissi, oggi tranquillizza: «il fenomeno delle tossicodipendenze in Italia è grave, ma non assume i contorni allarmistici e le dimensioni numericamente drammatiche di cui si sente parlare ogni giorno». Positivo, ovviamente, il giudizio sulla revisione del testo unico da lui firmata con l’attuale Presidente della Camera: «a due anni dalla sua approvazione… ha viceversa dispiegato pienamente i suoi effetti positivi». Quali non è dato di sapere, a parte il fatto che le carceri non si siano ulteriormente riempite di tossicodipendenti, come avevamo temuto. Ma per ottenere questo risultato – in realtà merito della intelligenza pratica degli operatori – bastava non approvare quella legge.
Di fronte a noi, la minaccia di una nuova Conferenza nazionale sulle droghe, nella quale valutare anche la possibilità di ritocchi al testo unico, per vietare le smart drugs – per esempio, ma tenendo ferme le tavole della legge della nostra pietosa war on drugs: illiceità del consumo; distinzione del trattamento sanzionatorio del consumatore e dello spacciatore, finalizzazione dei trattamenti al pieno recupero della persona. Che poi l’illiceità delle droghe si fermi (per fortuna) sulla soglia delle droghe che la legge non definisce tali è problema che non sfiora il Sottosegretario; che poi qualche consumatore per farsi spacci, ovvero che qualcun altro venga preso per spacciatore pur non essendolo, nemmeno; quale sia poi il «pieno recupero della persona», e se possa passare attraverso quella giaculatoria di sanzioni penali e amministrative previste dalla legge, di tutto ciò non dubita il Sottosegretario.
Un nuovo inverno ci attende, sperando che dal territorio e dal contesto internazionale possano venire prassi e sperimentazioni che incrinino la gabbia d’acciaio in cui ci vogliono rinchiusi i guerrieri della droga.