L’oppio è il lattice disseccato ottenuto dalle capsule del papavero sonnifero (Papaver somniferum), originario dell’area mediterranea e coltivato da tempo immemorabile in molti paesi. Contiene alcaloidi (morfina, codeina, ecc.) molto usati in medicina. Oggi si usano anche oppioidi semisintetici (es. eroina, buprenorfina), o completamente di sintesi (es. meperidina, metadone, fentanyl). Sul mercato illegale, l’oppioide più comune è l’eroina (diacetilmorfina), il derivato più potente (e quindi più redditizio) fra quelli di facile preparazione a partire dall’oppio.
La dose standard di morfina come analgesico è di 5 mg per via endovenosa, 10 mg per via intramuscolare, 30 mg per bocca. L’effetto analgesico è di 4-6 ore. Con il tempo e secondo le necessità, queste dosi possono salire indefinitamente nel trattamento del dolore cronico. L’eroina (originariamente prescritta solo per uso orale, come sedativo della tosse) è oggi usata, come analgesico iniettabile, solo in pochi paesi, tra cui Gran Bretagna, Canada, Olanda, Svizzera. I suoi dosaggi sono circa la metà di quelli della morfina.
E’ da ricordare che fin dall'antichità l'oppio fu largamente usato come farmaco, sotto forma di preparati per via orale. Solo negli ultimi decenni dell’800, dopo le "guerre dell'oppio" e soprattutto dopo l'isolamento della morfina e l'invenzione della siringa ipodermica, con l'aumento dei consumi non strettamente medici, comincia a serpeggiare la preoccupazione per gli oppiacei (Jay, 2002).

Gli effetti

Gli oppioidi agiscono, principalmente sul sistema nervoso centrale, a livello di un sistema specifico (“sistema oppioide endogeno”) di recettori cellulari e di mediatori biochimici, le cosiddette “endorfine”, normalmente presenti nell’organismo umano.
In medicina gli oppioidi sono assolutamente insostituibili come analgesici (dotati contemporaneamente di azione tranquillante), e si usano anche come antidiarroici e calmanti della tosse. Effetti collaterali frequenti sono la nausea e il vomito, specie all’inizio, e soprattutto la stitichezza, che può costituire un problema serio e persistente. Gli oppioidi - particolarmente nell’uso cronico, in cui si sviluppa “tolleranza” (vedi sotto) a molti dei loro effetti - interferiscono solo in modo trascurabile con le funzioni intellettuali e il coordinamento neuromuscolare.
Nell’uso illecito, l’oppio è preso per bocca o “fumato”, facendolo evaporare al calore. L’eroina è “sniffata”, “fumata” o iniettata. L’effetto dell’eroina dura dalle 3 alle 6 ore, oltre le quali la persona “dipendente” inizia a sentire il bisogno di ripetere la dose.

Uso non-medico

L’uso non-medico degli oppioidi, è legato probabilmente, più che alle loro caratteristiche intrinseche, alla particolare risposta di alcune persone ai loro effetti, nonché ai contesti socioculturali in cui avviene il consumo . Più di ogni altro tipo di “droga”, gli oppioidi sfuggono alle facili interpretazioni. La maggior parte delle persone che sperimentano gli oppioidi non provano nessuna euforia, ma solo uno stato di apatia, sedazione e ottundimento mentale, in molti casi vissuto come sgradevole. Se si persevera nell’uso, queste sensazioni negative tendono in breve a scomparire, anche se non sempre saranno sostituite da sensazioni particolarmente piacevoli. Probabilmente solo una piccola minoranza di persone - per motivi tuttora non chiari - trae fin dall’inizio dagli oppioidi un forte senso di appagamento, gratificazione e pacificazione interiore, che porta facilmente all’uso ripetuto e alla dipendenza. In molti casi sembrano particolarmente importanti gli effetti di stabilizzazione dell’umore e di riduzione della tensione interna e degli impulsi aggressivi.
Come già accennato, per tutto l’ottocento e fino a ben oltre la prima guerra mondiale, l’oppio è il farmaco più conosciuto e usato da una maggioranza di persone di ogni ceto, che lo consumava come oggi si consumano analgesici, antinevralgici e tranquillanti, ossia per alleviare un malessere fisico o morale (Cappuccino, 1999, p.37). Col passaggio alla proibizione, la morfina e l’eroina si legano all’immagine del “drogato”, che sacrifica tutto pur di ottenere la sostanza e continuare a “drogarsi” in maniera compulsiva. In realtà, sin dagli anni ’960, diversi studi - a partire da quelli di Norman Zinberg dell’università di Harvard - hanno dimostrato che esiste un consumo controllato di oppioidi. Perciò, il rapido diffondersi dell’eroina “di strada” a partire dagli anni ’970 andrebbe addebitato a variabili socioculturali (il cosiddetto “setting”), più che alle caratteristiche farmacologiche degli oppiacei. In altri termini, negli anni ’70 e ’80, in Europa e in America, il diffondersi di modelli “incontrollati” (o dipendenti) di uso di eroina è legato al suo innesto nelle subculture della marginalità urbana.

I problemi

L’uso occasionale di oppioidi "di farmacia", presi secondo le regole, non crea problemi, come ci insegna la storia della medicina del secolo scorso. L'uso continuativo determina, col tempo, "tolleranza" (necessità di aumentare la dose per ottenere gli stessi effetti) e "dipendenza fisica" (adattamento dell’organismo alla presenza del farmaco) con la comparsa di un grave e prolungato malessere, accompagnato da tipici disturbi, in caso di sospensione improvvisa (crisi da astinenza).
Le persone attratte dagli oppioidi per i loro effetti euforizzanti, possono facilmente sviluppare addiction (tossicodipendenza). Peraltro, la dipendenza è un fenomeno rarissimo nell’uso terapeutico, in cui gli oppioidi possono essere abbandonati senza problemi, diminuendo gradualmente le dosi per evitare una crisi da astinenza. In una famosa ricerca, su 11.882 pazienti che avevano ricevuto oppioidi a scopo analgesico, solo 4 mostrarono segni di dipendenza (Porter J, Jick H, in New England Journal of Medicine 1980; 302:123). Nell’uso terapeutico, lo sviluppo di tolleranza non è né inevitabile né automatico, e dipende da molti fattori: data la possibilità di aumentare senza danno le dosi (in teoria indefinitamente, cfr. De Conno F, Foley K, 1995, p. 17), non è in genere un problema. (DE CONNO F. - FOLEY K. Cancer pain relief: a practical manual Dordrecht: Kluwer Academic Publishers 1995)

Tossicità

Contrariamente a quanto comunemente si crede, gli oppioidi puri sono “di per sé sorprendentemente non-tossici anche quando sono usati quotidianamente a dosi elevate per molti anni” (C.P. O’Brien in: Cecil Textbook of Medicine, XX ed. 1996, p. 52-3).
Sono noti innumerevoli casi di personaggi illustri, assuntori regolari di oppiacei anche per anni o decenni: lasciando da parte i soliti artisti e scrittori, citeremo solo l'imperatore romano Marco Aurelio, il cardinale Richelieu, lo zar Pietro il Grande, e più vicino a noi lo statista britannico William Gladstone, che aggiungeva un po' di laudano al caffé prima di prendere la parola alla Camera dei Comuni, o il "cancelliere di ferro" Ottone di Bismarck che, si diceva, non parlava mai al Reichstag senza essersi fatto un'iniezione di morfina (Cappuccino 1999, p. 1-2 e p. 52-3). Questo riguarda ovviamente solo l'assunzione di dosi corrette e controllate, come può avvenire con sostanze di farmacia o comunque di alta qualità. Al contrario, l’uso di eroina "di strada" può determinare problemi molto seri. L’eroina del mercato nero è impura, spesso "tagliata" con sostanze potenzialmente dannose e/o contaminata da microrganismi patogeni. Specie se la si assume per iniezione e in cattive condizioni igieniche (mancanza di sterilità, siringhe già usate), sono frequenti le complicanze infettive come tromboflebiti, epatiti, endocarditi, AIDS, ecc. Inoltre, dato che non è mai nota la concentrazione reale del principio attivo nelle droghe del mercato nero, è elevato il rischio di assumere una dose eccessiva (overdose), che può provocare la morte per grave depressione dei centri nervosi che controllano la respirazione.
I neofiti e i consumatori saltuari sono molto più a rischio di overdose rispetto a coloro che hanno sviluppato tolleranza grazie all’uso continuo. Il rischio di overdose è massimo per chi ritorna all’eroina dopo un periodo di sospensione dell’uso, in cui la tolleranza è scomparsa: la dose che un tempo era abituale può in questa situazione essere gravemente tossica o letale.
La presenza contemporanea di sonnolenza profonda (fino al coma), pupille contratte "a punta di spillo" e depressione respiratoria (pochi e superficiali atti respiratori al minuto) è caratteristica dell’overdose da oppioidi e richiede un intervento di emergenza con respirazione artificiale e somministrazione di naloxone (Narcan). Se un oppioide viene assunto insieme ad altri sedativi (alcool, tranquillanti), si può avere un pericoloso potenziamento reciproco.

Per saperne di più:

Berridge V. - Edwards G. Opium and the people: opiate use in nineteenth-century England London: Allen Lane 1981
Cappuccino C. Dall’oppio all’eroina - un maledetto imbroglio Milano: Cox 18 Books 1999
Latimer D. - Goldberg J. Fiori nel sangue Roma: Cesco Ciapanna Editore 1983
Jay Mike, “In principio era legale” e “Il futuro cento anni fa”, in Fuoriluogo, novembre e dicembre 2002

Scheda a cura di Claudio Cappuccino, pubblicata in Welfare in catene, la svolta repressiva sulle droghe (2005), in collaborazione la Cgil Dipartimento Welfare, (a cura di Cecilia D’Elia), Roma