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Sabato, 2 Dicembre 2000

RETROSCENA

Amato scrive alla Turco per sanare la «ferita» del forfait

Una missiva «affettuosa» per giustificare l'assenza alla conferenza di Genova

ROMA - Appena l'ha scorta in aeroporto si è precipitato ad abbracciarla, e mentre lui la stringeva a sé lei non aveva ancora smaltito le tossine di tre giorni di polemiche e di solitudine. «Lo sai che ti stimo e ti ammiro. Certo, ti avrò messa in difficoltà». «Beh, fai un po' tu...». Raccontano che, nonostante tutto, Livia Turco lo abbia infine salutato con un sorriso, «perché Veronesi è fatto così, lui ci crede in quelle cose». E siccome il ministro della Solidarietà sociale lo sapeva, aveva speso un'intera riunione di Governo per concordare con il ministro della Sanità la scaletta degli interventi, e insieme a Fassino si erano messi d'accordo sui discorsi che avrebbero dovuto tenere alla Conferenza di Genova sulle tossicodipendenze. Il Guardasigilli ha rispettato il copione, Veronesi no: secondo quanto stabilito in un Consiglio dei ministri si sarebbe dovuto limitare al tema dei servizi sanitari, invece ha dato voce alle cose «in cui crede», e da antiproibizionista si è schierato con chi «ha intrapreso la via coraggiosa dell'esperimento»: quella dell'eroina controllata. «Certo, ti avrò messa in difficoltà». Forse ancor più di quell'intervento e delle polemiche che hanno poi lacerato la maggioranza, a complicare il percorso messo a punto dalla Turco è stata l'assenza di Amato il giorno dopo, «un'assenza che mi ha ferita», ha confidato ai suoi la ministra. Lo si è colto nel modo in cui si è rivolta al premier, «che avrebbe avuto modo di dire cose importanti, ma che avrebbe anche avuto modo di sentire cose importanti». A tre giorni dallo strappo lei ritiene ancora che il suo era un «discorso obbligato», e non solo perché «bisognava avere rispetto per quei tremila operatori presenti alla Conferenza, e che quotidianamente lottano contro la morte». Il punto è che la Turco non aveva alcuna intenzione di dare «l'immagine distorta di un governo assente. Perciò ho detto quelle cose: in una situazione di oggettiva difficoltà dovevo salvare la baracca e l'ho fatto».
E tutti nel centro-sinistra gliene hanno dato atto, compreso il premier, che ieri mattina le ha inviato una lettera da lei definita «affettuosa». Pare che il capo del Governo l'avesse messa in guardia dai rischi di una Conferenza sulla droga alla vigilia della campagna elettorale, che ne avessero discusso in Consiglio dei ministri, epperò la Turco già allora aveva ribadito l'intenzione di andare avanti, «malgrado il tema sia spinoso». Ancora adesso è convinta che «non ci si poteva sottrarre. E non solo perché una legge ci obbligava ad organizzare la Conferenza, ma anche perché era necessario un atto di coraggio e di forza». La stessa forza che ha usato per preparare la convention, con tutti quegli incontri, «...eppoi ho visto don Mazzi, don Ciotti, don Picchi, don Gelmini». Tutto era stato predisposto, tranne quel passaggio di Veronesi, che ieri è stato al centro di una telefonata tra la Turco e la Bindi: l'ex ministro della Sanità è preoccupata che il discorso del suo successore possa «minare l'equilibrio» della coalizione su un tema così delicato, «perché l'Ulivo mi sta a cuore», e quel discorso per la Bindi ha provocato «un danno immenso» all'Ulivo.
Non è dato sapere se la Turco ne abbia parlato con Veronesi durante il fugace incontro in aeroporto, se gli ha confidato ciò che ripete nei suoi colloqui riservati, «perché, diciamo la verità, anch'io ritengo fallito il proibizionismo. Nel senso che se si intende per proibizionismo la repressione del consumo personale di droga, il fallimento è sotto gli occhi di tutti. Il guaio è che ormai il dibattito è totalmente impazzito. Se invece ci fermassimo a ragionare, scopriremmo che in Italia non siamo in un regime proibizionista, che la legge Vassalli-Jervolino non è proibizionista». Basterà una lettera di Amato a sanare la ferita? Basta, a quanto pare. La Turco sta già lavorando alla Conferenza sul volontariato, tema meno spinoso, roba da «volemose bene». E infatti, la ministra è pronta a scommettere: «Volete vedere che stavolta verranno tutti?».

Francesco Verderami

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