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il manifesto
1 DICEMBRE 2000


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Droghe, lo schiaffo di Amato
ANDREA COLOMBO


Se vengo faccio più danno", così Giuliano Amato ha spiegato la sua assenza dalla conferenza governativa sulle droghe. Alludeva probabilmente all'opportunità di non sconfessare di nuovo e ancor più platealmente il ministro della Sanità. Veronesi, a sua volta, si era già sforzato di abbassare la tensione dichiarando che il suo era solo un "un parere tecnico". Una retromarcia a metà, dal momento che il ministro conferma i suoi dubbi sul proibizionismo.
In questo modo, però, Amato ha creato un incidente diplomatico di serie A con un'altra ministra, quella della Solidarietà sociale. Nemmeno dal palco, sostituendo il premier nel discorso conclusivo, Livia Turco è riuscita a nascondere l'irritazione e l'offesa. La si può capire. Nel galateo politico, la diserzione all'ultimo momento di Amato rappresenta qualcosa più di uno sgarbo. La conferenza era organizzata da un ministero, quello appunto della Solidarietà sociale, che dipende direttamente dalla presidenza del consiglio, anzi ne fa parte. Le due conferenze precedenti erano state chiuse rispettivamente da Prodi e D'Alema, entrambi in veste di primo ministro. Amato ha peggiorato una situazione già delicata non avvertendo personalmente la ministra della sua decisione. La ha fatta chiamare dal sottosegretario Micheli, invece, e nonostante ore di sforzi la Turco non è riuscita a parlargli fino a che non sono arrivate, del tutto inaspettate, le dichiarazioni contro Veronesi rilasciate da Bruxelles.
Una raffica di gaffes e incidenti a ritmo accelerato come questa, perdipiù sotto le piene luci della ribalata di una conferenza governativa, non si può spiegare solo con l'equivoco di una algido parere tecnico interpretato a torto come politico. Anche perché, tecnico o politico che fosse il punto di vista di Veronesi, dal punto di vista concreto le cose cambiano poco. A pochi mesi dalle elezioni, il governo non è più in grado di muoversi in alcuna direzione, se non per confermare quanto già fatto, cioè quella politica della "riduzione del danno" che è sempre stata osteggiata dall'ala cattolica dell'Ulivo.
La reazione esagerata di Amato non si spiega dunque, per una volta, con i soliti calcoli elettoral-propagandistici, ma con la profondità delle divisioni nel centrosinistra su un problema che attiene tanto all'etica quanto alla politica. Appena 20 giorni fa, la stessa Livia Turco aveva dichiarato chiusa, per ora, la vicenda della depenalizzazione in seguito alle divisioni nella maggioranza e nel governo. Formula garbata da tradursi con il veto secco posto dal Ppi. In materia di droghe, le posizioni di Amato sono anche più estreme di quelle del Ppi, e non è un mistero che il premier condivida solo in parte l'operato in materia dei governi precedenti. Se avesse parlato ieri, forse non si sarebbe limitato a sconfessare Veronesi.
A rendere davvero esplosiva questa come altre divisioni nell'Ulivo (l'Irpeg, ad esempio), è soprattutto la mancanza di un programma capace di dire con chiarezza qual è, in questa e in molte materie, la posizione comune del centrosinistra, non gli opposti pareri al suo interno.


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