Non è stata una seduta spiritica che ha evocato il fantasma
del presidente del consiglio, ma certo l'assenza di Giuliano
Amato si è fatta sonoramente sentire nell'ultima giornata della
terza Conferenza governativa sulle droghe. A cominciare
dalle parole conclusive del ministro della solidarietà sociale,
Livia Turco: "Apprezzo molto il rigore del presidente del
consiglio quando afferma che, essendo a conclusione della
legislatura, non può prendersi impegni". Ma, aggiunge, "mi
dispiace che non sia qui, avrebbe avuto molto da rivendicare
dell'azione dei governi di centro sinistra; conoscendo la sua
sensibilità e la profondità della sua cultura so che avrebbe
avuto cose significative da dire, ma avrebbe avuto anche molto da
ascoltare. E la politica è anche ascolto".
Non è andato leggero, il ministro della solidarietà lasciato solo
("il governo avrebbe dovuto essere qui presente"), nemmeno con
gli altri eccellenti assenti: "Visto che alcuni prestigiosi
leader delle comunità non hanno voluto venire fin qui
lamentandosi delle passerelle e del cosiddetto
teatrino, mi chiedo e vi chiedo: vi è sembrato davvero solo
un teatrino l'incontro di questi giorni? Non vi pare che le
passerelle siano state invece quelle di coloro che, senza
misurarsi con la fatica del dibattito e del confronto, si sono
concessi abbondantemente a Tv, radio e giornali per esprimere il
loro dissenso di bandiera?". Non è stato solo polemico,
naturalmente, il discorso conclusivo di Livia Turco. Che ha
ringraziato i 2.500 operatori che hanno intensamente lavorato per
tre giorni fornendo un contributo sostanziale alla discussione e
ha assunto qualche tiepido impegno: se la legislatura è al
termine, qualche investimento si può ancora fare soprattutto in
quei settori dove più netto è l'impegno per la riduzione del
danno. Ha però glissato completamente su legalizzazione di
hashish e marijuana, richiesta che invece è stata forte e
visibile sia all'interno che all'esterno della Conferenza. Ha
strappato gli applausi, il ministro, anche prima di parlare,
grazie a don Vinicio Albanesi che, concludendo il suo intervento
alla tavola rotonda che ha preso buona parte della mattinata, ha
detto: "Ringrazio Livia Turco che certo non è una santa, ma
almeno si è sporcata le mani, molto spesso lasciata sola, anche
in questa occasione".
La tavola rotonda si è aperta sotto il peggiore segno: la lettura
di un documento tanto provocatorio quanto inutilmente ideologico,
presentato da quelle comunità che, in forma polemica, non hanno
voluto partecipare alla Conferenza. Documento smentito, nel corso
del dibattito, perfino da alcuni operatori di aree vicine a
quella degli estensori, che sono sempre gli stessi: don Gelmini,
don Mazzi, Andrea Muccioli e don Benzi. La gratuita arroganza del
testo, peraltro in forma di proclama, ha infastidito il pubblico
e ha dato luogo a una bonaria contestazione: lo srotolamento di
uno striscione sui danni del proibizionismo e del punizionismo,
due modalità di "cura" che i sottoscrittori del documento
conoscono bene.
Poi, la discussione, che partiva dalla domanda "Cosa chiedete
alla politica?" si è concentrata su ciò che si sarebbe potuto
fare e non si è fatto e su ciò che si può immediatamente fare.
Operatori di servizi pubblici e delle carceri, rappresentanti di
comunità, medici e un rappresentante del centro sociale Livello
57 di Bologna hanno discusso degli aspetti più controversi delle
politiche sulle tossicodipendenze portate avanti dal governo.
Così, se il medico del Sert di Faenza Edoardo Polidori ha detto
che è stufo di essere giudicato alla stregua di uno spacciatore
per il solo fatto di distribuire il metadone, Riccardo Gatti, del
servizio dipendenze della Asl di Milano ha avanzato una proposta
seplice e perciò irrealizzabile: ogni politico, ogni parlamentare
adotti il Sert del luogo dove vive. Lucio Gamberini, del
centro sociale e del Mdma (movimento di massa antiproibizionista)
ha tracciato un primo, sommario bilancio della conferenza nella
quale si è verificato "un evento nuovo e inaspettato. Una
conferenza che per ragioni elettorali si voleva far passare sotto
tono, si è trasformata in un grande dialogo". Grazia Grazioso,
che lavora nel carcere di Sollicciano 2, non ha mancato di
sottolineare come, a partire dai 15 mila tossicodipendenti in
carcere, dalla scorsa conferenza di Napoli a questa la situazione
non si è modificata. Mentre Grazia Zuffa, di Forum Droghe, ha
posto all'attenzione di Amato innanzitutto una domanda: "Il
presidente del consiglio ha detto che il ministro Veronesi ha
parlato da tecnico, e quindi non da ministro. Ma se la politica
non ha un rapporto con le acquisizioni scientifiche, non tiene
conto delle innovazioni efficaci, di cosa deve tener conto?". E
ha proseguito: "Così come si chiede a noi tecnici un grande
rigore, anche alla politica va richiesto altrettanto rigore".
La Conferenza non si è chiusa come si è aperta: sono cadute man
mano le blindature e i pericolosi "mostri" dell'estremismo si
sono trasformati in interessanti e interessati operatori di
strada. Chissà che non sia l'inizio di un inedito lavoro di
affermazione non ideologica di diritti.