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il manifesto
1 DICEMBRE 2000


COMMENTO
Il successo e l'assente: la politica
GRAZIA ZUFFA


Un bilancio a caldo di questa III conferenza si coglie nell'aria sollevata e di (moderato) ottimismo dei partecipanti che hanno aderito al cartello "Per un'altra politica sulle droghe". Nelle assise che si preannunciavano come la presa d'atto di una fase di "stagno", sono stati gettati molti sassi che hanno agitato le acque e allargato il dibattito, dentro e fuori la conferenza. E' innanzitutto merito del movimento che si è creato in questi mesi. Un movimento che ha saputo tenere insieme forze diverse, di ispirazione antiproibizionista e non punizionista, su obbiettivi concreti e credibili: dalla depenalizzazione, alla liceità dell'uso medico della canapa, alla sperimentazione di nuove strategie di riduzione del danno. Un movimento maturo e non ideologico, capace perciò di conquistare consensi in settori vasti di operatori, a partire dall'esperienza concreta nel sociale, che è ormai patrimonio comune. Un esempio per tutti. L'iniziativa parallela alla conferenza sul problema del carcere e della riforma delle norme penali è stata affollatissima e ha contribuito non poco ad orientare gli interventi nella sessione ufficiale.
Un bel sasso l'ha gettato anche Veronesi. Amato ha cercato di ridimensionarlo come "tecnico", in nome della tradizionale "separatezza" della politica. Ma così facendo ha paradossalmente esaltato la lezione di metodo, tutto politico, che ci ha dato il ministro: ossia che nessuna questione può essere ignorata o stravolta in nome dell'ideologia o dei cattivi compromessi, ma va affrontata nel merito, sulla base delle evidenze scientifiche. E il clima della conferenza ne ha risentito, in bene.
Certo, l'assenza di Amato ha messo a nudo la debolezza del governo, ed è risibile che il dottor Sottile si sia trincerato dietro la constatazione, peraltro ovvia, che siamo agli sgoccioli della legislatura. E' un fatto, o meglio un misfatto politico che Amato non sia venuto a dar conto di alcune riforme importanti non attuate, come la depenalizzazione. La convivenza difficile fra le forze del centrosinistra è sotto gli occhi di tutti. Ma lo scacco dei vari governi succedutisi sta nel non aver mai elevato le droghe a tema degno di un confronto trasparente fra le diverse culture della maggioranza, condizione sine qua non per giungere alle pur necessarie mediazioni.
Occorre dar atto a Livia Turco, ritrovatasi sola nel fuoco di un conflitto vero, di essersi assunta le sue responsabilità politiche, tentando di dare alcune risposte. Insufficienti, ma significative. Come il riconoscimento alla riduzione del danno della dignità di una cultura che non elude il fatidico tema della sicurezza, ma lo declina all'opposto dell'approccio di "legge e ordine": almeno non si parlerà più delle comunità-carcerini, promesse della ministra.
Alla fine il dato più incoraggiante è la constatazione di una cultura più avanzata fra gli operatori, che si riconoscono ormai come una "comunità" intorno ad alcune idee guida e pratiche di riduzione del danno. Rispetto a Napoli, le posizioni oltranziste alla Muccioli sono rimaste ancora più isolate. Non è poco, pensando ai tempi incerti della politica che ci aspettano.


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