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il manifesto
30 NOVEMBRE 2000


"Genova per voi"
Amato non va alla Conferenza sulle droghe. E sconfessa Veronesi
ANNA PIZZO - GENOVA


Il presidente del consiglio, che avrebbe dovuto chiudere questa mattina i lavori della terza Conferenza governativa sulle droghe, non verrà a Genova, in aperta polemica con il ministro della sanità che martedì aveva detto "basta" al proibizionismo: "Non vado non perché la discussione diventa calda. Al contrario. Veronesi ha parlato come tecnico. E' vero che è anche ministro della sanità, ma non è negli intendimenti del governo adottare politiche innovative che implicherebbero modifiche nella legislazione vigente in materia di droga". Amato, in collegamento da Bruxelles, ha ripeuto queste stesse parole ieri sera durante il Porta a Porta di Bruno Vespa. Dopo il suo intervento è stata la volta, da Genova, del ministro della solidarietà sociale: "Se il presidente del consiglio avesse avuto la possibilità di ascoltare per intero il discorso di Veronesi - ha detto Livia Turco - avrebbe convenuto che non c'era alcuna contraddizione. Veronesi ha detto le stesse cose che ho detto io e che ha detto Fassino. E ha dato un giudizio netto e compatibile con il governo". Anche lui in collegamento, Gasparri (An) inneggia alla "crisi di governo", e costringe Turco alla replica secca prima di abbandonare i microfoni: "Ma quale crisi e crisi. Non posso non condividere la dichiarazione di Amato, e cioé che il programma del governo non cambia". Poi, ai giornalisti presenti alla Conferenza di Genova, ha precisato: "Probabilmente Amato si è riferito al giudizio netto dato da Veronesi sul proibizionismo. Ma la politica del governo non è proibizionista, si basa su tre parole: prevenire, educare e non punire. La tossicodipendenza è incompatibile con il carcere".
Immediate le reazioni da Genova. Il sottosegretario alla giustizia, Franco Corleone, afferma: "Intervento tecnico? Questa è una offesa non a Veronesi ma alla concezione della politica. Quello del ministro della sanità è stato un intervento politico di livello europeo che ha fatto fare alla Conferenza di Genova un vero salto di qualità. Amato dimostra così di accettare il ricatto dei Popolari e di Castagnetti". Duri anche i commenti degli operatori: "Cosa ci hanno fatto venire a fare - si chiede Vittorio Agnoletto, presidente della Lila (Lega italiana lotta all'aids) - qui ci sono duemila operatori e il governo latita". Anche don Vinicio Albanesi, del Cnca (il coordinamento delle comunità di accoglienza) considera sbagliata la scelta di Amato: "Avrebbe dovuto venire e dire su cosa non è d'accordo".
Chiediamo un commento anche a Giancarlo Caselli, direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), presente ieri alla seconda giornata della Conferenza, dove ieri ha confermato le sue posizioni antiproibizioniste. Cosa pensa delle dichiarazioni di Veronesi? "Non voglio prendere posizione su questioni che non sono di mia competenza - ci dice - ma il fatto che un'opinione tanto autorevole abbia suscitato così tante discussioni significa che è da prendere in seria considerazione. La sperimentazione potrebbe essere un utile mezzo per indicarci nuove strade". Lo interrompe Rita Bernardini, del Cora (Coordinamento radicale) che consegna a Caselli una infiocchettata confezione di marijuana e gli chiede conto delle condizioni invivibili dei detenuti tossicodipendenti nel carcere di Poggioreale "curati a docce calde e camomilla": "Non lo sapevo - risponde il direttore del Dap - Comunque Poggioreale è una situazione particolarmente complessa". E altrove? Solo il 5% dei tossicodipendenti riceve metadone in carcere. "E' una situazione a volte disastrosa - risponde Caselli - bisogna fare in modo che le poche eccezioni positive divengano la regola".
Proprio il carcere ieri era stato per tutto il giorno il tema dominante della Conferenza. Soprattutto dopo che - martedì - il ministro della giustizia, Piero Fassino, aveva liquidato la depenalizzazione dei consumatori sostituendola con una "decarcerizzazione" basata sull'affidamento in prova dei tossicodipendenti alle comunità terapeutiche, e non ai giudici di sorveglianza. I dati sul rapporto carcere-droga li ha forniti Vittorio Agnoletto, e sono drammatici: 15 mila i tossicodipendenti in carcere (il 27% del totale dei detenuti) e tra di loro il 7% si fa il primo buco in galera.


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