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Mercoledì 29 novembre 2000
La Conferenza
sulla droga Fassino: no al carcere per i
tossicodipendenti Veronesi: il
proibizionismo non paga
GENOVA«Il proibizionismo non paga, come è storicamente dimostrato».
Le parole del ministro della Sanità, Umberto Veronesi, rimbalzano dal
palco della terza conferenza nazionale sulla droga, inaugurata ieri a
Genova, e planano con fragore sugli schieramenti politici. Il ministro
soppesa bene i passaggi del suo intervento. «Il proibizionismo non evita
i danni per i quali è stato deciso; anzi, ne crea altri e molto
peggiori». Poi passa in rassegna le cifre del pianeta droga e si
sofferma sul calo delle morti per overdose, la diminuzione dei
tossicodipendenti sieropositivi e l'innalzamento dell'età media dei
dipendenti da eroina. «Questi dati — sottolinea il ministro — dimostrano
che la tossicodipendenza è una malattia curabile». E, ancora, Veronesi
rimarca la distanza che divide il mondo dell'eroina da quello
dell'ecstasy, che «non è mortale e non dà dipendenza». Poi, piazza
l'affondo finale a proposito delle sperimentazioni di eroina
somministrata in altri Paesi europei, già fonte di dure polemiche alla
vigilia dei lavori. «Queste ricerche — dice il ministro — hanno mostrato
prospettive degne di attenzione, anche se i risultati sono ancora
preliminari».
L'intervento di Veronesi scatena il diluvio delle
reazioni. Scattano gli esponenti di An. Gianfranco Fini è quasi
lapidario: «Qualsiasi ipotesi che non sia improntata a un rigoroso
proibizionismo è inaccettabile». Da uno dei «colonnelli» di An, Maurizio
Gasparri, la replica a Veronesi arriva in termini caustici: «È chiaro
che non potrà mai essere un nostro ministro». Ma sulla facciata della
Casa delle libertà affiora già qualche crepa. Ci pensa il forzista
Antonio Martino a salutare con il suo personale assenso le parole di
Veronesi: «Il proibizionismo ha fallito — dice l'esponente azzurro — ed
è ora di cambiare strada, prevedendo forme di
liberalizzazione».
L'intervento del ministro provoca, senza
destare sorprese, il plauso del leader dei radicali, Emma Bonino, che
invita, tuttavia, «a passare dalle parole ai fatti». Ma arrivano anche
stupori e colpi di freno dagli esponenti della maggioranza. Giuseppe
Fioroni, responsabile organizzativo dei popolari, esprime sconcerto «nel
veder accomunati Veronesi e Martino nella crociata liberalizzatrice
delle droghe: non si rendono conto che non fanno altro che arrendersi ai
narcotrafficanti».
E pensare che, dal palco genovese, altri due
rappresentanti del Governo, i ministri Livia Turco e Piero Fassino,
hanno evitato con cura di fare la fine degli elefanti in cristalleria.
«Prevenire, educare, non punire», ha esordito il ministro della
Solidarietà sociale, che ha sottolineato la necessità di «porre i
giovani, e non solo il loro disagio, al centro del dibattito», di
«potenziare la rete dei servizi a livello locale, di accelerare i tempi
di informazione e intervento sulle nuove droghe». E, perché no, come
segno di fiducia e "metodo" di responsabilizzazione, si potrebbe
riconoscere ai giovani con più di 16 anni «il diritto di voto a livello
locale» (proposta, questa della Turco, che ha subito raccolto il plauso
del presidente del Piemonte Enzo Ghigo).
Dal canto suo, il
ministro della Giustizia, pur chiudendo alla depenalizzazione, ha
sottolineato l'esigenza della decarcerizzazione dei tossicodipendenti,
«ampliando il numero di persone in misure alternative, anche per pene
superiori ai quattro anni, escludendo i reati più gravi ma garantendo
che il percorso di reinserimento avvenga in condizioni di sicurezza». Il
tutto sullo sfondo di una Genova in profonda crisi di mobilità urbana:
alla recente rivoluzione nel traffico e ai lavori a singhiozzo per il
prossimo vertice del G8 si sono aggiunti infatti i colorati cortei
antiproibizionisti, ricchi di slogan e di trovate provocatorie, dei
giovani dei centri sociali.
D.Ra.
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