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Mercoledì 29 novembre 2000
LA STAMPA

Genova blindata,in duemilacinquecento tra balli e slogan
«Droga libera», la pacifica rabbia dei giovani

di
Francesca Sforza
inviata a Genova

«Ma cosa succede stamattina?», chiede una signora di prima classe al suo vicino di posto nel diretto Torino-Genova delle otto e venticinque di ieri. «C'è una manifestazione di tossicodipendenti a Genova», risponde il vicino. «E sono tutti tossici?». «Sì, tutti - assicura il vicino - ma hanno la loro vettura, l'importante è che restino lì».

E le vetture infatti sono isolate del resto del treno. Bisogna chiedere al controllore se per favore alla prossima stazione ti fa scendere e risalire. Dentro ci sono circa 150 ragazzi del centro sociale «Gabrio» di Torino. Hanno i vestiti, i capelli, le mani dei ragazzi dei centri sociali. E non sono tutti tossici.

Vanno alla «contromanifestazione», appuntamento alle 9 e mezza davanti a Marassi, poi si va alla stazione di Genova Brignole e si raggiungono gli altri; da lì si parte con i camion, la musica, gli striscioni e tutto fino alla piazza del Porto Antico, dove si tiene la III Conferenza Governativa sulle droghe, che si concluderà domani. All'appello rispondono Torino, Genova, Bologna, Roma, Milano. Tutti insieme si chiamano Movimento di Massa Antiproibizionista. Ma ogni gruppo ha la sua storia e un nome proprio: Gabrio, Zapata, Pinelli, Aquarius, Forte prenestino, Corto Circuito, Livello 57...

I punti del programma sono comuni: depenalizzare il consumo di tutte le sostanze; legalizzare la cannabis; potenziare interventi di riduzione del danno (che in pratica significa monitorare il mercato della droga, analizzando le sostanze presenti nelle pasticche in modo che non ci si sbagli su cosa si prende); avviare la sperimentazione controllata di eroina.

«Ma cosa vogliono insomma, la droga di Stato?», si chiede un signore che si aggira tra i carri della manifestazione guardando per terra, con l'aria di chi non ha capito bene il perché di tanta immondizia, già a quell'ora del mattino. «No, la droga di stato non ci interessa - ha detto Paolo, 34 anni, di ''Gabrio'', con i capelli colorati quel tanto che serve per essere solidale - perché abbiamo una visione disarticolata dello Stato e alla fine la somministrazione controllata può rivelarsi un'altra forma di controllo sociale.

Il problema è di principio: non creare condizioni di clandestinità, perché queste a loro volta creano emarginazione. Depenalizzare, cercare di ridurre i danni e tutto il resto sono le uniche forme politiche che si ispirano a questo principio».

Intorno a Paolo che parla e che si interroga sugli errori del sistema - «è una questione di meccanismo, non di persone, altrimenti non mi spiego perché, ad esempio, parlo con un giornalista, ci capiamo, e il giorno dopo quando leggo il giornale non mi riconosco» - ci sono altri come lui che ballano, fumano sigrette, si fanno le canne, bevono birra, leggono il giornale. A un certo punto insieme con i gruppi di Roma e di Genova è sbarcato il «Ganjamat» (da «Ganja», marjuana e «Mat» di Bancomat), un distributore di cannabis.

Basta inserire una carta (la «canna-card») e lui ti tira fuori un po' di erba - «autocoltivata e autoprodotta», specifica una ragazzetta coi piercing dappertutto, pure sugli occhi, sul mento e sull'attaccatura dei capelli. Il corteo si muove, le note sono quelle dei ritmi techno, afro e jamaicani(ma a un certo punto è partito anche Strauss). I ragazzi si muovono, alcuni fanno roteare catene ritagliando cerchi vuoti tra la folla.

Non sono minacciosi, è una danza fatta di ritmo e di ferro, bella da vedere. Altri bevono benzina e sputano fuoco «e ovviamente devi stare attento a non ingoiare». Qualcuno sta male «ma stava male già da prima», dice l'amico che lo sorregge - anche perché Genova ha i tunnel e i fumogeni dentro fanno lacrimare gli occhi. Poi si arriva al piazzale.

Si staziona, si balla, si parla di droga. Quanti saranno? Tanti, qualcuno dice 2 mila o due mila e 500. Ma non tantissimi, perché dopo un po' cominci a rivedere le stesse facce (i dati ufficiali comunque dicono mille). I poliziotti invece sono tanti davvero, più o meno quanti i manifestanti (e allora forse troppi). «Colpa vostra - dice Emanuela Del Frate (Forte Prenestino)- ci avete descritto come animali cattivi. E invece non è così».

Il corteo è stato pacifico. Giusto un paio di incidenti all'interno del palazzo dei Congressi: prima, durante l'intervento del presidente della regione Enzo Ghigo, alcuni ragazzi hanno distribuito bustine di polvere bianca fingendo di essere mafiosi che si arricchiscono con la droga; poi, un gruppo di manifestanti ha interrotto la conferenza stampa di An presentandosi con un mega spinello di un metro e mezzo e urlando a Maurizio Gasparri: «Fatti una canna, Gasparri fatti una canna».

Niente di più. «Noi dei centri sociali non incentiviamo l'uso di droghe - dice Igino del ''Livello 57'' (Bologna) - ma rappresentiamo una realtà che si apre a tutte le diversità. Tra noi ci sono quelli che danno fastidio, quelli che nessuno li vuole, quelli che di giorno lavorano e anche quelli che sanno fare politica».

(29 novembre 2000)



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