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tratto da il manifesto, 4 Marzo 1998

Le virtù di Maria Juana

ANNA MELDOLESI
Photo:
Kuzko Underhill

QUANTO male fa la marijuana? Più di venti anni di esperienza di legalizzazione in Olanda e trenta di ricerche scientifiche sui suoi effetti nocivi dovrebbero bastare: è ora di tirare qualche bilancio. In dicembre è arrivata la risposta dell'Organizzazione mondiale della sanità: peccato però che il primo rapporto made in Oms da quindici anni a questa parte sulle droghe leggere sia passato attraverso le forbici della censura. Secondo la rivista scientifica Newscientist, la pressione dei consulenti esterni sarebbe riuscita a eliminare all'ultimo momento dalla versione ufficiale la parte relativa al confronto tra i danni causati dalla marijuana e dalle "droghe legali" come alcol e nicotina. Il documento tagliato è arrivato chissà come nella redazione del giornale, che su quei dati ha costruito un rapporto sulla questione marijuana e affini disponibile anche in rete (http://marijuana.newscientist.com).

Dal confronto gli spinelli escono quasi sempre vincitori: non inducono alla violenza, non compromettono lo sviluppo fetale, provocano soltanto una lieve dipendenza e i danni alle facoltà cognitive restano tutti da dimostrare. Tutte affermazioni che per l'alcol non si possono fare. Qualche dato preoccupante come vedremo c'è, ma certo quel documento rischiava di portare acqua al mulino dei sostenitori della legalizzazione.

Ragazzi problematici

Perennemente stonati, incapaci a scuola e nel lavoro? Lo stereotipo sugli effetti negativi delle droghe leggere è stato messo alla prova con test di attenzione, memoria e apprendimento. Jack Fletcher dell'università del Texas ha passato gli ultimi 25 anni in Costa Rica a fare ricerche del genere su persone che fumano anche 10 spinelli al giorno e i suoi risultati indicano che gli effetti negativi della marijuana sulle funzioni cognitive se esistono sono quanto meno modesti. Altri ricercatori sembrano meno ottimisti: gli studenti di college col vizio degli spinelli studiati da Harrison Pope dell'università di Harvard infatti si sono dimostrati un po' meno bravi dei loro compagni non fumatori, soprattutto nel memorizzare liste di parole e nell'adattarsi ai cambiamenti di regole dei test.

Tuttavia è difficile distinguere tra correlazione e causalità: più che ragazzi instupiditi dalla droga potrebbero essere semplicemente ragazzi "problematici" con l'abitudine degli spinelli. Comunque si prendano i dati, Pope e Fletcher su una cosa sono assolutamente d'accordo: gli effetti negativi della marijuana sulle capacità mentali sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli dell'alcol.

Ma i consumatori di droghe leggere sono schiavi dalla chimica della marijuana, incapaci di smettere, insomma tossicodipendenti?

E' dello scorso anno la scoperta che nei ratti il tetraidrocannabinolo (il componente attivo della marijuana) batte sullo stesso tasto biochimico di eroina, cocaina, alcol e nicotina: tutte queste sostanze infatti agiscono stimolando i circuiti del piacere intorno alla struttura cerebrale del nucleus accumbens, che usa la dopamina come neurotrasmettitore. Ma non tutte le sostanze che influiscono sulla trasmissione della dopamina danno dipendenza, e poi quando si fanno dei paragoni le differenze dovrebbero pesare quanto le somiglianze.

La chimica dei ratti

La rilassatezza e il lieve senso di euforia della marijuana hanno poco a che vedere con le botte della cocaina o con la sensazione orgasmo-simile dell'eroina. Ma c'è un altro fatto troppo spesso taciuto, ricorda John Morgan della City University of New York Medical School: mentre i ratti diventano facilmente dipendenti da eroina e cocaina, non sembrano affatto attratti dalla marijuana. Insomma, anche se dopo anni di calo la popolarità degli spinelli tra i teenagers è in pieno boom, non sembra proprio il caso di immaginare che le nostre città saranno popolate da generazioni intere di tossicodipendenti.

Secondo i dati raccolti ogni anno dal National Household Survey on Drug Abuse americano i ragazzi sarebbero però più sensibili alla marijuana di quanto si pensasse: circa il 13% dei teenagers che ne fanno uso riporta tre o più sintomi di dipendenza su una lista di sei possibili sintomi. Sarebbe insomma più facile diventare dipendenti dagli spinelli che dalla birra, che dire però del caffè o della televisione? Una cosa sembra comunque certa: la dipendenza da marijuana diminuisce con l'età seguendo un trend opposto a quello della nicotina, non a caso più del 90% delle persone che l'hanno provata hanno poi smesso, mentre continuano a fumare sigarette e a bere.

Le statistiche riescono a rovesciare anche il luogo comune che vede gli spinelli come la porta di ingresso verso il mondo della tossicodipendenza. Da quando i coffee shop hanno fatto la loro comparsa per le vie di Amsterdam, secondo i dati del Centre for Drug Research della capitale olandese, il consumo di marijuana ha seguito lo stesso andamento dei paesi dove esistono legislazioni proibizioniste. La prima indagine nazionale è tuttora in corso, ma secondo gli studi su piccola scala già disponibili la legalizzazione della marijuana non solo non ha incrementato il suo consumo, ma sembra anche aver ostacolato la diffusione delle droghe pesanti. In Olanda il numero dei tossicodipendenti in relazione alla popolazione complessiva è minore che negli Usa e nella maggior parte dei paesi europei, mentre la loro età media è cresciuta fino a toccare i 44 anni.

Spinelli e sigarette

Su una cosa i proibizionisti potrebbero avere ragione: Donald Tashkin della University of California per 15 anni ha tenuto d'occhio l'apparato respiratorio di più di 130 consumatori abituali di marijuana confrontandoli con fumatori di normale tabacco, fumatori tanto di spinelli quanto di sigarette e non fumatori. Per quanto riguarda tosse e difficoltà respiratorie, qualche spinello al giorno può costarci in termini di salute quanto un intero pacchetto di sigarette. Per quanto riguarda i danni cellulari, in entrambi i casi si riscontrano anormalità nei nuclei e mutazioni in geni che sembrano coinvolti nello sviluppo di tumori.

L'assenza di filtro e il maggior tempo per cui il fumo è trattenuto nei polmoni (fino a 4 volte di più) giocano a sfavore degli spinelli: viene infatti depositato circa il 40% di catrame in più che fumando sigarette. Secondo Tashkin poi la marijuana sarebbe più ricca di benzopirene e altri composti aromatici policiclici cancerogeni, ma non tutti su questo sono d'accordo. Se i dati della biologia cellulare sono poco rassicuranti, va comunque detto che gli epidemiologi non hanno ancora dimostrato alcun legame tra la marijuana e gravi malattie dei polmoni: forse è troppo presto per vedere il picco epidemico di coloro che hanno iniziato a fumare spinelli negli anni '60, o forse questo legame semplicemente non c'è.

Ma il team californiano sostiene che la marijuana interferisce anche con il nostro sistema immunitario, abbassando la sua efficacia nell'uccisione dei batteri del 35% rispetto ai fumatori di sigarette. E questo rappresenterebbe un serio ostacolo per il suo utilizzo a scopo terapeutico, per stimolare l'appetito in pazienti sieropositivi o sottoposti a chemioterapia. Per gli atleti comunque uno spinello potrebbe essere meglio del tabacco. Nessun pericolo di enfisema, nè alcun cambiamento delle capacità fisiche polmonari: secondo Tashkin potrebbe essere proprio la ridotta capacità di reazione del sistema immunitario nel produrre citochine infiammatorie a evitare i danni alle mucose delle vie respiratorie.

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