Droghe e carcere, per non tornare indietro
Quest’anno il Libro Bianco pone grande attenzione al tema delle presenze in carcere per effetto della legge sulle droghe. Sono ospitati spunti e riflessioni rispetto al dibattito pubblico in tema di carcere e droghe, in particolare rispetto alla presenza di persone che usano droghe e che finiscono, per restarci, in carcere, situazione divenuta intollerabile. Le soluzioni adombrate da esponenti governativi, come il sottosegretario Delmastro, appaiono un brusco ritorno al passato. Un ritorno a quelle comunità chiuse che si configurano più come detenzione appaltata al privato sociale che come reale risorsa alternativa per la risocializzazione e la salvaguardia della salute fisica e mentale della persona che fa uso di sostanze e si trova in carcere. Vengono inoltre ricordate le proposte sulle cose che si potevano fare (e non si sono fatte).
Inoltre, il Libro Bianco ospita uno studio redatto realizzato nell’ambito dell’Ufficio per il Processo della Corte di Cassazione con lo scopo di effettuare una ricognizione empirica della giurisprudenza di legittimità in materia di spaccio di lieve entità. A questo si aggiunge la riproposizione delle proposte di modifica della lieve entità, in particolare sulla sua definizione come fattispecie autonoma.
Il fronte ONU: dalle invettive di Mantovano alle fake news sulla cannabis, passando per il rispetto dei diritti umani
Nella sezione sull’ONU sono contenuti approfondimenti specifici sul dibattito internazionale sulle politiche globali a partire dalle prese di posizione del Governo italiano a Vienna, rappresentato dal sottosegretario Mantovano, all’analisi delle politiche sulle droghe sotto la lente del rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani, sino ad una revisione critica dell’ultimo report dell’International Narcotic Control Board dedicato alle legalizzazioni della cannabis nel mondo.
Le droghe e la repressione
- La legge sulle droghe è il volano delle politiche repressive e carcerarie. Senza detenuti per art. 73 o tossicodipendenti non si avrebbe sovraffollamento nelle carceri
- Oltre un quarto dei detenuti entra in carcere per detenzione
- Il 34% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe. Quasi il doppio della media eu (18%)
- Oltre il 40% di chi entra in carcere usa droghe. Si tratta di un catastrofico record negli ultimi 17 anni
Dopo 32 anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli, i devastanti effetti penali (dell’art. 73 in particolare) sono sotto gli occhi di tutti. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri.
La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati “tossicodipendenti”, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte. Dopo 33 anni di applicazione non possiamo più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti.
A dimostrazione di questo a fronte di una diminuzione di operazioni antidroga e persone segnalate all’autorità giudiziaria calano anche gli ingressi in carcere per droghe: 9.961 dei 38.125 ingressi in carcere nel 2022 sono stati causati dall’art. 73 del Testo unico, detenzione a fini di spaccio. Si tratta del 26,1% degli ingressi (era il 28,3% nel 2021).
Sui 56.196 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2022 ben 12.147 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico. Altri 6.126 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 1.010 esclusivamente per l’art. 74. Si tratta del 34,3% del totale. Sostanzialmente il doppio delle media europea (18%) e molto di più di quella mondiale (22%).
Diventano catastrofici i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti “tossicodipendenti”: lo sono il 40,7% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31/12/2022 erano presenti nelle carceri italiane 16.845 detenuti “certificati”, il 30% del totale (+10% sul 2021). Questa presenza record (dal 2006 ad oggi) è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”, che dopo i due anni di pandemia ha ripreso ad aumentare (+18,4% rispetto al 2021).
Le conseguenze sulla Giustizia
Causa un inedito diniego dei dati da parte del Dipartimento delle politiche antidroga non abbiamo la situazione aggiornata sui processi in corso per droghe. I dati, fermi al 2021, raccontano un paese in cui le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell’articolo 73 e 74 sono rispettivamente 186.517 e 45.142. Da notare come secondo i dati assestati della relazione governativa 2022, 7 procedimenti su 10 per droghe termina con una condanna, confermando i dati presentati nelle precedenti edizioni di questo Libro Bianco.
Le misure alternative
Continua l’impetuosa crescita delle misure alternative, che sono diventate una alternativa alla libertà invece che alla detenzione. In un contesto di forte domanda di controllo sociale istituzionale, gli strumenti di diversion e quelli di probation consentono di ampliare l’area del controllo, piuttosto che di limitare quello coattivo-penitenziario.
Le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali
- Da 3 anni oltre 30.000 segnalazioni l’anno
- Il 38% di queste finisce con una sanzione amministrativa (ritiro della patente, del passaporto, del porto d’armi o del permesso di soggiorno turistico, anche senza aver commesso comportamenti pericolosi)
- La repressione colpisce principalmente la cannabis (75,4%), poi cocaina (18,1%) e eroina (4,2%). Dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis.
- Aumentano del 33% le segnalazioni di minorenni per consumo di droghe (il 97% per cannabis). NB: non significa che consumano di più, ma che sono più oggetto di repressione.
Il consolidamento molto lento dei dati (anche rispetto agli anni scorsi, quelli del 2018 presentano uno scostamento del 33% in aumento) ci fa essere cauti sul definire trend. Si può però affermare che dal 2020 in poi, il numero di persone segnalate rimane piuttosto stabile, aggirandosi da tre anni sopra le 30mila. Il 38% delle segnalazioni finisce con una sanzione amministrativa, le più comuni la sospensione della patente (o il divieto di conseguirla) e del passaporto. Questo anche in assenza di un qualsiasi comportamento pericoloso messo in atto dalla persona sanzionata. I minori segnalati aumentano del 33%: questi entrano così in un percorso sanzionatorio stigmatizzante e alla fine dei conti desocializzante. Si badi bene: non significa che i minori consumano di più, significa più semplicemente che l’azione repressiva delle forze dell’ordine si è abbattuta sui minori. Praticamente tutti, il 97,4%, sono segnalati per uso di cannabis. Risulta irrilevante la vocazione “terapeutica” della segnalazione al Prefetto: solo 215 sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario; nel 2007 erano 3.008. Anche gli inviti a presentarsi al SERD sono in diminuzione (4.265). La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (75,4%), seguono a distanza cocaina (18,1%) e eroina (4,2%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze. Dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis.
Gli altri contenuti
Nel volume si trovano inoltre l’analisi dei dati della relazione della Direzione Centrale sui Servizi Antidroga per il 2022 e una riflessione sul combinato disposto dell’applicazione delle leggi su droghe e migranti.
In appendice le leggi più importanti di riforma del Testo Unico sulle droghe promosse dal lavoro della Società Civile.