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di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)

(Aprile on-line, 8 maggio 2007) Napolitano ha visitato il penitenziario romano, ribadendo quale debba essere il senso della pena detentiva ed esortando il ricorso a sanzioni alternative per i reati meno gravi. Mentre “Antigone” lancia l’allarme in merito agli ospedali psichiatrici
La visita del Presidente Giorgio Napolitano nelle carceri romane è una bella novità che rompe il grigiore asettico nel quale si rintanano a volte le istituzioni. Il Capo dello Stato ha ricordato che la pena detentiva deve essere ridotta ad extrema ratio, che bisogna prevedere sanzioni non carcerarie per i reati meno gravi, che i diritti delle persone private della libertà devono essere rispettati. Lo stesso Presidente della Repubblica all’indomani dell’approvazione del provvedimento di indulto aveva auspicato che si aprisse una stagione riformatrice che non vanificasse i risultati del provvedimento di clemenza.
Se volessimo tradurre in proposta legislativa e di governo le parole di Giorgio Napolitano queste sarebbero le priorità politiche: nuovo codice penale che riduca le fattispecie di reato, riduca le pene, diversifichi le sanzioni; abrogazione della legge ex – Cirielli sulla recidiva; abrogazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe e contestuale depenalizzazione di tutte le pratiche di consumo; abrogazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione e depenalizzazione di tutto ciò che riguarda la condizione giuridica dello straniero; approvazione della legge istitutiva del garante delle persone private della libertà; introduzione del crimine di tortura nel codice penale; nuovo ordinamento penitenziario per i minori; esclusione dal circuito carcerario dei bambini figli di madri detenute; applicazione della legge Bindi sulla sanità del 1999 con passaggio della medicina penitenziaria alle Asl; applicazione piena e incondizionata del Regolamento di esecuzione entrato in vigore il 20 settembre del 2000; superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Proprio su questo tema – apparentemente marginale, ma di grande rilievo pratico e simbolico – abbiamo avviato i lavori del nostro Osservatorio sulle condizioni di detenzione. Nei giorni scorsi abbiamo visitato tutti e sei gli ospedali psichiatrici giudiziari italiani. Alla data del 3 maggio gli internati risultavano essere 1.266: 316 ad Aversa, 215 a Barcellona Pozzo di Gotto, 225 a Castiglione dello Siviere, 137 a Montelupo Fiorentino, 105 a Napoli Sant’Eframo, 268 a Reggio nell’Emilia. Aversa e Reggio Emilia risultano drammaticamente sovraffollati. L’indulto non ha inciso granché sugli Opg.

È incredibilmente elevato il numero di internati in queste strutture che non avrebbero più ragione di permanervi in quanto non più ritenuti socialmente pericolosi, e che invece restano per decenni in condizioni disumane. Ad esempio, 45 internati a Reggio Emilia e ben 100 ad Aversa si trovano in questa situazione. 400 casi in tutto, secondo i dati forniti dal Ministero della Salute. Inoltre, si registra purtroppo un uso frequente dei letti di contenzione. Almeno 515 episodi di coercizione in un anno, secondo i dati ufficiali.
Un numero impressionante, ingiustificabile. In alcuni manicomi giudiziari si può rimanere legati al letto sino a 11 giorni. Un internato su sei, spesso più di una volta, vive la tragica esperienza della contenzione. Nel 2006 solo a Napoli si sono registrati 52 casi di coercizione. Ciò significa che un internato su due è stato contenuto con la forza. Il protocollo prevede la sola registrazione del caso, con verifica periodica da parte del personale, senza che la direzione specifichi ogni quanto tempo questa ha luogo.
Gli ospedali sono gestiti principalmente da agenti di polizia penitenziaria, e solo secondariamente da specialisti medici, in numero assai inferiore. Ad esempio ad Aversa lavorano 116 agenti e 7 psichiatri a contratto. A Napoli le condizioni igieniche di alcuni reparti sono inaccettabili, sino a toccare livelli in cui la detenzione diviene degradante. Ad Aversa le condizioni igieniche sono relativamente migliori, ma comunque notevolmente al di sotto di un qualsiasi carcere nonché degli standard richiesti dal Regolamento penitenziario. La situazione è tale da richiedere un progressivo superamento, attraverso soluzioni di carattere normativo, degli ospedali psichiatrici giudiziari, così come sono stati chiusi trent’anni fa i manicomi. Nel frattempo un manicomio giudiziario, come quello di Napoli per esempio, non può rimanere aperto.