(Estense.com) Si preannunciava una testimonianza choc e così è stato. “Alle 5 ero lì, a un quarto alle cinque… ero dentro la macchina, quando è arrivata la polizia. Prima non mi ero accorto di niente. Erano… mah, le 5 e 30 mi pare, quando sono arrivati… s’è sentito discutere, si è sentito dire qualcosa anche un po’ sostenuto… forse era il ragazzo che diceva qualcosa contro di loro: sentivo lui che diceva “basta”… hanno cominciato a litigare, non so… dopo io non sono stato lì molto, ho visto quando han cominciato a picchiare… insomma, quando han cominciato a dargli delle botte, gliene davano tante: mamma mia!… Poco dopo si è mossa della gente alla finestra, lassù, mi sembra… che abbiano aperte delle finestre! Insomma: ha preso tante di quelle botte, quel po’ che son stato lì, picchiavano… ma picchiavano… io ho guardato un po’ spiando, perché dopo… io sono andato via”.
Sono le parole (‘doppiate’ per garantire l’anonimato) di un uomo che afferma di essere stato in via Ippodromo quella tragica sera del 25 settembre 2005. Erano i momenti immediatamente successivi alla colluttazione con i quattro agenti durante la quale a soli 18 anni perse la vita Federico Aldrovandi. Il suo racconto è andato in onda per la trasmissioni “Chi l’ha visto?” di Rai Tre.
Il servizio firmato da Dean Bulletti riporta il contenuto letterale di una chiamata giunta alla redazione del programma condotto da Federica Sciarelli nella quale “un uomo non più giovane”, come lo presenta la giornalista, fa sapere il giorno stesso in cui si è tenuta l’udienza preliminare (nella quale il giudice Silvia Migliori ha rinviato a giudizio i quattro agenti accusati di omicidio colposo) di essere stato testimone oculare della prima fase della vicenda, tanto drammatica da lasciarlo ancora sconvolto dopo quasi due anni: “Ho ancora male per quel fatto lì”.
Lui era in macchina, non poteva essere visto, poi, forse spaventato, è andato via. Un’auto che si è allontanata in quei frangenti è stata vista anche dai poliziotti, come riferisce la donna che aveva chiamato il 112 (telefonata poi girata al 113).
“Si disse che fosse la macchina degli amici di Federico che avevano abbandonato il ragazzo in preda agli stupefacenti”, continua il servizio di Bulletti che ricorda l’ultimo episodio inquietante della vicenda, quello che ha visto la manipolazione dei brogliacci della questura (episodio dal quale è nata un’inchiesta bis con alcuni indagati tra le forze dell’ordine).
Con un tratto di penna le 5.45 erano diventate le 5.50 nel foglio di intervento. Ma la prima chiamata che accenna a disturbi della quiete pubblica in via Ippodromo risale alle 5.47: orario incompatibile con le 5.45 (vorrebbe dire che la volante si è diretta nella zona prima di qualsiasi segnalazione da parte dei cittadini), ma perfettamente conciliabile con le 5.50.
Quindi l’ipotesi: “se questa persona era davvero lì prima dell’arrivo della polizia allora le urla di Federico sarebbero la conseguenza e non la causa delle chiamate al 113”.
Nell’appunto, poi, si parla di una “persona che urla e che picchia la testa contro un palo”, ma l’uomo che aveva fatto quella chiamata, ai microfoni di “Chi l’ha visto?” racconta cose diverse: “non s’è visto niente se non i fari di una macchina…”.
Il programma continua con le varie anomalie dell’inchiesta e l’intervista a Fabio Anselmo, uno dei legali degli Aldrovandi: “sono convinto che il capo d’imputazione fotografi in modo non completo tutto il film tragico della morte di Federico Aldrovandi, perché la prima parte l’abbiamo persa nei primi mesi di indagine”. “Io credo che i genitori abbiano subito una duplice violenza – continua l’avvocato -: la morte del figlio e il fango gettato sulla memoria dello stesso, fin da quando si è cercato di incanalare le indagini sulla pista della droga”. Anche nell’immediatezza del decesso qualcosa, secondo Anselmo, non ha funzionato come doveva. “I poliziotti intervenuti sul posto – spiega -, colleghi dei quattro imputati, hanno interrogato a tappeto tutti gli abitanti della via per sapere se avessero visto qualcosa. Perché l’hanno fatto e su incarico di chi vorremmo capirlo. Questo non avrebbe dovuto succedere. Il magistrato avrebbe dovuto recarsi immediatamente sul posto, accertando i luoghi e le tracce di reato, cosa che a noi risulta non essere accaduta. L’auto contro la quale si sarebbe fatto male Federico non è stata sequestrata, è stata pulita e riparata e sottratta all’esame dei periti del giudice. Avrebbero dovuto essere sequestrati i manganelli e via dicendo… Le indagini sono state affidate alla squadra di polizia giudiziaria diretta dal convivente di una degli indagati: convivente che quella notte, nei minuti immediatamente successivi alla morte di Federico Aldrovandi, a noi risulta essere stato ripetutamente chiamato dall’indagata stessa, telefonicamente. Questo non avrebbe mai dovuto succedere”.
La parola passa quindi ai genitori di Federico, intervenuti in diretta, e al loro appello affinché l’uomo che sostiene di aver assistito alla scena si faccia avanti.
La sua testimonianza conferma quello che sospettavamo e temevamo, gli chiedo di fare un passo in più per Federico e depositare la sua testimonianza che sarebbe importantissima per noi”. L’appello si estende poi alle altre persone che potrebbero aver visto qualcosa: “contattate il pm Nicola Proto o questa trasmissione, non abbiate paura, non è più come all’inizio, sono cambiate le condizioni, c’è tutta la garanzia di un processo”. Anche il marito e papà di Federico si associa, con la voce rotta, alla preghiera: “gli chiedo di trovare quella forza, di aprire il suo cuore, che pensi a quello che può aver patito nostro figlio. Non so se anche lui abbia dei figli, ma lo faccia per il bene di Federico”.