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(Notiziario Aduc) Il codice penale in vigore in Vaticano, il codice Zanardelli risalente al 1884, non contempla come reato la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Quindi per condannare una persona accusata di questo delitto il Tribunale vaticano ha dovuto usare un vero ‘escamotage’ giudiziario. ‘Quest’anno abbiamo avuto un caso di spaccio e di uso di sostanze stupefacenti – riferisce, in un’intervista all’Osservatore Romano, il promotore di giustizia Nicola Picardi, alla vigilia della sua relazione per l’apertura del nuovo anno giudiziario -. Non avevamo la legge che sancisse in qualche modo questo grave reato. Il promotore di giustizia si e’ avvalso dell’art. 23 della legge fondamentale, la legge n. 2 sulle fonti, la quale dice che se non risultano norme penali applicabili e se manca una legge speciale, ma esiste un fatto che offende i principi della religione, della morale, dell’ordine pubblico, della sicurezza delle persone, il giudice puo’ applicare una pena con ammenda o l’arresto’. Picardi, la cui funzione e’ omologa a quella del procuratore generale nel sistema italiano, spiega che ‘questo articolo 23 non era mai stato applicato. Si e’ stabilito che l’interpretazione da parte del giudice costituisce un elemento portante del sistema penale e quindi il principio di legalita’ va visto anche alla luce dell’interpretazione giudiziaria’. ‘La nostra fu una sentenza importante, che risale al 6 ottobre 2007’. ‘Fra l’altro il tribunale ha evitato che si creasse una carenza legislativa che poteva far diventare il territorio vaticano una zona franca, proprio in una realta’ cosí delicato quale lo spaccio degli stupefacenti’. Picardi, comunque, non rinuncia a segnalare ‘la sanzione ridicola, una sanzione di sei mesi, un arresto di soli sei mesi. Le pene – conclude – sono molto maggiori negli altri stati per questi reati’.