Oggi è il 20/4, o meglio 420: il codice numerico inglese che indica la giornata e soprattutto l’orario dello spinello collettivo, un festoso omaggio al fascino dell’erba e un termine slang divenuto oramai universale. Sono previsti un po’ ovunque party colorati e spumeggianti, con il culmine alle 4:20 del pomeriggio locale, in qualsiasi parte del globo ci si trovi. Tutto risale a una sorta di “inside joke”, una trovata messa in piedi nel 1971 da sei studenti liceali a San Rafael, poco a nord di San Francisco. All’epoca non era certo facile né comune trovare il modo di farsi una fumatina in santa pace, così la combriccola ideò quel codice, le 4:20 del pomeriggio, quando volevano ritrovarsi per qualche avventura collettiva dopo aver fumato uno spinello.
Situazioni nel pieno stile di Cheech & Chong, coppia di comici che ebbe un periodo di notorietà a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, con esilaranti performance basate su battute gergali, improvvisazioni continue e frequenti rimandi ai divertenti effetti della marijuana. Fino a diventare un fenomeno culturale e sociale con un discreto successo mediatico e popolare, anche al di fuori degli Usa: i due hanno realizzato album, libri e film, partecipato a eventi dal vivo e festival musicali, e ancora pochi anni fa annunciavano di lavorare a un nuovo film in proprio.
Il gruppo iniziale di studenti (noti come “The Waldos”, gli strambi) continuò quegli incontri e avventure periodiche, finché il nome in codice prese a circolare nell’entourage dei Grateful Dead, allora alle prese con le prime jam session dell’era pre-psichedelica. Un passaparola e una pratica inarrestabili, mentre il termine veniva usato per riferirsi alla marijuana in generale. Da rivolo della controcultura californiana, il 420 è andato emergendo nel quotidiano vissuto di decine di milioni di americani (e oltre) che fanno uso di cannabis a scopo ricreativo, al pari dell’alcol, o come per altre attività socialmente accettate. Non a caso il 420 è ormai noto come la festa (ufficiosa) della marijuana, o anche Weed Day.
Senza dimenticare che in quasi mezzo secolo, quel numero ha fruttato milioni di dollari ai tanti che lo hanno ripreso su magliette e cappellini, fino alle recenti aziende che vendono cannabis legalmente e ai siti web per incontri romantici “compatibili con il 420”. Lo scorso anno è stato anche inserito nell’Oxford English Dictionary, dando pieno credito a “The Waldos” per averlo inventato e sintetizzandone la storia. A ragione,
Negli ultimi anni e a cominciare dagli Usa, l’evento è man mano divenuto il simbolo del fronte antiproibizionista e pro-cannabis, oltre che occasione per eventi artistici. Tra questi, i tradizionali ritrovi al Washington Square Park di New York e al Golden Gate Park di San Francisco, e il Mile High 420 Festival a Denver, in Colorado. Manifestazioni sono previste anche a Montreal, Vancouver, Melbourne, Londra e altri luoghi internazionali. Per ulteriori dettagli è ovviamente il caso di seguire i social media, in particolare Twitter, dove in queste ore l’hashtag #420 offre un flusso ininterrotto di rilanci di ogni tipo e da ogni dove. E verso lo scoccare dell’ora fatidica, vanno diventando ‘trending’ hashtag quali #420day e Happy420.
Nutrita anche la presenza degli attivisti, a partire dalla Norml che organizza manifestazioni in varie città Usa, finalizzate soprattutto a premere sui legislatori per il passaggio a livello federale della proposta legislativa bipartisan denominata Ending Marijuana Prohibition Act. D’altronde il movimento pro-cannabis va conquistando sempre più spazio e sostegno, visto che ormai l’intera West Coast presenta varie forme di legalizzazione e lo stesso sta accadendo sulla costa opposta, fino alla possibilità del “consumo sociale” previsto in Massachusetts. Mentre anche zone periferiche, come Albuquerque, in New Mexico, ora normalizzano la depenalizzazione e un terzo della popolazione nazionale già vive di fatto in zone dove vigono varie forme di decriminalizzazione.
Come suggerisce anzi un editoriale sul sito della Cnn, vanno riviste ed emendate le discriminazioni razziali applicate da decenni con il pretesto di una ‘drug war’ inventata di sana pianta negli anni ’30. Bisogna porre rimedio alla devastazione causata dalla criminalizzazione di massa soprattutto rispetto a neri e minoranze, innanzitutto tramite norme proibizioniste sulla cannabis.
Un quadro in cui il 420, soprattutto quest’anno, diventa occasione ideale per avanzare politiche sociali che vadano oltre la legalizzazione in sé. E dove, insieme a festival e divertimenti, ci si impegni a sottolineare l’urgenza di riforme complessive capaci di chiudere l’era proibizionista e di ricomporre le annesse fratture sociali – in sintonia con le politiche internazionali odierne tese verso forme di legalizzazione per la cannabis e per le altre “droghe proibite”.