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Una settimana fa nella piazza centrale di Uruapan, città messicana di circa 300 mila abitanti a ovest di Città del Messico, sono stati ritrovati sette cadaveri, ognuno dei quali legato ad una sedia di plastica e ucciso da un colpo di arma da fuoco. L’uccisione dei sette uomini, tutti contadini o lavavetri, per le modalità in cui è avvenuta è verosimilmente da attribuire alla criminalità organizzata legata al traffico di droga, sebbene non siano ancora chiare le motivazioni (non è stato diffuso il contenuto dei messaggi che erano stati lasciati sui corpi).

Secondo un’inchiesta del periodico Reforma, nei primi due mesi del nuovo governo messicano il numero degli omicidi collegati al traffico di droga si è mantenuto stabile, rispetto allo stesso periodo del precedente governo (21 omicidi al giorno durante quest’ultimo, 23 nel 2012). Ma il dato più rilevante dell’inchiesta è però il numero di reati violenti, il più basso degli ultimi quindici anni. Sono stati 783 e 826 nei mesi di gennaio e febbraio del 2013, contro i 10.416 e 10.901 registrati nei primi due mesi del governo di Calderón. Inoltre, una delle più combattive organizzazioni criminali messicane, quella dei Caballeros Templarios, ha annunciato di aver rinunciato ai territori sotto il suo controllo, in favore del ritorno dell’autorità dello Stato. Il blogger americano Allan Wall riassume così la situazione: «La strategia del nuovo presidente è quella di ridurre la violenza facendo diminuire i reati come l’omicidio, il rapimento e l’estorsione, non necessariamente dando la caccia ai boss del narcotraffico».

Sono passati circa quattro mesi dall’insediamento del nuovo governo presieduto da Enrique Peña Nieto, il candidato del Partido Revolucionario Institucional, che ha vinto le elezioni del 2 luglio 2012 con il 37,22% dei voti. Subito dopo la sua elezione alcuni commentatori avevano parlato della possibilità – solo ventilata in campagna elettorale – che il paese possa abbandonare le politiche di lotta al narcotraffico (il più grosso problema per il paese) avviate in collaborazione con gli Stati Uniti dall’ex presidente Felipe Calderón. E i progetti, esposti in campagna elettorale, di stanziare 9 miliardi di dollari per un fondo dedicato alla prevenzione dei reati collegati al narcotraffico e la creazione di un corpo militare speciale di 10 mila unità non hanno avuto finora sviluppi.

Un grosso risultato a favore del nuovo governo sembrava essere stato ottenuto il 21 febbraio scorso: varie testate messicane diffusero la notizia che nel corso di una sparatoria in Guatemala poteva essere stato coinvolto Joaquin Guzmán, soprannominato El Chapo (“il piccoletto”), uno dei più pericolosi narcotrafficanti del paese, che secondo alcuni aveva “preso il posto Osama Bin Laden” in cima alla lista degli obiettivi militari degli Stati Uniti. Un sito di informazione della lotta ai narcos, il Blog del Narco, diffuse per primo su Twitter la notizia.