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Il Rapporto 2009 sull’Oppio in Afghanistan, pubblicato oggi a Kabul dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (Unodc) conferma che «il mercato dell’oppio afgano è quest’anno in forte calo». La coltivazione di oppio è scesa del 22%, la produzione del 10%, mentre i prezzi hanno raggiunto il minimo da un decennio a questa parte. Il numero di province senza coltivazione di oppio è salito a 20 (su 34) mentre i sequestri di droga continuano a crescere grazie a robuste operazioni anti-droga da parte delle forze NATO. «In questi giorni di diffuso, e comprensibile pessimismo sull’Afganistan, il rapporto Unodc dimostra che un certo progresso è possibile anche nelle aree controllate dai Talebani», ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Unodc, Antonio Maria Costa. La coltivazione di oppio è stata ridotta a 123 mila ettari, 36% in meno rispetto al picco di 193 mila ettari del 2007 (nel 2008 erano 157 mila). Quest’anno il declino più significativo si è registrato nella provincia di Helmand, dove la coltivazione è scesa di un terzo, da oltre 100 mila ettari nel 2008 a meno di 70 mila ora. Il sorprendente cambio di rotta, avvenuto in una delle province notoriamente più instabili dell’Afghanistan, è stato ottenuto grazie alla politica del bastone e della carota: il forte impegno da parte del governatore; una ferma offensiva militare contro gli operatori della droga; condizioni commerciali favorevoli ai raccolti legali; e la creazione di una vasta zona alimentare (food zone) nel cuore della provincia.

La produzione di oppio in Afganistan – calata del 10% a 6.900 tonnellate – non è tuttavia diminuita al pari della coltivazione, rileva il rapporto Unodc. Quest’anno il papavero afgano ha prodotto 56 kg di oppio per ettaro, un aumento del 15% rispetto al 2008 e oltre cinque volte superiore a quanto raccolgono i coltivatori di oppio nel Triangolo d’oro dell’Asia Sud-Orientale (10 kg per ettaro). Nella regione occidentale del paese, dove operano le truppe italiane, le coltivazioni di droga sono rimaste pressochè stabili. Nella provincia di Herat — zona relativamente sicura, e sede dell’avamposto umanitario italiano (la PRT – provincial reconstruction team) — le coltivazioni di oppio sono trascurabili (500 ettari). Nella provincia di Farah più a sud, invece, le coltivazioni permangono intense (12 mila ettari): non a caso si tratta di una delle aree più pericolose del paese, con frequenti attacchi suicidi e perdite di vite.

La domanda mondiale di oppio è da tempo stabile: circa 5 mila tonnellate. Tale domanda corrisponde a diverse migliaia di tonnellate meno di quanto l’Afganistan produce annualmente. Questo suggerisce, prosegue il rapporto Unodc, che una consistente quantità di oppio continua ad essere sottratta dal mercato e stoccata. «L’accumulo di oppio invenduto ora supera le 10 mila tonnellate, abbastanza da soddisfare la tossico-dipendenza mondiale (eroina) per due anni, o tre anni di prescrizione medica (morfina)», sostiene il direttore Costa. «Dov’ è quest’oppio? Chi lo detiene? E perchè? Occorre neutralizzare queste enormi partite di droga, prima che diventino fonte di finanziamento del terrorismo mondiale – e quindi causa di inquietanti conseguenze», ha ammonito il direttore dell’Unodc. La sovrapproduzione in Afghanistan e la minore penetrazione nel mercato in Europa stanno svalutando l’oppio. In Afghanistan il prezzo netto al produttore (i contadini) è calato del 30% negli ultimi 12 mesi: da 70 dollari/kg a 48 dollari/kg per l’oppio fresco, e da 95 dollari/kg a 64 dollari/kg per quello essiccato. «In Afghanistan il valore odierno dell’oppio è sceso al livello che aveva quando i Talebani erano al potere negli anni ’90», ha affermato Costa.

Di conseguenza, quest’anno i coltivatori di oppio hanno visto il guadagno lordo per ettaro contrarsi di un quarto, a 3,562 dollari per ettaro rispetto ai 4,662 dollari nel 2008. Negli ultimi dodici mesi, la caduta del prezzo e la minore coltivazione hanno ridotto il valore totale della produzione di oppio afgano del 40%, a 438 milioni di dollari. Ciò equivale al 4% the Pil (lecito) del Paese, in forte ribasso rispetto al 12% del 2007 e del massimo storico del 2002 (27%). Rispetto al 2008, inoltre, 800 mila persone in meno in Afghanistan sono state coinvolte nella produzione dell’oppio. Anche la repressione si è fatta più dura, sottolinea il rapporto Unodc. Negli anni scorsi la lotta alla droga in Afganistan è stata inefficace. Sebbene il 90% dell’oppio al mondo provenga da quel paese, negli ultimi anni solo il 2% è stato intercettato da esso (mentre oltre il 20% dell’offerta globale di cocaina viene sequestrata dal suo maggior produttore, la Colombia). Da qualche mese a questa parte, le forze militari afgane e la NATO, lavorando congiuntamente, hanno ulteriormente indebolito il mercato. «Il legame tra trafficanti ed insorti è ora nel mirino. Un centinaio di operazioni militari sono state condotte negli ultimi 8 mesi dalle forze speciali paracadutate in diverse province al sud e all’est del paese, creando un forte disorientamento nel mercato» ha detto Costa.

Nella prima metà del 2009 le forze NATO hanno distrutto oltre 90 tonnellate di precursori chimici, 450 tonnellate di semi di papavero, 50 tonnellate di oppio, 7 tonnellate di morfina, 1,5 tonnellate di eroina, 19 tonnellate di hashish e 27 laboratori di produzione. «Pur distruggendo solo una frazione della droga afgana, queste operazioni NATO hanno aumentato i rischi al traffico, creando un deterrente per il futuro» , ha detto il direttore dell’Unodc. Secondo Costa, «occorre colpire i centri nevralgici del mercato della droga, arrestare i trafficanti e gli insorti che li proteggono, invece che distruggere le piantagioni come succedeva in passato». Durante gli ultimi due anni solo 10 mila ettari di coltivazione di oppio sono stati eliminati (meno del 4% del totale coltivato), ad alti costi umani ed economici. Costa ha chiesto invece un maggior aiuto agli agricoltori. «Nell’Afghanistan post-elettorale la spinta verso lo sviluppo rurale deve essere tanto muscolosa quanto l’odierna offensiva militare. Occorre vincere il cuore ed il portafoglio dei contadini afgani, garantendo loro sicurezza, cibo ed occupazione», ha detto.

«Un matrimonio di interesse tra insorti e trafficanti sta dando vita a narco-mafie afgane», ha ammonito il Direttore Costa. Come in altre parti del pianeta, ad esempio in Colombia, il traffico di droga in Afghanistan è passato dall’essere un mezzo di finanziamento delle rivoluzioni, ad un fine in se stesso — per l’arricchimento individuale o del clan. «Il denaro della droga dà tossicodipendenza e scalza l’ideologia», ha affermato il direttore dell’Unodc. Costa ha nuovamente chiesto che i trafficanti di droga legati al terrorismo vengano deferiti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU in linea con la Risoluzione 1735. «I signori della droga devono essere portati di fronte alla giustizia -ha detto- non giustiziati in violazione del diritto internazionale, nè graziati per opportunismo politico». Il vertice dell’Unodc ha sottolineato la necessità di un approccio regionale contro l’oppio afgano «L’odierna attenzione regionale, verso l’Af/Pak, è benvenuta. Tuttavia occorre allargare il raggio d’azione all’Iran e all’Asia Centrale» ha spiegato Costa. «È troppo presto dire se la riduzione della coltivazione di oppio nell’ultimo biennio rappresenta un’oscillazione stagionale del mercato, oppure una tendenza a lungo termine», rileva infine Costa che aggiunge:«risolvere il problema dell’oppio non risolverà tutti i problemi dell’ Afganistan. D’altro canto i problemi dell’Afghanistan -conclude- non potranno esser risolti senza affrontare il problema della droga».