L’autore di Terra Nostra e La morte di Artemio Cruz, ha partecipato all’VIII Foro Iberoamerica, che la settimana scorsa ha riunito a Santiago del Cile un centinaio tra intellettuali, politici, imprenditori dell’America latina, Spagna e Portogallo per discutere delle grandi sfide della regione.
Carlos Fuentes ha sostenuto che gli Stati Uniti devono combattere il narcotraffico a casa loro, e che bisogna evitare in tutti i modi la presenza delle forze armate straniere sul territorio messicano. In un’intervista a Notimex ha detto: “Cio’ che il Messico non puo’ tollerare in nessuna maniera, per evidenti ragioni storiche, e’ la presenza di elementi armati degli Stati Uniti nel territorio messicano”. Dev’essere un principio assolutamente incontrovertibile, ha affermato. Riferendosi alla Iniciativa Mérida, concordata tra i governi del Messico e degli Usa per lottare contro il narcotraffico, Fuentes ha detto che nessun piano antidroga “dovrebbe avere un nome; bisognerebbe fare le cose senza dargli un nome”. Questo perche’ “il Plan Colombia” (la strategia antidroga elaborata da Colombia e Stati Uniti) ha lasciato un sapore amaro nella memoria della gente”, del Paese sudamericano. Il Governo messicano ha precisato che Iniciativa Mérida, che potra’ contare su un finanziamento di 500 milioni di dollari se il Congresso Usa lo approvera’, non prevede in alcun modo la presenza di truppe ne’ la partecipazione operativa di agenti stranieri in Messico.
Per lo scrittore, gli Stati Uniti devono attaccare il narcotraffico “sul loro territorio, poiche’ e’ li’ che ci sono i grandi interessi, e’ li’ che si ricicla il denaro sporco, ed e’ li’ che c’e’ il consumo. Sono tre cose fondamentali per comprendere perche’ esiste il problema droga”. Il fenomeno del narcotraffico “non lo hanno creato ne’ il Messico ne’ la Colombia; semplicemente hanno risposto alla domanda del consumatore nordamericano, giacche’ la pelota fa parte delle abitudini dei nordamericani”, ha aggiunto. “Fintanto che gli Stati Uniti non ammetteranno che il problema viene da loro, e che se c’e’ l’offerta messicana e colombiana (di droghe) e’ perche’ esiste la domanda nordamericana, fino a che giocheranno a fare i puritani e a non riconoscere che sono loro la radice del problema, allora il problema continuera’ a esserci”.
Fuentes, che ha presieduto al Foro Iberoamericano insieme all’ex presidente cileno Ricardo Lagos, ha sostenuto che in materia di narcotraffico si dovrebbe riconoscere che l’unico modo per sconfiggerlo e’ depenalizzare l’uso delle droghe. “Depenalizzazione (delle droghe), legalizzazione, come voi desiderate chiamarlo, non vedo altra uscita”, ha sostenuto lo scrittore -anche se e’ ipotizzabile che, in un primo tempo, la depenalizzazione incrementi il numero dei tossicodipendenti, “e’ possibile, ma quello che non ci sara’ sono i boss” del narcotraffico. Ha ricordato che quando il presidente statunitense, Franklin D.Roosevelt, nel 1933 derogo’ dalla legge che proibiva la vendita di alcol, “ci furono ubriachi, ma non gli Al Capone”. Allo stesso modo, la depenalizzazione delle droghe eliminerebbe le mafie del narcotraffico.