Garantismo
-Alla fine degli anni novanta, Lei diceva che il garantismo era una parola nuova nel lessico giuridico poiche’ era stato inserito vent’anni prima, in Italia, nel Diritto Penale. Com’e’ la situazione a livello universale?
-Il garantismo e’ una parola coniata negli anni settanta, in Italia, in ambito del Diritto Penale. Tuttavia, puo’ essere estesa come paradigma teorico alle garanzie di tutti i diritti fondamentali, non solo del diritto di liberta’ in materia penale, bensi’ anche nei diritti sociali. E non solamente rispetto ai poteri pubblici, ma anche rispetto a quelli privati. E non solo rispetto al potere di uno Stato, ma anche ai poteri internazionali.
-Lei afferma che esistono degli ampliamenti del garantismo che dovrebbero essere presi d’urgenza. A quali questioni si riferisce?
-Uno degli ampliamenti dovrebbe andare in direzione dei diritti sociali. Un altro verso i poteri privati, che la tradizione liberale ha sempre confuso con le liberta’, quando sono cose differenti. Per esempio, si confonde cio’ che e’ la proprieta’ dei media con cio’ che e’ la liberta’ di stampa. O anche verso il potere del mercato, che si pone al di sopra dei diritti civili. Il garantismo si e’ sviluppato esclusivamente rispetto ai poteri pubblici, come espressione dello stato di diritto, invece di manifestarsi anche nei confronti dei poteri privati. Il diritto al lavoro, il diritto all’ambiente non hanno un disegno costituzionale. Questi ampliamenti devono essere strutturali.
-C’e’ un terzo ampliamento di cui lei parla.
-Il terzo e’ il diritto internazionale. Abbiamo molte Carte internazionali: dichiarazioni di diritti, convenzioni, patti, ma senza garanzie. In questo vuoto di garanzie, il potere privato e quello delle grandi imprese private colmano il vuoto di garanzie pubbliche. Cio’ permette ai poteri privati, senza che ne abbiano il diritto, di svilupparsi in maniera selvaggia e illimitata.
-Tornando al tema della liberta’ di stampa, in Argentina, in alcuni momenti storici poteva essere meno complicato lavorare con una certa liberta’ in un organo di stampa statale che in uno privato.
-Succede anche in Italia ed e’ il segno dell’importanza dei concetti teorici. E’ il frutto di una confusione concettuale che fa parlare di “liberta’ di stampa” quando in realta’ e’ “liberta’ della proprieta’ dei media”. La polemica che c’e’ stata in Italia, sul monopolio dei media da parte di (Silvio) Berlusconi, ha posto l’accento sul pluralismo della proprieta’, che e’ un valore da garantire, naturalmente. Ma io credo che si debba anche affermare la separazione della liberta’ di stampa, ossia la liberta’ dei giornalisti d’informare, dalla proprieta’ dei media. La proprieta’ non dovrebbe influenzare l’opinione dei giornalisti e nessuno dovrebbe avere piu’ di una rete televisiva o di un giornale. Cio’ dovrebbe essere assicurato per legge. Altrimenti sono solo garanzie di carta, senza un’applicazione reale.
Droga
-Si e’ incontrato con il ministro Anibal Fernandez e ha parlato con lui del progetto di depenalizzazione del possesso di droghe per uso personale. Qual’e’ la Sua opinione su quest’iniziativa?
-La legislazione antidroga che si e’ sviluppata nel mondo sotto la pressione degli Stati Uniti e’ totalmente irrazionale. Essa produce solo criminalita’ e non la diminuzione del consumo. Il proibizionismo significa affermare il monopolio criminale del mercato della droga, che produce, inevitabilmente, criminalita’ grande e piccola, in questo caso dei piccoli venditori di droga. La criminalita’ esercita una pressione su tutti i giovani che la legalizzazione non produrrebbe. Esiste un interesse dei piccoli consumatori-spacciatori di corrompere altri giovani. Questo e’ legato alla pressione dei grandi monopoli della droga. Tutto cio’ fa si’ che la repressione cada sulla mano d’opera bassa e non sulle grandi imprese.
-La legalizzazione della droga sarebbe la soluzione del problema?
-E’ possibile che la legalizzazione in un primo momento porti a un aumento del consumo, ma nel lungo termine ci sarebbe una diminuzione poiche’ non ci sarebbero la pressione e la corruzione sui consumatori, i quali devono convincere i propri compagni a consumare.
-Che opinione ha del progetto argentino di depenalizzazione?
-Non ho letto il progetto, non conosco i dettagli. Mi e’ parso che il ministro abbia una politica molto razionale. Uno dei passi da fare, nella lotta alla droga, e’ prevedere l’impunibilita’ del consumo. E’ un principio classicamente liberale dire che “gli atti contro se stessi non sono punibili”. Ciascuno e’ sovrano sulla propria persona. La criminalizzazione peggiora soltanto il problema. Un’altra misura potrebbe essere di differenziare la droga pesante da quella leggera. Importante e’ ridurre il danno. E per questo, il Diritto Penale non e’ una bacchetta magica.
Armi
-Ho sentito che s’interessa anche del piano di disarmo della societa’ civile
-Una politica importante sarebbe quella di legalizzare l’uso delle armi. Le armi dovrebbero essere considerate, piu’ della droga, dei beni illegali. Le armi sono destinate a uccidere, provocano guerra e criminalita’. Perche’ non parlare di armi-traffico anziche’ parlare tanto di narco-traffico?
-Prima parlava di “irrazionalita'” della politica in materia di droghe promossa dagli Stati Uniti. E’ possibile ottenere un cambio sostanziale per smetterla con le droghe e le armi se sono due mercati favolosi?
-E’ legittimo il sospetto che ci siano degli interessi molto forti a sostegno del proibizionismo sulle droghe. Non e’ credibile, visto che gli Stati Uniti hanno sperimentato il proibizionismo, negli anni ’20, che ha provocato il gangsterismo, il quale ha causato una criminalita’ feroce.
Globalizzazione
-Lei parla del rapporto tra Diritto e globalizzazione.
-E’ importante analizzare come si possa utilizzare il Diritto per neutralizzare gli effetti negativi della globalizzazione. La globalizzazione si caratterizza come un vuoto del diritto pubblico, un vuoto di garanzie dei diritti fondamentali. Noi abbiamo accordi di diritti umani, molte convenzioni interamericane, europee, africane. Abbiamo molte carte e dichiarazioni, ma sono solo diritti di carta se mancano le leggi che consentono la loro applicazione pratica.
-Come si frena una globalizzazione che, per molti aspetti, sta portando alla distruzione dell’ambiente, come avviene in Argentina con le imprese che sfruttano le miniere a cielo aperto?
-Esiste una totale assenza di limiti per le imprese, le quali possono devastare l’ambiente e le risorse naturali. Le imprese sanno individuare le vulnerabilita’ dei paesi e quindi decidere in quali e’ possibile lavorare e sfruttare al meglio, distruggere l’ambiente e corrompere i governanti. Cio’ si chiama, con un eufemismo, la “concorrenza” tra assetti nazionali piu’ benigni e assetti delle imprese. E’ una cosa buona solo per le imprese che sfruttano gli Stati dalle legislazioni meno garantiste.
-In Argentina ci sono state proteste da parte delle comunita’ interessate per evitare la distruzione delle risorse naturali, ma le imprese continuano a distruggere l’ambiente.
-Sono processi difficili, di lungo termine. Solo le lotte sociali possono evidenziare la violazione dei diritti, l’incostituzionalita’ di cio’ che sta accadendo. E’ necessario segnalare il carattere suicida di questa mancanza di limiti per le imprese private. Questo e’ l’unico pianeta che abbiamo. Rispetto alle grandi catastrofi del passato, oggi c’e’ una differenza: potremmo non essere piu’ in tempo per dire “mai piu'”.
-Significa che c’e’ il rischio che non potremo mai piu’ dire “mai piu'”.
-Bravo. Abbiamo detto “mai piu'” al fascismo, “mai piu'” alla dittatura, “mai piu'” alla distruzione del pianeta, “mai piu'” alla disuguaglianza che causa milioni di morti. Adesso potremo non essere piu’ in tempo per prendere le decisioni che occorrono. (Pagina12.com)