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La guerra contro la droga (war on drugs) dichiarata quaranta anni fa dagli Usa, e’ in discussione all’assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), che e’ cominciata ieri in Guatemale, proprio nel momento in cui l’America Latina si sta dando da fare per strategie alternative contro il traffico degli stupefacenti. Questa 43ma assemblea generale si e’ aperta ieri sera ad Antigua (45 km a sud ovest della capitale Guatemala) in presenza delle delegazioni di 34 Paesi membri, tra i quali tre presidenti e il segretario di Stato degli Usa, John Kerry. I dibattiti, fino a giovedi’, ruoteranno soprattutto intorno alla definizione di nuove strategie per cercar di far fronte alla violenza provocata nella regione dai cartelli della droga, essenzialmente in America centrale e in Messico, passaggio obbligato degli stupefacenti prodotti piu’ a sud e consumati in Usa. La lotta frontale perorata da Washington, basata sulla repressione poliziesca e militare contro produttori e distributori, e’ considerata un fallimento da numerosi dirigenti o ex-dirigenti locali. Tra le soluzioni alternative piu’ largamente evocate regionalmente, figura la depenalizzazione del consumo, nonche’ del commercio, di alcune droghe, opzione che vede la forte opposizione degli Usa. Si tratta di “un dibattito largamente atteso, di cui i nostri Paesi hanno bisogno per trovare soluzioni ad un fenomeno che ci affligge tutti, ma non nello stesso modo (…), i piu’ vulnerabili pagano il maggior tributo alla violenza”, ha dichiarato durante la riunione il segretario generale dell’OEA, Jose Miguel Insulza. Il Paese che ospita l’assemblea e’ giustamente quello il cui presidente, Otto Perez, un ex-generale di destra, e’ stato il primo l’anno scorso suggerendo la depenalizzazione delle droghe.
Fine di un tabu’
Quest’anno i dibattiti verteranno su un rapporto di esperti recentemente presentato all’OEA, rapporto che evoca tre strade per affrontare il fenomeno: una sperimentazione della regolamentazione di produzione e consumo, miglioramento della sanita’ pubblica e rafforzamento della sicurezza. Questo rapporto “ha toccato una corda sensibile” tra coloro che “pensano non sia necessario ridiscutere la politica antidroga”, secondo Insulza. Ancora lungi dal consenso, questa proposta sta guadagnando terreno. Anche in Usa, il Colorado e la California hanno legalizzato l’uso ricreativo della marijuana. In Uruguay si perora una produzione sotto controllo dello Stato e in Paesi come Argentina e Brasile ci si sta avviando sulla strada della depenalizzazione del consumo personale di cannabis.
Tuttavia, gli Usa, principale consumatore di droghe nel mondo, sono fermi sulle oro posizioni. “Nessuna organizzazione internazionale potra’ imporre la legalizzazione, e sicuramente non in Usa”, ha ancora sostenuto il sottosegretario incaricato alla lotta contro gli stupefacenti, William Brownfiled, membro della delegazione Usa. Intanto. Il vice-segretario di Stato per l’America Latina, Roberta Jacobson, che accompagna anche lei Kerry ad Antigua, ha detto di sperare che “la posizione del governo americano sulle droghe sara’ resa nota in modo chiaro in Usa e all’estero”, riconoscendo che la “strategia americana” in materia e’ talvolta “mal compresa”. Ma per il ministro degli Esteri dell’Ecuador, Fernando Carrera, un “tabu’” e’ stato tolto: prima “si pensava che tutto era gia’ stato detto e la sola cosa da fare era applicare un cieco paradigma”. Ormai il dibattito e’ aperto. Secondo l’OEA il 45% dei consumatori di cocaina nel mondo, la meta’ dei consumatori di eroina e di oppiacei e un quarto dei consumatori di marijuana, vivono nel continente americano, secondo continente piu’ violento nel mondo dopo l’Africa, con 16 omicidi ogni 100.000 abitanti ogni anno, il doppio della media mondiale. L’ONU calcola che la vendita di cocaina muove 85 miliardi di dollari ogni anno, 35 dei quali in Usa, e inoltre favorisce la corruzione e provoca la morte di decine di migliaia di persone, in modo particolare in Messico.