La Bolivia è tornata a firmare la Convenzione Unica delle Nazioni Unite sulle droghe del 1961 ottenendo la deroga al divieto della masticazione della foglia di coca nel proprio paese. E’ perciò fallito il tentativo dei paesi del G8 – Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Canada, Francia, Germania e Russia- insieme ad altri otto accodatisi all’ultim’ora, di bloccare la riadesione della Bolivia. Da notare che il drappello degli ultras proibizionisti (sedicenti “Amici delle Convenzioni”)è stato di gran lunga al di sotto del quorum necessario (62 stati membri) per bloccare la Bolivia. Per di più, non c’è stata alcuna obiezione da parte dei paesi dell’America Latina, se si esclude il Messico. Le motivazioni scientifiche per cambiare la classificazione della foglia di coca nella Convenzione (e rivederne la proibizione) sono state chiarite nel rapporto di una commissione di esperti dell’Oms del 1995(cfr. in questa rubrica G.Zuffa, 22/02/2012; M.Jelsma, 20/07/2011). Ma è evidente che questa partita non si è giocata tanto sul merito della foglia di coca, quanto sul conflitto istituzionale fra leggi nazionali e internazionali e sul modo di intendere le convenzioni internazionali stesse.
Va ricordato che nella nuova costituzione boliviana del 2009 l’uso della masticazione della foglia di coca è riconosciuto come parte del patrimonio culturale degli indigeni. Dopo questo solenne riconoscimento, la Bolivia non poteva fare a meno di cercare di cambiare la Convenzione del 1961, pena l’umiliazione di vedersi considerato come uno stato dimezzato, ingiustamente condannato all’illegalità internazionale. Sul piano del diritto, la via maestra era quella di proporre un emendamento alla Convenzione Unica. Il che avrebbe permesso di tutelare l’uso tradizionale della foglia presso tutte le popolazioni andine, non solo in Bolivia. Proprio quello che la Bolivia ha fatto, proponendo un emendamento all’art. 49 della Convenzione Unica nel 2009. Ma l’obiezione di diciotto paesi (in gran parte gli stessi oppositori di oggi) riuscì a bloccare l’emendamento. Per la Bolivia, rimaneva allora solo la strada, certamente più ardua da un punto di vista procedurale, di denunciare la Convenzione e chiedere poi di riaderire con riserva. Molti stati (fra cui l’Italia) hanno avanzato obiezioni procedurali al riaccesso: pretestuose e ipocrite però, visto che per lo più sono state sostenute dagli stessi stati che a suo tempo hanno obiettato alla via procedurale maestra dell’emendamento. Ipocrisia a parte, il ricorso alle obiezioni procedurali è anche indice d’imbarazzo politico a pronunciarsi nel merito, per non ritrovarsi a sostenere una patente discriminazione etnica e culturale verso i popoli originari andini. Non a caso, quando gli Stati Uniti dovettero fronteggiare le proteste per la loro opposizione all’emendamento boliviano, si trincerarono sulla difensiva, affrettandosi ad assicurare il “rispetto” delle culture tradizionali. In ultima analisi, l’argomento principe degli oppositori sembra essere: giusta o ingiusta che sia, non si può cambiare una virgola delle Convenzioni sulle droghe, pena metterne a repentaglio la sopravvivenza. Questa è la logica sciagurata dei regimi (antidemocratici): che infatti non si riformano, crollano. Alla fine il vero “amico delle Convenzioni” sembra essere Morales. Che ha fiducia nelle leggi e nel cambiamento.