Dopo circa un anno e mezzo dall’entrata in vigore della legge per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (L. 242/2016), il Ministero delle politiche agricole ha ritenuto opportuno fornire con una circolare alcuni chiarimenti applicativi rispetto al mercato dei derivati della canapa.
Appare evidente come tale intervento sia stato mosso dall’esigenza di regolamentare il fenomeno della cosiddetta cannabis light che, nell’arco di un anno, ha dimostrato di costituire un fenomeno mediatico, culturale e soprattutto economico. Si parla di circa 1000 nuove aziende – agricole e commerciali – sorte intorno a tale produzione con il conseguente indotto in termini occupazionali ed economici.
La circolare si propone di fornire chiarimenti su due tematiche che, a detta dello stesso MIPAAF, rappresentavano delle “zone grigie” della normativa, ossia il florovivaismo e le infiorescenze. La previsione sulle infiorescenze rappresenta sicuramente la nota positiva del provvedimento in commento.
La circolare, richiamando la norma comunitaria, ribadisce il valore dello 0,2% quale limite del tenore THC (il principio attivo psicotropo della cannabis) nei prodotti di canapa, menzionando sia quella greggia (e quindi anche le infiorescenze), sia le sementi destinate sia alla semina che ad usi diversi. Dal tenore letterale della circolare si evince quindi come il Ministero ritenga questo il limite di principio attivo, in conformità con la normativa comunitaria in materia sia di regime degli aiuti sia in materia di importazioni.
Quella prevista dall’art. 4 della legge, lo 0,6% di THC, rappresenta dunque soltanto una soglia di tolleranza per l’agricoltore, a tutela del coltivatore per non incorrere in sanzioni in caso di sforamenti che in agricoltura si possono sempre verificare.
La circolare sancisce la legittimità delle infiorescenze precisando come “pur non essendo citate espressamente dalla legge” esse rientrano “nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo” purché tali prodotti presentino tre requisiti: derivate da varietà ammesse, iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole; con un contenuto di THC non superiore ai livelli previsti dalla normativa di cui sopra; che non contengano sostanze dichiarate dannose per la salute.
Appare pertanto evidente come la circolare sancisca la liceità delle infiorescenze quali prodotti florovivaisti risolvendo e superando definitivamente gli escamotages sinora utilizzati. La circolare consente di chiamare le infiorescenze con il proprio nome: fiori prodotti da attività florovivaiste, ovviamente nel rispetto della normativa di settore relativa.
D’altro lato, con la ratio di garantire la tracciabilità fino al seme, viene vietata tout court la possibilità di riproduzione per via agamica (es. per talee) ai fini della loro commercializzazione e, soprattutto, la possibilità di acquistare talee per ottenere prodotti da essa derivati.
In conclusione si può dire che la circolare, firmata dal Viceministro Olivero, si inserisce in un percorso in atto inerente regolamentazione e autoregolamentazione del settore. Un processo invocato dalle stesse associazioni di categoria che recentemente hanno presentato il disciplinare di produzione delle infiorescenze. Uno strumento volto a garantire quelle finalità di tracciabilità, qualità e tutela del consumatore menzionate dal Ministero stesso nella circolare, e che a breve verrà pubblicato ad uso e consumo degli operatori del settore che vi vorranno aderire su base volontaria.
Il commento integrale dell’Avv. Bulleri alla circolare del MIPAAF del 22.05.2018 on line su fuoriluogo.it