La sentenza delle Sezioni unite della Cassazione di oggi sulla cannabis light pare decisamente pilatesca, ma sufficiente a mettere in crisi un intero settore (uno dei pochi in crescita in questo paese) e a riscaldare le parole insensate del Ministro degli Interni che continua a definire droga qualcosa che non ha “alcun effetto drogante” (prendendo a prestito l’espressione dei Giudici di cassazione).
Scrivere infatti in una sentenza che la vendita delle infiorescenze non è fra le condotte ammesse dalla legge 242/2016 e quindi passibile di sanzione ai sensi dell’art. 73 del DPR 309/90, salvo nei casi in cui non ci sia effetto drogante sembra semplicemente demandare ai giudici di merito la definizione di questa soglia “drogante” (che in giurisprudenza è spesso considerata lo 0,5%). Ovvero da un lato dare un alibi giuridico a chi ha lanciato una offensiva politica e ideologica alla commercializzazione della canapa senza THC (leggi Salvini), dall’altro rendere possibile il più grande spreco di risorse, umane ed economiche, della storia recente della giustizia italiana. Sono ormai migliaia i negozi che vendono infiorescenze: se tutti subissero una visita con sequestro da parte delle forze dell’ordine si intaserebbero le aule di tribunale di inutili perizie volte a determinare la percentuale di THC nella canapa industriale, centinaia di giudici si dovrebbero occupare di determinare se percentuali infinitesime di principio attivo siano o meno un pericolo per la società, e migliaia di onesti cittadini sarebbero ingiustamente perseguitati.
Insomma, prima ancora che interessare la Corte Costituzione e la CEDU per l’assurda sproporzione delle pene così previste rispetto alle condotte (pensate cosa mai potrebbe succedere se un eccentrico magistrato si mettesse in testa di contestare l’art. 74 ad una azienda che distribuisce infiorescenze in tutta Italia…), ce ne sarebbe per la Corte dei Conti.
Ma tanto è. Siamo in Italia e mentre le mafie ridono a crepapelle, la politica è incapace di contrapporre alle parole senza senso del Ministro alla Paura una proposta seria di regolazione legale della cannabis (anche quella con tanto THC). Proposte che ci sono in Parlamento, a partire da quelle delle associazioni e di quella di iniziativa popolare, ma che continuano a giacere nei cassetti.