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La scorsa settimana, il Sottosegretario Alfredo Mantovano ha partecipato a un’audizione presso la Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza. L’incontro ha riguardato un’indagine conoscitiva sul “degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori”. Basterebbe il titolo dell’indagine per giudicare l’approccio ai giovani della destra italiana. Il focus della convocazione era la diffusione di alcool, nuove droghe, aggressività e violenza tra i giovani: Mantovano ha così potuto esprimersi in piena libertà, spaziando fra miti e leggende e rispolverando anche vecchi e cari capri espiatori.

“Mi trovavo insieme ai miei amici K e C avevo degli spinelli con me che fumai davanti a loro, all’improvviso forse preso da euforia ho proposto loro di picchiare una guardia giurata che da poco era passata davanti a noi”. Così, a freddo, citando uno dei minori accusati di un terribile omicidio, il sottosegretario anticipa il livello del suo contributo. Salta subito alla mente la propaganda proibizionista americana degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Siamo tornati alla molecola, in questo caso il THC, che trasforma i nostri figli in mostri. Nulla sulla condizione familiare, sociale e scolastica di quei quindicenni cresciuti in un quartiere degradato, colpevoli di un crimine efferato. Evidentemente per la destra di governo è sufficiente per risolvere la questione minorile tornare alla “droga che provoca la maggior parte della violenza nella storia dell’umanità” di Anslinger, il padre del proibizionismo della cannabis.

Del resto, Meloni lo ha dimostrato con Caivano: dietro l’elemosina di qualche milione investito in una città fatta simbolo, ha nascosto l’abbandono completo del resto delle periferie italiane. Ha creato l’allarme e inasprito pene e trattamento penale dei minori, nonostante i reati da loro commessi siano in calo. Meno reati, più repressione: tanta da riempiere gli Istituti Penali per i Minori (IPM), come ha dimostrato il recente rapporto di Antigone “A un anno dal decreto Caivano”. Mettendo in crisi il sistema della giustizia minorile italiana, una delle poche cose che funzionavano.

Se il THC è il nemico, la pianta di cannabis da cui deriva è il demonio. Così “la [cannabis] naturale non può superare il 2,5%” – testuali parole di Mantovano. Torniamo al mito della cannabis di una volta, che non era così potente, e della “innaturalità” della crescita del THC. Detto che alcuni studi degli anni ‘70 riportano livelli paragonabili a quelli medi riportati dalla relazione del Governo, per destare maggiore allarme Mantovano riporta che i “sequestri di hashish – ovvero di un concentrato – è passata dal 17% del 2018 al 25% del 2023”. Il sottosegretario nel suo ragionamento omette di ricordare che le piante di naturalissima cannabis terapeutica, coltivate dal Ministero della Difesa a Firenze, producono infiorescenze al 20% di THC.

Ma il punto è un altro: l’audizione è stata una confessione implicita del fallimento dell’approccio ideologico proibizionista. Nonostante 34 anni di applicazione della legge antidroga, che punisce con pene draconiane il semplice spaccio (fino a 20 anni di carcere) e riempe le nostre carceri (il 34% dei detenuti è per droghe), il mercato illegale riesce addirittura ad aumentare la qualità delle sostanze da strada. Nonostante l’aumento delle pene anche per i fatti di lieve entità voluto dal Governo Meloni nel decreto Caivano, aumentano le quantità di droghe sequestrate, e quindi quelle in circolazione. Nonostante l’aumento della repressione penale e amministrativa i consumi di sostanze non scendono.

Risulta evidente, per chiunque valuti pragmaticamente la questione, che questo approccio non solo non è efficace, ma produce danni alle persone e alla loro salute, così come alla società. Non è un caso che le uniche politiche capaci di diminuire il consumo di sostanze fra gli adolescenti siano state tre: il lockdown forzato dalla pandemia, grandi investimenti in politiche di integrazione sociale e prevenzione ed infine il processo di regolamentazione legale della cannabis per gli adulti. Escludendo il primo, gli altri due sono talmente complementari che ci sarebbe da chiedersi perché non se ne parli.

La risposta è tutta nelle parole di Mantovano che, in cerca di capri espiatori, ha espresso preoccupazione per come media e cultura popolare trattano la questione cannabis, prendendosela con i testi di Sfera Ebbasta e ancora con Marco Giallini, colpevole – nei panni del poliziotto Rocco Schiavone – di fumarsi una canna a fine turno.

Solo l’estraniarsi dalla realtà, la negazione delle evidenze – non solo scientifiche – e l’affermazione ipocrita di principi etici e morali da imporre agli altri, possono spiegare le mosse del Governo Meloni. Che ora si trova sotto osservazione anche a Bruxelles sia per il decreto Schillaci sul CBD trasformato in medicinale stupefacente, che per la criminalizzazione delle infiorescenze di cannabis light introdotta nel DdL Sicurezza. La commissione europea “sta valutando la conformità di tali misure con i Trattati e con il diritto derivato dell’Unione” come ha confermato ieri la commissaria Kyriakides rispondendo ad una interrogazione del M5S.

Articolo di Leonardo Fiorentini su l’Unità del 12 ottobre 2024.

[Foto governo.it]