La Corte costituzionale spagnola ha deciso all’unanimità di annullare la legge catalana che disciplina i Cannabis Social Club. I giudici hanno considerato che tale legislazione sconfini nelle competenze dello Stato, dopo il ricorso del governo di Mariano Rajoy, e che potrebbe dare protezione legale ad attività criminali.
Secondo la massima corte spagnola, sebbene la cannabis contenga elementi o principi attivi suscettibili di applicazione terapeutica, non può essere considerata un farmaco in senso stretto “ma una sostanza classificata come stupefacente, il che significa che è competenza in materia penale riservata allo Stato, in base all’articolo 149.1.6 della Costituzione“.
La corte ha quindi confermato il proprio orientamento rispetto al tema espresso al momento della dichiarazione di incostituzionalità dell’analoga legge approvata in Navarra. Per la Corte Costituzionale spagnola la “normativa riserva allo Stato” la disciplina sul “consumo, fornitura e distribuzione” di questa sostanza illegale.
Nel mese di giugno 2017, il Parlamento catalano aveva approvato la legge di iniziativa popolare “la rosa verda” che dava un inquadramento legale al sistema locale dei cannabis social club. Questi ovviamente non chiuderanno a seguito di questo pronunciamento: la corte si è espressa solo riguardo alla legge catalana che li legalizzava. I Cannabis Social Club spagnoli continueranno ad esistere sfruttando i buchi della normativa spagnola almeno sino a quando la Corte non si esprimerà sui casi specifici portati alla sua attenzione (in primis Pannagh). A questo punto pare indispensabile un intervento governativo.
Il primo ministro, Pedro Sanchez, in questi giorni in visita in Canada, il primo paese del G-7 e il secondo al mondo, dopo l’Uruguay, a legalizzare l’uso ricreativo di marijuana, ha però dichiarato nel corso di una conferenza stampa congiunta con il suo omologo Justin Trudeau, che al momento ha “già abbastanza problemi” per aprire un nuovo fronte sulla regolamentazione della cannabis.