Un conto salato di 60.200 euro. È l’importo complessivo delle multe che sette farmacie galeniche italiane dovranno pagare allo Stato italiano. Il motivo? Violazione dell’articolo 84 del DPR 309/90, ovvero il divieto di “propaganda pubblicitaria di sostanze o preparazioni comprese nelle tabelle” delle sostanze sottoposte a controllo dalle convenzioni internazionale, “anche se effettuata in modo indiretto”. Le sette farmacie comparivano in siti che elencano le aziende che realizzano preparati a base di cannabis terapeutica. Una utile informazione agli utenti, peraltro resa senza che sia nota una richiesta di corrispettivo, ma che per la legge Jervolino-Vassalli diventa passibile di sanzione. Le farmacie hanno ovviamente già presentato ricorso che ci auguriamo sia accolto. Alcune hanno anche oscurato il proprio sito per protesta.
L’azione, evidentemente pretestuosa da parte dello Stato, conferma come la legislazione italiana sulle droghe sia un coacervo di norme dal puro intento vessatorio e repressivo. Ma non solo. Tutto probabilmente nasce da un sospetto. Alcune di queste farmacie all’inizio dell’anno erano state oggetto di controllo da parte del Ministero per la loro richiesta di fornitura di FM2, il preparato a base di cannabis dell’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze che “sostituisce” uno dei prodotti olandesi, il Bediol. Al Ministero della Salute il quantitativo richiesto sembrava eccessivo, forse temendo vendite “sottobanco” a persone senza prescrizione. Semmai il problema è la quantità assolutamente insufficiente della prima produzione statale, pari a soli 47 chilogrammi.
Alla fine a chi aveva richiesto 500 grammi di FM2, stimando l’ordine sulla domanda storica, ne sono stati concessi 50. Purtroppo le richieste, come da tempo denunciato dalle associazioni e dai pazienti, sono assolutamente fuori scala rispetto all’attuale produzione dello Stato, e si continua ad importare grossi quantitativi dall’estero. Con un aggravio di costi per il paziente e per l’intero sistema sanitario nazionale. Ricordiamo che una terapia può costare al paziente, se non coperta dal sistema sanitario – per mancanza di una legge regionale o per una patologia non ricompresa fra quelle prescrivibili a carico del SSN – anche alcune centinaia di euro al mese. Ma non solo: per un problema di crisi di produzione da alcune settimane risultano di fatto bloccate le importazioni in Italia dei farmaci olandesi. In risposta ad una recente interrogazione al governo dell’on. Mucci, a seguito anche del digiuno di Rita Bernardini, la Ministra Lorenzin ha annunciato di aver disposto la distribuzione delle scorte dell’IFM (sul perché siano rimaste nei magazzini, l’interrogativo è d’obbligo) e ha assicurato che lo stesso Istituto nel secondo semestre del 2017 metterà a disposizione ulteriori 12 kg che non appaiono comunque sufficienti a rispondere alla domanda totale.
C’è da domandarsi se non valga la pena di cogliere al balzo la timida proposta del PD di stralcio della cannabis terapeutica dalla proposta dell’Intergruppo riempiendola di contenuti efficaci. Se si riuscisse entro la legislatura a prevedere l’allargamento della produzione di cannabis, su autorizzazione, anche a soggetti diversi dal Farmaceutico Militare di Firenze ed infine, uscendo dalla logica degli elenchi restrittivi, la prescrivibilità per qualunque patologia il medico curante la ritenga utile e la completa depenalizzazione della coltivazione ad uso personale, sarebbe un successo parziale, anzi parzialissimo rispetto alla battaglia per il cambio di politica sulle droghe, ma una vittoria per i malati che subiscono ancora gli effetti della guerra, incomprensibile, ad una pianta millenaria.