In Uruguay dall’estate dello scorso anno il sistema di regolazione della coltivazione, acquisto e consumo della cannabis è stato completato. Il sistema si basa su 3 modalità di approvvigionamento per i cittadini uruguayani maggiorenni: la coltivazione e vendita su concessione statale attraverso la rete delle farmacie accreditate, la libera coltivazione per autoconsumo dei singoli cittadini (fino a 6 piante), la possibilità della coltivazione collettiva attraverso i cannabis social club.
Ad oggi si sono registrate presso l’Istituto di Regolazione e Controllo della Cannabis (IRCCA) circa 21.600 persone per l’acquisto presso le farmacie, 8.145 coltivatori per autoconsumo e 78 cannabis social clubs (da 15 a 45 membri per 99 piante massimo e 480 grammi per persona all’anno), un totale di oltre a 30.000 persone. La legalizzazione uruguayana è fortemente controllata dalla Stato che si fa garante attraverso dei concessionari della produzione della cannabis con cui rifornire le farmacie, per la coltivazione ad uso personale invece basta un’autodichiarazione, così come per i cannabis social clubs che hanno alcune regole semplici da rispettare oltre che l’obbligo di sottoporsi a verifiche ogni volta le forze dell’ordine lo richiedano.
Le differenze con le legalizzazioni statunitensi sono evidenti ma i risultati dal punto di vista della riduzione dei reati legati alla droga molto simili. Si calcola che i reati di questo tipo in Uruguay siano calati del 20%, ed i sequestri di cannabis nel mercato illegale sono scesi vertiginosamente, mentre si stanno moltiplicando gli studi e le ricerche per verificare che anche gli alti obbiettivi che la legge di legalizzazione si era data, siano raggiunti: la tutela della salute pubblica (fra cui quella dei consumatori) e la fine della stigmatizzazione di coloro che usano la droga. Inutile dire quanto siano importanti questi aspetti che il proibizionismo ha invece ignorato, provocato ed acutizzato in tutto il mondo.
In relazione ai rischi paventati di un aumento del consumo, hanno risposto gli esperti intervenuti alla fiera Expocannabis Uruguay lo scorso dicembre a Punta de l’Este, la famosa località turistica sull’oceano: “dal 2011 ad oggi non sono stati registrati aumenti nel numero di consumatori” afferma Mercedes Ponce de León, promotrice della fiera, “inoltre si stanno sfatando molti falsi miti e niente di catastrofico è accaduto in Uruguay né si sono registrati problemi alla salute ed alla sicurezza pubblica”, anzi il moltiplicarsi delle informazioni e di dibattiti pubblici sul tema delle droghe in generale, ha aumentando la consapevolezza dei cittadini sull’argomento, che sappiamo essere il primo elemento per la riduzione dei possibili danni causati dall’uso. Non è escluso, ha continuato de León, che l’Uruguay possa arrivare ad una legalizzazione anche della cocaina.
Qualche piccolo intoppo nella distribuzione della cannabis nelle farmacie si è però registrato, e Diego Pieri dell’associazione Proderechos individua nel rifornimento delle 12 farmacie uno dei punti ancora deboli del sistema, ci vogliono spesso anche 2 ore di fila per acquistare la cannabis e a volte le stesse farmacie rimangono senza scorte (ultimo evento registrato la settimana scorsa). L’altra carenza nel sistema è rappresentata dal fatto che solo una tipologia di olio di CBD per uso medico è stata autorizzata ufficialmente per la vendita in farmacia (al costo di 70 dollari per settimana di trattamento) e questo non risponde alle diverse esigenze terapeutiche dei malati. Pare che per questo siano molti coloro che sono costretti a provare a produrre artigianalmente i propri medicinali o a rivolgersi a produzioni illegali. Le previsioni sono però che la situazione si risolva al più presto e le produzioni, anche sulla spinta delle richieste di prodotti di cannabinoidi dall’estero, saranno aumentate e diversificate.