Il 1 luglio 2020, i media di mezzo mondo hanno ripreso la notizia del più grande sequestro di amfetamine avvenuto finora in un sol colpo a livello mondiale. A metterlo a segno nel porto di Salerno, il Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finanza, in esecuzione di un decreto della Direzione distrettuale antimafia (Dda) della Procura di Napoli. In totale, i militari delle Fiamme gialle hanno intercettato 3 container con cilindri di carta ad uso industriale e parti di motore, che nascondevano al loro interno ben 14 tonnellate di amfetamine.
Il Captagon, breve storia
Lo stimolante sintetico era sotto forma di pasticche (circa 84 milioni di compresse) di colore bianco, con 2 semicerchi accavallati l’uno sull’altro. Logo inequivocabile del captagon, nome commerciale del cloridrato di fenetillina, uno psicostimolante sintetico derivato dal legame (tramite ponte etile) tra amfetamina e teofillina (per entrambe le quali funge da profarmaco). Sintetizzato nel 1961 dalla tedesca Degussa AG (gruppo Evonik) è diventato illegale nel 1986, anno dell’inserimento nella lista delle sostanze vietate su segnalazione dell’apposito comitato di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Fino ad allora era in commercio come antidepressivo, per il trattamento della narcolessia o di quella che oggi viene definita Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd). Oltre a venire utilizzato nel mondo del ciclismo per le sue proprietà dopanti.
Diventato illegale, il captagon torna alla ribalta nei primi anni Duemila, quando l’International Narcotics Control Board (Incb), organo Onu deputato alla tracciabilità delle sostanze, assieme alla polizia internazionale Interpol, osserva uno spostamento della produzione clandestina, dello stoccaggio e del traffico dall’Europa sud-orientale verso il Medio Oriente. Da Paesi quali Slovenia, Serbia, Montenegro, Bulgaria e Turchia, scende verso Siria e Giordania e la Penisola arabica. Quelle che si trovano in circolazione fin dalla sua messa al bando nel 1986 sono quindi pillole contraffatte di captagon, come nel caso di Salerno con tanto di marchio registrato come simbolo, ma che in realtà non sono più il prodotto originale degli anni Sessanta a base di metamfetamina (come detto il cloridrato di fenetillina).
Nel “migliore dei casi”, le pillole in questione sono quelle definite in gergo «stimolanti del tipo amfetamine» (Ats): famiglia di sostanze chimicamente correlate che attivano il sistema nervoso centrale. In altri casi tutt’altro: molte compresse sequestrate in questi anni in Medio Oriente e nei Paesi del Golfo, contenevano ad esempio semplice caffeina (nota e diffusissima sostanza psicoattiva totalmente legale), sommata a Viagra (famoso farmaco commercializzato per il trattamento della disfunzione erettile maschile). Si deve probabilmente proprio a quest’ultimo mix, il suo successo sul mercato nero dei Paesi arabi come “afrodisiaco” per aumentare le prestazioni sessuali. Anche perché, se nei Paesi arabi più aperti e turistici (quali ad esempio l’Egitto) il Viagra viene pubblicizzato in maniera massiccia dalle farmacie e venduto tranquillamente anche senza prescrizione medica, nelle nazioni più integraliste è messo al bando.
Il captagon oggi: cosa c’è dentro?
Nel caso di Salerno, probabilmente non sapremo mai cosa nello specifico c’è realmente dentro quelle pasticche. Anche perché le forze dell’ordine italiane raramente diffondono i risultati delle loro analisi, limitandosi al massimo a riportare la famiglia del principio attivo dominante: in questo caso le amfetamine (i citati Ats). Ma nel 2004, in Medio Oriente, sono ad esempio stati analizzati 124 campioni di compresse di captagon, frutto di diverse partite sequestrate in Giordania. A seconda della pillola, differivano molto tra loro, sia in termini di composizione, sia di principio attivo dominante: amfetamina, metamfetamina, procaina, caffeina, chinino, efedrina, metronidazolo, teofillina, clorfenamina, trimetoprim, clorochina e Viagra.
Per cercare di ottenere qualche informazione in più, abbiamo così interrogato un database mondiale aperto di queste analisi, quello di DrugsData.org. Questo progetto della no-profit californiana Erowid Center, «raccoglie i risultati dei test di laboratorio di numerose organizzazioni» statunitensi ed europee che effettuano il “drug checking” su campioni portati dagli stessi consumatori. Un servizio della Riduzione del danno (Rdd) finalizzata a promuovere la salute e la sicurezza dei consumatori che intendono utilizzare in modo consapevole e informato le sostanze, riducendo così anche i rischi d’uso. Nonché uno dei 4 pilastri della politica sulle droghe dell’Unione europea (Ue) ed entrata a far parte dal 2017 nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) che le Regioni italiane dovrebbero assicurare allo Stato italiano nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Tornando al database di DrugsData.org, inserendo nel motore di ricerca la parola captagon o il principio attivo originale (la fenetillina), questo non restituisce alcun risultato. Ma mettendo l’amfetamina delle citate analisi giordane, la 2,5-dimetossi-4-bromoamfetamina (Dob) al momento di scrivere vengono fuori 3 risultati, uno dei quali è proprio una pastiglia identica per forma, colore e simbolo a quelle sequestrate a Salerno. A fornirla ai Drug Detection Labs (Ddl) statunitensi di DrugsData.org, il servizio di riduzione del danno nordamericano DanceSafe, che opera nella comunità rave e nelle discoteche di 24 città degli Usa e del Canada. L’analisi in questione non è affatto recente, essendo stata effettuata ben vent’anni fa (il primo aprile del 2000), a San Francisco (California). Gli altri 2 risultati sono molto più recenti e riguardano analisi effettuate a febbraio e maggio 2017 dagli elvetici di SaferParty. In seguito a quei test, questo servizio di Rdd di Zurigo aveva subito diramato un allarme: ai consumatori che ne avevano chiesto l’analisi erano state vendute come Bromo-DragonFLY, un allucinogeno appartenente alla classe dei benzodifurani amfetamina, ma si erano rivelate per l’appunto la Dob di quelle giordane.
La Confederazione elvetica è dentro anche a quest’indagine campana sul sequestro di Salerno. Secondo le bolle di accompagnamento del carico intercettato dalla Finanza, i tre container erano partiti dal porto siriano di Latakia ma erano destinati a una società con sede a Lugano (Svizzera italiana). Una meta finale plausibile, sia sulla base delle citate analisi di Zurigo, sia per alcuni commenti di consumatori comparsi in questi giorni su gruppi chiusi e specifici forum online. Alla community era stato chiesto se a qualcuno di loro fosse mai capitato di trovarsi tra le mani quelle pillole bianche con i 2 semicerchi accavallati l’uno sull’altro. Tra le risposte, quelle di 2 utenti di lingua italiana. Il primo ricorda, «io alla street di Zurigo ne ho mangiate di molto simili», anche se sulla base dell’effetto ottenuto sostiene fossero di «ecstasy» (nome con cui si indica il principio attivo della 3,4-Methylenedioxymethamphetamine, la cui sigla è Mdma). Mentre un altro utente scrive: «A me capitò identica a questa 2 anni fa», ma in quel caso «effettivamente era amfetamina».
Captagon, chi lo produce oggi?
«Quanto alla destinazione finale» delle compresse sequestrate a Salerno, la Guardia di Finanza afferma nel proprio comunicato stampa: «È verosimile che sia coinvolto un “consorzio” di gruppi criminali, sia per il valore totale delle spedizioni, sia per la distribuzione sui mercati di riferimento (85 milioni di pasticche possono soddisfare un mercato di ampiezza europea)». Ammettendo poi, almeno pubblicamente, che non ne saprebbero di più. «Sono in corso ulteriori indagini per l’individuazione dei responsabili – scrivono infatti le Fiamme Gialle – che, proprio in relazione all’ingente quantitativo sequestrato, potrebbero operare per conto di un “cartello” di clan di camorra in grado di commercializzare le sostanze in ambito internazionale». Sospetto che lascia per il momento l’inchiesta nella mani dell’antimafia di Napoli, altrimenti di competenza della Direzione Centrale per i servizi antidroga (Dcsa), l’organismo interforze chiamato a coordinare da Roma a livello nazionale l’attività repressiva delle forze di polizia nel traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope.
Sempre nel comunicato stampa, la Finanza scrive che sono state «rivenute» pasticche «riportanti il simbolo del “captagon” che contraddistingue la “droga della jihad”». Spiega poi che «è noto infatti, che Isis/Daesh finanzia le proprie attività terroristiche anche e soprattutto con il traffico di droghe sintetiche, prodotte in gran parte in Siria, diventata per questo motivo negli ultimi anni il primo produttore mondiale di amfetamine». Aggiungendo inoltre che «una volta avviati gli impianti chimici di produzione, è facile per Isis produrre ingenti quantitativi anche per il mercato mondiale delle droghe sintetiche, in modo da accumulare rapidamente ingenti finanziamenti». Facile capire come mai l’uscita del loro comunicato stampa, per l’occasione tradotto anche in inglese e corredato di video, abbia subito conquistato titoloni e intere pagine sui giornali, con interpretazioni quanto meno semplicistiche che hanno alimentato strumentalizzazioni politiche.
Uno dei più importanti quotidiani italiani, nel riportare la notizia parlava ad esempio di «84 milioni di pasticche su ciascuna delle quali era impresso il marchio che ha fatto saltare sulla sedia gli investigatori: due semicerchi accavallati l’uno sull’altro». Sulla base di questo, la nota testata giungeva alla seguente conclusione: «È la firma usata dall’Isis per timbrare il captagon, la loro droga più potente». Nonostante, come detto, quel logo sia un marchio registrato dalla tedesca Degussa AG nel 1961, quando l’ideologo dello Stato Islamico, l’autoproclamatosi califfo Abu Bakr al-Baghdadi (ucciso nel 2019 in un raid statunitense), non era nemmeno ancora nato (è del 1971). Quando le pillole contraffatte con quel simbolo fanno invece la loro comparsa sul mercato nero era poco più di un bambino, visto che il captagon è una delle sostanze più usate nella regione fin dagli anni Ottanta, affermava già nel 1986 un articolo scientifico apparso sulla rivista Drug Alcohol Depend.
Il captagon è relativamente semplice da realizzare. Servono solo conoscenze chimiche di base e una certa pratica. Il problema, semmai, è la capacità di approvvigionamento dei precursori necessari a riprodurre la ricetta originale. In altre parole, la reale composizione di queste pastiglie contraffatte di captagon dipende da chi le produce, come anche dall’uso al quale sono destinate. Secondo un rapporto datato 2015 e firmato dal centro studi no-profit israeliano International Institute for Counter-Terrorism (Ict), il primo Paese a produrlo clandestinamente su larga scala sarebbe stato l’Iran. Negli anni Ottanta un report governativo statunitense declassificato nel 2008 (il CH11-08) ha attribuito agli ayatollah la seguente fatwa religiosa: «Produciamo le droghe per Satana, l’America e gli ebrei. Se non possiamo ucciderli con le armi, allora li uccideremo con la droga».
Ma proprio in quel periodo, la produzione iraniana sarebbe stata trasferita nel sud del Libano, nei territori controllati dai loro “cugini” sciiti del Partito di Dio, meglio noto come Hezbollah. Uno dei loro fondatori, lo sceicco libanese Mohammed Yazbek, leader spirituale nella valle della Bekaa che segna il confine con la Siria e membro del Supremo consiglio della Shura, avrebbe approvato l’operazione tramite una apposita fatwa, che permetterebbe la realizzazione e la vendita di compresse contraffatte di captagon, a condizione che il loro uso non coinvolga la comunità sciita. In pratica, almeno sulla carta, sarebbero lecite solo per l’esportazione utile a finanziare Hezbollah stesso. Nelle rivolte arabe del 2010-2011 della cosiddetta Primavera araba, circolando ovunque nella regione, venivano usate per ridurre fame e stanchezza da tutti i combattenti in campo. Nel 2014 sono stati scoperti laboratori clandestini per sintetizzarlo persino in diverse moschee della Bekaa. Oltre che in normali abitazioni.
A partire dal Libano, la produzione di captagon avrebbe poi attraversato il confine siriano. Nel Paese governato col pugno di ferro fin dal 1971 dagli Assad è da tempo presente la maggiore industria farmaceutica dell’intera regione. Come tutti gli altri settori economici chiave, saldamente in mano proprio al clan familiare del regime. L’agenzia dell’Onu contro la droga e il crimine (Unodc) colloca un nuovo boom della produzione «al periodo marzo 2014-novembre 2015», con «grandi quantità di pasticche di amfetamine con il marchio captagon sequestrate in Medio Oriente» (World drugs report 2016). Questo è effettivamente il periodo della fulminea conquista dell’area da parte del Daesh. Proprio l’Isis è stato inoltre da più parti accusato, a partire dalla Drug Enforcement Administration (l’agenzia antidroga statunitense), di aver utilizzato le ben attrezzate fabbriche siriane per produrre captagon, sfruttando le competenze dei chimici che vi lavoravano, rimasti nel frattempo senza lavoro.
Sempre secondo le bolle di accompagnamento, le pasticche sequestrate a Salerno sono partite da Latakia, città mai caduta nelle mani dell’Isis ma rimasta sempre al regime degli Assad, la cui minoranza alawuita alla quale appartengono è originaria proprio di quell’area. Nel suo porto è inoltre presente una grande base militare navale russa, molto strategica in quanto unico sbocco sul Mediterraneo delle loro forze armate. Assieme a Hezbollah e ai pasdaran iraniani, nel 2015 l’esercito russo è sceso in campo nella guerra siriana al fianco del regime, ribaltando le sorti un guerra che allora dava Assad per spacciato.
Riguardo al presente, lo Stato Islamico è caduto nel 2017. Ma pur essendo stato militarmente sconfitto, costituisce ancora un pericolo. Anche se la sua struttura che contrabbandava il petrolio dei pozzi petroliferi, i reperti archeologici o la droga prodotta nei laboratori siriani non è più attiva. Poiché l’Isis ha perso il controllo del territorio conquistato in Siria e Iraq nel 2014. Pur potendo ancora contare su 20-30mila miliziani è improbabile sia il reale produttore delle pasticche di Salerno. In quanto questa organizzazione terroristica è tornata ad operare come prima della proclamazione dello Stato Islamico. E cioè con sacche di resistenza impegnate a destabilizzare compiendo azioni di guerriglia e sabotaggio. Mentre il vincitore che controllando il territorio ha viceversa potuto riprendere indisturbato il controllo delle attività di prima della guerra è il regime siriano. Motivo per cui, ora come prima, in Siria non si muove foglia che il clan Assad non voglia.
La lunga scia di sequestri
A giugno 2019 a Port Said, in Egitto, è avvenuto l’ultimo importante sequestro: 2 tonnellate di hashish (cannabis) e quasi 8 milioni di compresse di captagon. Alcuni organi di stampa hanno riportato indiscrezioni trapelate da non meglio specificate fonti investigative locali, puntando il dito su un’azienda di Rami Makhlouf, ricchissimo e potente imprenditore siriano, cugino del dittatore Bashar al-Assad. Sarà anche un caso ma a metà giugno 2020, sempre nel porto di Salerno, il Gico della Finanza aveva intercettato un altro carico proveniente dal porto siriano di Latakia: capi di abbigliamento contraffatti, oltre 1 milione di pasticche con il solito simbolo del captagon e soprattutto 2,9 tonnellate di hashish. Lo scorso febbraio è stata la volta di Dubai (Emirati Arabi Uniti), con un altro carico di captagon (5,6 tonnellate di pillole occultate in cavi elettrici), anche questo proveniente dalla Siria e riconducibile, a quanto pare, ancora una volta a persone legate al clan degli Assad.
Ci sono poi le 50 milioni di pasticche sequestrate lo scorso aprile in Arabia Saudita, con il regime siriano accusato di trafficare droga perché «a corto di fondi» dopo aver dovuto sostenere i costi di questi 9 anni di guerra. Riguardo a questo regno, ritenuto tra i principali finanziatori dei movimenti jihadisti e dove per i reati di droga (come in Iran) c’è la pena di morte, persino i suoi reali sono stati accusati di trafficare su larga scala quelle compresse. Il 26 ottobre 2016 la polizia libanese arresta all’aeroporto internazionale Rafic Hariri di Beirut il principe saudita Abdel Mohsen Bin Walid Bin Abdulaziz. Cercava di trasportare a bordo del suo jet privato diretto alla capitale del regno, Riad, ben 40 valigie piene di captagon e una con dentro cocaina.
A novembre 2015, come riportato dall’Unodc, è stata la volta della Turchia, dove la locale antinarcotici mette le mani su circa 10,9 milioni di compresse di captagon nella provincia di Hatay, al confine col governatorato siriano di Aleppo. In quel caso la particolarità riguardava il primo lotto di 7,3 milioni di compresse, occultate come nel caso di Salerno proprio in parti di motore: 1.300 filtri dell’olio per veicoli pieni di captagon. Sempre la Turchia ha fatto il bis nel giugno 2018, con quasi 3 milioni di altre pillole nascoste nello stesso modo. Secondo la polizia, le pasticche destinate ai Paesi del Golfo erano ancora una volta state prodotte in Siria. Anche in quella località turca, si legge in un articolo del 2013 del noto settimanale statunitense Time, la quantità di compresse sequestrate è aumentata di 6,5 volte nel periodo 2011-2013.
Riguardo alle anfetamine, l’ultimo campanello d’allarme fatto suonare dall’Unodc riguarda l’Iraq. Nel World drugs report 2020 diffuso lo scorso 25 giugno, l’agenzia Onu riporta un aumento dell’uso di questo stimolante e cita uno studio di 5 anni fa nel quale diversi consumatori avrebbero dichiarato che se captagon e metamfetamina erano «facili da reperire», al contrario era «molto difficile» trovare cannabis. Per l’Unodc le amfetamine in questione entrerebbero nel Paese attraverso il poroso confine con l’Iran, lungo ben 1.600 chilometri. Anche se la recente scoperta di laboratori clandestini nell’Iraq meridionale, in particolare nella città portuale di Bassora e nella provincia sud-orientale di Maysan confinante con l’Iran, confermerebbe l’avvio della produzione direttamente in loco.
Del resto, da qualche anno a questa parte, l’organo Onu deputato alla tracciabilità delle sostanze Inbc denuncia l’aumento delle esportazioni giordane di pseudoefedrina, vitale per la produzione di metamfetamina, verso la regione autonoma del Kurdistan iracheno (come riporta anche l’ultimo citato World drugs report 2020). Se nel 2018 la quantità importata attraverso i canali ufficiali, registrata dall’Inbc, era pari a 10 tonnellate, ora si sarebbe più che triplicata. Suscitando le proteste del governo centrale di Baghdad e facendo aleggiare quantomeno il sospetto possa poi essere contrabbandata nel sud del Paese o nel confinante Iran, per venire impiegata proprio nella produzione clandestina delle amfetamine. Visto che anche il Kurdistan iracheno, dopo aver perso il controllo della città di petrolifera di Kirkuk (tornata al governo centrale di Baghdad) e 6 anni di guerra all’Isis, sta ora facendo i conti con una pesante crisi economica.