L’ultima e più clamorosa è stata la decisione della Corte suprema degli Stati Uniti, che ha riconosciuto la legittimità di quella adottata nel febbraio 2009 da una corte federale californiana che, a sua volta, aveva intimato all’Amministrazione Schwarzenegger di ridurre di un terzo la popolazione detenuta entro tre anni, essendo tenuta a garantire il diritto alla salute e a condizioni di vita dignitose ai circa 150000 detenuti di quello Stato. Se il Governo della California non dovesse provvedere nei tempi stabiliti, le autorità giurisdizionali potranno emettere ordini di rilascio fino al raggiungimento dell’obiettivo stabilito. Un paio di mesi fa era stata la volta della Corte costituzionale tedesca: l’esecuzione della pena può essere sospesa nel caso in cui l’amministrazione penitenziaria competente non sia in grado di garantire condizioni dignitose di detenzione. Intanto, il neo-segretario alla giustizia inglese, il conservatore Kenneth Clarke, ha fatto della riduzione della popolazione detenuta uno dei principali obiettivi del suo mandato: l’incarcerazione di massa costa troppo e non garantisce nessun risultato in termini di riduzione della criminalità. Questo lo scenario degli indirizzi politici e giurisdizionali che vanno maturando di fronte al sovraffollamento penitenziario, mentre davanti alle corti nazionali e internazionali si moltiplicano le richieste di indennizzo per condizioni di detenzione inumane o degradanti.
In questo contesto è caduta la ormai rituale discussione parlamentare di mozioni sulla politica penitenziaria italiana. Le divisioni e le assenze in una maggioranza allo sbando, all’indomani del primo turno elettorale per le amministrative, hanno fatto sì che il Governo “andasse sotto” più volte, con il risultato paradossale che, alla fine, la Camera ha approvato tutte le indicazioni contenute in tutte le mozioni parlamentari, di maggioranza come di opposizione.
In questo pot-pourri delle politiche penitenziarie si va dalla mozione di maggioranza che «impegna il Governo a proseguire nell’attività intrapresa, dando seguito alla completa realizzazione dei nuovi istituti penitenziari e alla programmata assunzione di nuovo personale», a quelle Fli e Udc che chiedono depenalizzazione e riduzione delle pene detentive, misure alternative e limiti alla custodia cautelare in carcere. Il Pd vuole che sia monitorata la riforma dell’assistenza sanitaria in carcere e cancellate le preclusioni all’accesso alle alternative per i recidivi. Tutti vogliono più poliziotti e qualcuno anche altro personale (Pd, Udc, Idv e Api). Notevole il richiamo Idv all’istituzione di organismi indipendenti di controllo delle carceri e alla formazione permanente degli operatori sui diritti umani e il reinserimento dei detenuti.
Nessuno obietta alla via edilizia per la soluzione del problema sovraffollamento, anche se qualcuno (Udc) dubita che ci siano i soldi per perseguirla. Fli torna a solleticare gli interessi privati nella programmazione urbanistica e nella realizzazione delle strutture. A nessuno che venga in mente l’alternativa che si va profilando fuori dai nostri confini: i (pochi) soldi di cui dispone lo Stato possono andare a sostenere percorsi di reinserimento di un numero contenuto di condannati, oppure possono essere spesi per allestire nuovi posti-letto in carceri prive di ogni offerta trattamentale e finanche della garanzia del diritto alla salute e a condizioni di vita dignitose.
Magistrale resta la mozione radicale: la Camera impegna il Governo «a dare attuazione … agli impegni già assunti più di un anno fa». Una mozione al quadrato, che impegna il Governo a ricordarsi di essere impegnato …. Poi, se mai si vorrà far sul serio, bisognerà tirare una riga e ricominciare da zero.
Articolo di Redazione
L’articolo di Stefano Anastasia sulla situazione del carcere in Italia per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 1 giugno 2011.