Di fronte al proliferare di nuove sostanze psicoattive (Nps) sul mercato, il parlamento europeo ha approvato nuove regole nel maggio 2014. Come illustrato nella precedente puntata di questa inchiesta (Manifesto, 10 dicembre), le indicazioni europee prevedono una gradualità nel controllo legale, sulla base dei differenti livelli di rischio delle sostanze, riservando la proibizione ai casi estremi. E’ una linea a prima vista ragionevole, ma ci sono due inciampi. In primo luogo, nel campo della sanità pubblica, l’armonizzazione delle regole è responsabilità degli stati membri, a differenza di altri settori. Governare le Nps dal livello europeo non è dunque semplice, tanto più in quanto esistono notevoli differenze fra i paesi rispetto ai tipi di sostanze diffuse. Secondariamente, l’esperienza di cento anni di controllo internazionale delle droghe insegna che le logiche repressive tendono ad avere la meglio sulle istanze di salute pubblica. Ciò è avvenuto e avviene nonostante le Convenzioni prevedano un ruolo determinante della Oms nel valutare i rischi delle sostanze e nell’indicare le tabelle in cui inserirle. Eppure, in molti casi, la Cnd (Commission on Narcotic Drugs, l’organismo di governo del sistema antidroga) e lo Incb (International Narcotics Control Board, che controlla l’applicazione delle convenzioni) hanno dato indicazioni in contrasto col pronunciamento della Oms. Questo conflitto di competenze e di potere è bene evidenziato nel saggio di Christopher Hallam, David Bewley Taylor e Martin Jelsma (Scheduling in the international drug control system), pubblicato nel giugno 2014 (TransNational Institute, Series on Legislative Reform of Drug policies, n.25).
Gli autori si soffermano sul caso esemplare della ketamina, una sostanza catalogata fra le Nps. La ketamina è un anestetico, diffuso in molti paesi in via di sviluppo, dove è spesso il solo farmaco disponibile per l’anestesia negli interventi chirurgici. E’ una medicina sicura anche per la chirurgia in situazioni di emergenza. In anni recenti, la ketamina si è guadagnata una certa fortuna come sostanza ricreativa allucinogena, suscitando la preoccupazione degli organismi di controllo antidroga. Dietro la spinta emergenziale, il Comitato di Esperti sulla Dipendenza da Droga della Oms (Ecdd) ha stilato nel 2006 un rapporto di valutazione: a fronte di rischi molto limitati di dipendenza, il comitato sottolineava il grande valore terapeutico della ketamina, raccomandando perciò di non includerla nelle tabelle delle sostanze proibite. In assoluto contrasto col parere della Oms, nello stesso 2006 la Cnd chiedeva agli stati membri di proibire la sostanza nelle leggi nazionali; mentre lo Incb, nei suoi rapporti annuali, continuava a denunciare “l’abuso” di ketamina, senza minimamente rispondere alle argomentazioni della Oms. Nel 2012, il comitato di esperti sulle droghe della Oms ripeteva la raccomandazione di non inserire la ketamina fra le sostanze proibite, per non compromettere gli interventi chirurgici di emergenza nei tanti paesi in cui non sono disponibili anestetici alternativi altrettanto validi. Ma il rapporto del 2012 va oltre la questione di merito della ketamina e avanza una critica radicale di “sistema”. Dietro insistenza della Cnd e dello Incb – si denuncia- molti stati membri hanno messo al bando la ketamina nelle legislazioni nazionali (e l’Italia è uno di questi), ottenendo per tale via di proibirla su scala internazionale. In tal modo si sono aggirate le procedure previste dalle convenzioni. “La Cnd non ha mandato di decidere senza il parere della Oms. Quanto allo Incb, non ha proprio alcun tipo di mandato in merito”, conclude lapidario il rapporto Oms.
Il saggio originale di Hallam et al.: Hallam C., Bewley Taylor, B., Jelsma, M., Scheduling in the international drug control system, Series on legislative reform of drug policies n.25, June 2014